Afghanistan. Squadre della morte britanniche uccisero decine di detenuti
Inchiesta della Bbc: in sei mesi, tra fine 2010 e inizio 2011 l’unità speciale britannica Sas uccise 54 detenuti, sospetti disarmati, inventando prove e raccontando sempre la stessa dinamica. «Gara» interna a chi ne ammazzava di più. I vertici militari sapevano
In sei mesi 54 afghani uccisi. Sono i risultati di una lunga inchiesta condotta dalla Bbc su una delle unità militari speciali inglesi (Sas) impiegate in Afghanistan, nella provincia meridionale dell’Helmand, tra le più conflittuali del Paese.
TRA LE CENTINAIA di pagine e di materiali analizzati dal team del programma Bbc Panorama, corroborati dal lavoro sul campo in Afghanistan, da testimonianze anonime e dalle valutazioni di esperti in balistica, spiccano diversi raid condotti da uno squadrone delle Sas tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011.
Chiamati in gergo «kill or capture», uccidi o cattura, avevano l’obiettivo ufficiale di catturare comandanti talebani e smantellare le reti di produzione di bombe artigianali.
Effetti concreti, secondo le ipotesi della Bbc, erano invece delle vere e proprie esecuzioni. Con una sorta di canovaccio: gli uomini dell’intelligence passavano una lista di presunti talebani allo squadrone delle Sas i cui uomini, senza verifiche particolari, facevano il lavoro sporco: kill or capture.
Alcuni testimoni ed ex soldati hanno confermato alla Bbc l’uccisione di persone non armate nel corso dei raid dello squadrone. Responsabile anche della pratica del «drop weapons»: far trovare armi nelle case dei sospettati, così da giustificarne l’omicidio illegale. Conferme da diversi soldati anche sulla «gara» tra gli squadroni che si avvicendavano nel Paese per rivendicare il maggior numero di afghani uccisi.
GRAZIE AI RAPPORTI operativi ottenuti dall’emittente – che già nel 2019, insieme al Sunday Times, aveva condotto un’inchiesta su un raid delle Sas grazie a cui è stato poi aperto un caso giudiziario –, emerge una tendenza: «Abbiamo trovato una serie di rapporti incredibilmente simili di uomini afghani a cui viene sparato perché, dopo essere stati detenuti, hanno tirato fuori dalle tende o da altri arredi domestici fucili AK-47 o granate a mano».
Il 29 novembre 2010 lo squadrone uccide un uomo detenuto e poi riportato dentro un edificio, dove «prova ad affrontare le nostre forze con una granata», secondo il resoconto militare. Il 15 gennaio 2011 viene ucciso un uomo detenuto e ricondotto in un edificio, dove «tira fuori da un materasso una granata a mano, e prova a lanciarla».
E così proseguendo: il 7 febbraio, due giorni dopo, poi ancora il 13 febbraio e il 16, quando le presunte armi diventano fucili o AK-47. Significativo che, «durante tutti i raid analizzati dalla Bbc, non venga registrato nessun ferimento per gli operativi delle Sas».
Secondo un ufficiale di alto livello, la tendenza aveva destato preoccupazione negli uffici centrali dell’esercito: il fatto che i detenuti finissero così di frequente uccisi «aveva causato un allarme.
Era chiaro che c’era qualcosa di sbagliato». Conferme provengono anche dalle email interne, in cui si parla «dell’ultimo massacro». In un memo segreto, c’è chi allude alla possibilità che si tratti di «una politica deliberata» di uccisioni illegali.
LA PREOCCUPAZIONE cresce, tanto da portare a una «rara revisione formale» delle tattiche dello squadrone. Ma l’investigatore inviato in Afghanistan non visita le scene dei raid, non intervista i testimoni, solo i soldati. La firma finale sul documento è quella dell’ufficiale che comanda la stessa unità Sas responsabile dei sospetti omicidi.
Secondo la Bbc, anche il generale Mark Carleton-Smith, a capo delle forze speciali inglesi dal 2012, viene informato dei presunti omicidi illegali, ma dà comunque il via libera a una nuova missione di sei mesi dello squadrone.
Nel 2013, quando parte un’indagine della polizia militare reale, tace le informazioni in suo possesso. Non menziona neanche l’esistenza della revisione formale già condotta. Da parte del generale Carleton-Smith, che dal 2018 e fino a poche settimane fa è stato capo di Stato maggiore dell’esercito, nessun commento finora.
SECONDO IL MINISTERO della Difesa del Regno unito, i soldati inglesi avrebbero «servito con coraggio e professionalità in Afghanistan».
Per Zaman Sultani, ricercatore di Amnesty International sull’Asia meridionale, «le conclusioni dell’inchiesta della Bbc sono terribili e descrivono un allarmante livello di impunità delle truppe britanniche che operavano in Afghanistan, con probabili insabbiamenti per impedire l’emergere della verità».
Amnesty chiede «un’indagine efficace e trasparente che assicuri verità e giustizia alle vittime e chiami i responsabili a rispondere delle loro azioni».
* Fonte/autore: Giuliano Battiston, il manifesto
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