Ucraina. Con l’accordo sul grano ritorna la diplomazia

by Alberto Negri * | 23 Luglio 2022 9:16

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A Istanbul Ucraina, Russia, Turchia e Onu firmano per riaprire le rotte commerciali nel Mar Nero. Il «dittatore» Erdogan ruba la scena agli Stati uniti e all’Europa. Gli effetti collaterali del dossier siriano

 

La stretta di mano tra il ministro della Difesa russo Shoigu e quello ucraino delle infrastrutture Kubrakov forse non cambia il mondo ma salva migliaia di vite umane dalla fame e solleva la speranza che un accordo possa un giorno determinare la fine della guerra.

Per una volta prevale la diplomazia e senza il marchio occidentale: europei e americani applaudono ma da spettatori.

L’accordo con le Nazioni Unite sul grano firmato ieri a Istanbul tra Russia e Ucraina, con la mediazione dell’Onu e della Turchia, riapre le rotte del Mar Nero nella regione di Odessa e fa riscoprire la strada della diplomazia e della politica dopo mesi in cui i pacifisti – che saranno oggi in piazza in Italia – sono stati derisi e sbeffeggiati.

SIA CHIARO: è soltanto uno spiraglio ma assai significativo e da non richiudere, nonostante le dichiarazioni recenti del ministro degli Esteri russo Lavrov secondo il quale gli obiettivi di Mosca «non riguardano più soltanto il Donbass», parole preoccupanti cui Kiev ha replicato duramente che «l’artiglieria ucraina insegnerà a Lavrov la geografia».

Ma ora è anche rilevante l’impegno russo di Istanbul: «Non approfitteremo del fatto che i porti saranno sgomberati e aperti. Abbiamo preso questo impegno», ha affermato Shoigu.

L’accordo sul grano è la dimostrazione, come scriveva ieri sul manifesto Giulio Marcon, che può esistere un’alternativa di fronte all’aggressione russa non legata solo all’invio di armi da parte di Usa e Nato ma anche alla mediazione, magari esercitata da Onu e Vaticano e da attori come la Cina dove Xi Jinping – dopo il famoso vertice del 4 febbraio scorso con Putin sull’amicizia «senza limiti» con la Russia – sta lanciando segnali di distensione agli Stati Uniti ma anche all’Europa.

La diplomazia apre percorsi prima forse impensabili. L’accordo sul grano ucraino è la conseguenza, più o meno indiretta, dell’incontro a Teheran tra Putin ed Erdogan e del veto di Khamenei a una nuova operazione militare anti-curda della Turchia nel Nord della Siria. Mosca e Teheran in cambio hanno lasciato al Sultano della Nato il proscenio di una vittoria diplomatica.

CHE IL DOSSIER SIRIANO si sia agganciato a quello ucraino può non essere una buona notizia visto che la Siria ha appena annunciato la rottura delle sue relazioni diplomatiche con Kiev dopo che l’Ucraina a fine giugno aveva preso le stessa misura in seguito al riconoscimento da parte di Damasco delle repubbliche separatiste filo-russe del Donbass.

Ma quanto accaduto al vertice tra Putin-Erdogan-Khamenei (e il presidente Raisi) a Teheran deve far riflettere sugli sviluppi nel quadrante euro-asiatico che sono del tutto sfuggiti alle diplomazie europee.

Erdogan martedì scorso voleva ottenere dagli iraniani il via libera a una delle sue ennesime operazioni militari contro i curdi nel Nord della Siria e si era fatto precedere da un rafforzamento delle posizioni militari turche sull’autostrada tra Idlib-Aleppo-Latakia che fronteggiano truppe russe e iraniane.

Ma la Guida Suprema Ali Khamenei nel suo incontro con Erdogan è stato chiaro: un attacco in Siria sarebbe «dannoso» aggiungendo che Iran, Turchia, Siria e Russia «dovrebbero porre fine al problema siriano e alla questione terrorismo attraverso il dialogo». Non solo, gli iraniani si sono detti contrari al progetto di Erdogan di creare una fascia di sicurezza profonda 30 chilometri a partire dal confine turco-siriano a spese del Rojava e dei curdi.

IN SINTESI L’ACCORDO sul grano scaturito in Iran dall’incontro tra Putin ed Erdogan è stato facilitato da un’altra mediazione, quella tra l’Iran e la Turchia che con la Russia avevano dato vita negli anni scorsi al “formato” di Astana per il negoziato sulla Siria. Iran e Russia hanno ottenuto quindi il doppio risultato di sostenere Bashar Assad, da sempre alleato di Teheran e di Mosca, e lo stop, almeno per il momento, delle operazioni militari contro i curdi.

Anche gli iraniani – in un momento di pericoloso stallo del negoziato di Vienna sul nucleare – portano a casa qualche punto diplomatico – a parte gli accordi sul gas con la Turchia e gli investimenti di Gazprom in Iran – ovvero dimostrano che Teheran è un attore che fa sentire la sua influenza oltre il Golfo e il Medio Oriente.

Un argomento su cui meditare dopo il viaggio di Biden in Israele e in Arabia saudita che ha avuto come collante la sfida di questi due alleati degli Usa contro gli ayatollah. La Guida Suprema Khamenei – se non saremo smentiti a breve dai fatti – ha ottenuto in apparenza, risultati immediati maggiori del presidente americano.

ASSAI SIMBOLICA la scenografia della firma dell’intesa sul grano di Istanbul: un tripudio di bandiere turche, dell’Onu, della Russia e dell’Ucraina. Nessuno stendardo europeo o americano. Il colpo d’occhio in casa del Sultano della Nato diceva ieri più di mille parole (e armi) spese dall’Occidente in questi mesi.

Erdogan si è congratulato direttamente con Putin e Zelensky, oltre che con il segretario Onu Guterres. Il Sultano, membro della Nato ma che non applica sanzioni a Mosca ed esclude quelle all’Iran si è elevato a statista e “pacificatore”: un risultato fenomenale per quello che qui chiamiamo, non a torto, «dittatore» e «massacratore di curdi».

* Fonte/autore: Alberto Negri, il manifesto[2]

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  1. Una giornata di mobilitazioni con Europe for Peace: https://ilmanifesto.it/una-giornata-di-mobilitazioni-con-europe-for-peace
  2. il manifesto: https://ilmanifesto.it/

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