Sri Lanka. Scontri in piazza, Rajapaksa scappa all’estero
Raggiunte le Maldive, affida la presidenza al premier Ranil Wickremesinghe che ha già indetto lo stato di emergenza e ordinato l’uso della forza. Tensione tra polizia e cittadini. Intanto i partiti politici restano imbambolati
È stata una giornata convulsa, tesa e caotica quella che ieri ha marcato il quinto giorno di proteste del movimento GotaGoGama in Sri Lanka.
L’atto ufficiale tanto atteso è arrivato in serata: la decisione ufficiale di Gotabaya Rajapaksa, l’ormai ex presidente fuggito all’estero ieri mattina, che si dimette nominando il premier Ranil Wickremesinghe presidente transitorio «per esercitare, svolgere i poteri, i compiti e le funzioni dell’Ufficio del Presidente con effetto dal 13 luglio 2022».
Un atto dovuto ma ormai tardivo e insufficiente perché la piazza non si accontenta. E mentre prende nuovamente d’assalto, circondandoli, i palazzi del potere, compreso il parlamento, anche i leader dei principali partiti politici appoggiano la richiesta che lo stesso Ranil si dimetta.
CONVULSIONI istituzionali in una giornata che sembra prospettare uno scenario pericoloso e violento con le strade del paese piene di manifestanti ma anche di esercito e polizia inviati da un presidente transitorio che però ha già deciso lo stato di emergenza e il coprifuoco. Un uomo che sembra godere solo dell’appoggio del partito dei Rajapaksa che non è nemmeno il suo.
Tutto comincia prima dell’alba quando un aereo della marina decolla da Colombo con destinazione Maldive. A bordo c’è l’ex eroe della guerra contro le Tigri tamil, Gotabaya Rajapaksa. Oggi è un uomo che rischiava l’arresto e che il popolo indica come l’autore, con il fratello Mahinda, del disastro dell’isola.
Non è chiaro se anche un altro fratello, Basil, sia partito. Mahinda ha fatto perdere le tracce. Gotabaya arriva a Malè ma anche li trova manifestazioni di srilankesi contro di lui. Interviene la polizia. Voci dicono che sia ora diretto a Singapore.
LA REDAZIONE CONSIGLIA:
Il segno di una tensione sempre più alta, mentre si registrano i primi incidenti tra polizia e manifestanti nei pressi del parlamento e la folla fa irruzione nella sede della tv di Stato, arriva da un altro eroe nazionale della guerra contro le Tigri tamil (1983-2009), l’ex comandante dell’esercito e feldmaresciallo Sarath Fonseka.
FA APPELLO alle forze armate affinché si astengano dall’attuare le istruzioni impartite da Ranil perché tra i manifestanti anti-governativi circolano voci secondo cui sarebbe stato dato ordine di sparare (non accadrà per fortuna): esorta i militari ad astenersi dall’usare le loro armi contro cittadini innocenti e disarmati. Caso mai, dice, andrebbero usate contro i politici corrotti.
Gotabaya Rajapaksa avrebbe dovuto dimettersi martedì ma ha preferito farlo con un pezzo di carta per non rischiare l’arresto. In mezzo al pasticciaccio istituzionale un imbarazzato presidente del parlamento, Mahinda Yapa Abeywardena: Ranil si proclamava presidente senza aspettare che fosse arrivato il messaggio ufficiale.
Una mossa che non è piaciuta. Ora Abeywardena dovrebbe nominare il premier anche se teoricamente spetterebbe farlo a Ranil che al momento somma le due cariche. I parlamentari vogliono che prima si dimetta da premier.
La piazza chiede che sia estromesso dai giochi. Situazione confusa e nella quale partiti e parlamento sembrano giocare un ruolo fuori dal tempo mentre, intorno al Palazzo, infuria la protesta arrivata sin dentro gli uffici del premier-presidente.
LA REDAZIONE CONSIGLIA:
Sri Lanka, proteste e scontri in piazza. Si dimette il primo ministro Rajapaksa
GLI SCENARI FUTURI sono molto incerti: se è vero che la marina militare ha facilitato la fuga di Gotabaya, non è chiaro quanto e fino a che punto gli alti comandi rispetteranno le decisioni di Ranil sempre che non siano tentati, pur se non è nella loro tradizione, di prendere una posizione più decisa bypassando il parlamento. Vorrebbero anche loro, dice il parlamentare d’opposizione Lakshman Kiriella, che Wikremeshinghe si facesse da parte.
Le strade restano presidiate da una folla che certo non si accontenta di giochi di palazzo e che vede nel parlamento, nel quale non sembra riporre molta fiducia, una stanza di compensazione dove le vecchie élite hanno sempre giocato sulla pelle del popolino. Ora, oltre alle dimissioni dei vertici, chiedono di guidare il processo di transizione e cambiare la Costituzione che non li garantisce.
EMERGONO anche rivendicazioni antiche: il rispetto della minoranza tamil e il riconoscimento della loro lingua e i diritti della piccola e vessata comunità musulmana. Un cambiamento epocale.
* Fonte/autore: Emanuele Giordana, il manifesto
ph by AntanO, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
Related Articles
Dopo il voto. La sinistra crolla perché ha tagliato il welfare
In Europa, nelle sue varie forme, la sinistra ha percentuali a due cifre, e in alcuni paesi è al governo. In casa nostra è stata dilaniata. Come tentare di ripartire
Ucraina. Putin rilancia la sua strategia, fine d’anno di fuoco
Raid su vasta scala per saturare i sistemi di difesa. Almeno 30 morti e oltre 160 feriti in quello che è stato uno dei maggiori attacchi missilistici da parte dell’esercito russo. E Lavrov paragona la Russia a Israele
La carica dei 30mila irriducibili di Bernie “Uccidono il partito noi non ci stiamo”
In piazza, fuori dal palazzetto, le manifestazioni di chi non accetta la candidatura di Hillary: “Solo cortei pacifici, ma ci faremo sentire ugualmente”