by Luca Celada * | 26 Maggio 2022 8:34
Dollari e integralismo dietro un’industria inarrestabile. È probabile che la Corte suprema si esprima a breve contro le restrizioni imposte nello stato di New York
Non erano ancora state rimosse le piccole salme a Uvalde, che già giungevano le dichiarazioni preventive contro restrizioni al porto d’armi. Come accade sempre in questi casi è durato un paio d’ore il pudore prima di far nuovamente quadrato attorno al «sacrosanto» diritto ad impugnare armi da fuoco iscritto nella costituzione, pietra angolare della patria dei massacri per sparatoria. Lo slogan preferito della destra è «non sono le armi ad uccidere – sono le persone». Viene alla mente ancora una volta semmai la conclusione di Michael Moore nel suo Bowling for Columbine: «Non sono le armi ad uccidere – sono gli Americani». Difficile non concluderlo quando si guardano le statistiche. Solo quest’anno sono già state 27 le sparatorie in scuole americane.
I massacri improvvisi in luoghi pubblici – concerti, metropolitana, supermercati, luoghi di culto – sono costante della vita americana, «inevitabili» come calamità naturali, studiati come uragani e terremoti. A monte una miriade di cause scatenanti, alienazione, assenza di reti assistenziali per le patologie mentali, frammentazione sociale. Ed un ineludibile diffusa cultura della violenza insita nell’indole nazionale. E poi ovviamente l’accesso illimitato alle armi da fuoco che saturano la società.
AD OGGI PERÒ nulla è bastato ad indurre modifiche alle leggi vigenti che quasi ovunque le vietano – e se non sono sufficienti le ripetute stragi di bambini, difficile immaginare cosa potrebbe esserlo. La lobby più potente del paese, la National Rifle Association (Nra), è riuscita a bloccare ogni “ragionevole” norma atta quantomeno ad arginare la marea di armi da fuoco che satura il paese – quelle che Biden chiama le leggi «common sense». In un paese con 124 armi da fuoco ogni 100 persone (sono oltre 400 milioni le armi in circolazione) non si è riusciti a limitare fucili automatici da guerra, caricatori modificati, arsenali di mortifera efficienza solitamente riservati per eserciti e forze speciali ma che in questo paese un diciottenne qualunque (l’età degli sparatori di Uvalde e di Buffalo) può facilmente acquistare.
NEMMENO QUESTA VOLTA presumibilmente cambierà qualcosa. Perché il buonsenso in questa questione non c’entra nulla. Come per un numero sempre maggiore di contenziosi politici esasperati ad arte – aborto, razzismo, immigrazione e le altre culture wars – si combatte su terreno “religioso”, del fanatismo e dell’oltranzismo. Le armi non sono solo favorite ma venerate, simbolo di “libertà” distorto oltre ogni ragione.
È “sacrosanto” dunque il diritto predicato sul famigerato secondo emendamento della Costituzione che assicura letteralmente il diritto dei cittadini di armarsi e costituire «milizie ben regolate». Il testo settecentesco mirato a contrastare eventuali contrattacchi inglesi di era rivoluzionaria è stato mutuato in interessata ed illimitata garanzia del porto d’armi per ogni privato cittadino in una moderna società di massa – anacronistico ma indiscutibile articolo di fede. L’integralismo è storicamente finanziato dai fiumi di dollari dei produttori di armi ed è stato ulteriormente radicalizzato in era populista. Il governatore del Texas, Greg Abbott trumpista di ferro che ieri ha versato le prammatiche lacrime di coccodrillo, lo scorso giugno ha varato leggi che assicurano il diritto di ogni texano a portare armi senza licenza, nella fondina di preferenza, introdurle in stanze d’albergo, liberalizzato i silenziatori e vietato ogni futura riforma in senso contrario. «Il Texas – ha dichiarato – sarà santuario per le armi».
SONO POLITICHE che esistono in ambito performativo come atti simbolici nella narrazione dello scontro interno di civiltà fra adepti “originalisti” della costituzione e traditori del concetto fondante di America. Simbolismi atti a rafforzare la narrazione esistenziale ed apocalittica ed un altare su cui sono sacrificabili le vittime del strage infinita – anche quelli delle elementari.
Anche se esiste, certificata dai sondaggi, una maggioranza numerica a favore di maggiori restrizioni, il partito delle armi è radicato negli stati rurali che detengono un vantaggio di rappresentanza nel Congresso. E l’organo di ultimo arbitraggio, la Corte suprema, è stata preventivamente blindata da una maggioranza ultra conservatrice. È probabile che gli stessi togati che si apprestano ad abrogare il diritto all’aborto si pronuncino ancora una volta nei prossimi giorni contro le restrizioni al porto d’armi in un caso intentato a Siracuse, NY, a pochi chilometri dalla strage di Buffalo. Intanto il Congresso, per tutte le esortazioni di Biden è paralizzato dal filibuster la procedura aggravata che richiede una super maggioranza per leggi costituzionali.
NELL’ACCAVALLARSI di paradossi, venerdì la Nra terrà un congresso in cui interverrà anche Donald Trump per la consueta liturgia pro–armi. Ma i paladini delle pistole quando vogliono qualche limite dopotutto lo sanno imporre. Sacrosanto o meno, hanno annunciato che sarà vietato entrare armati al comizio dell’ex presidente.
* Fonte/autore: Luca Celada, il manifesto[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2022/05/strage-in-texas-patria-delle-armi/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.