Pandemia. Per l’OMS sono 15 milioni i morti in più nel mondo

by Andrea Capocci * | 6 Maggio 2022 9:03

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Mix di mancati tamponi sui deceduti e cause indirette: l’Oms triplica i dati ufficiali. In Occidente l’Italia è il Paese con il più alto eccesso di mortalità in rapporto alla popolazione. In Africa, senza vaccini, l’eccesso di mortalità del 2021 è stato oltre il doppio del 2020

 

Tra il 2020 e il 2021 la pandemia avrebbe causato un eccesso di mortalità compreso tra i 13,3 e i 16,6 milioni di morti nel mondo. Si tratta di un numero circa tre volte più grande del conto ufficiale delle vittime di Covid-19, pari a 5,4 milioni di morti. E non lontano dal numero di vittime dell’influenza spagnola del 1918, che secondo le stime più recenti avrebbe provocato tra i 20 e i 40 milioni di morti.

LA STIMA DELLA MORTALITÀ legata al Covid-19, che conferma altre analisi già pubblicate, è stata presentata ieri dall’Organizzazione mondiale della Sanità, che sul tema ha messo al lavoro una commissione internazionale di esperti. L’eccesso di mortalità è la differenza tra il numero di morti registrato in un anno e la media degli anni precedenti. In questa cifra finiscono i decessi per ogni causa. Ma la differenza tra il 2020-21 e gli anni precedenti si spiega soprattutto con la pandemia.

L’enorme differenza tra l’eccesso di mortalità e il conto ufficiale delle vittime di Covid-19 ha diverse concause. La prima è la difficoltà di realizzare tutti i test diagnostici che servirebbero per conoscere il numero reale di contagi. È stato molto evidente persino in paesi ricchi come l’Italia, dove al picco della crisi sanitaria del marzo 2020 molte persone sono morte di Covid-19 senza un tampone.

Ma nei paesi a basso reddito la scarsità di kit diagnostici ha reso del tutto irrealistiche le cifre ufficiali sul numero di contagi legato alla pandemia.
Inoltre, l’aumento di morti del biennio 2020-2021 non include solo le vittime dirette del Covid-19, ma anche quelle provocate per via indiretta.

LA CRISI DEI SISTEMI SANITARI sopraffatti dal numero di malati da assistere ha reso più difficile curarsi per altre patologie o partecipare a campagne di prevenzione. Un fenomeno parzialmente compensato da un effetto dei lockdown ancora poco studiato: la permanenza in casa e l’inattività forzata hanno diminuito la mortalità per alcune cause (ad esempio, gli infarti). Ma si tratta di numeri decisamente piccoli rispetto ai primi due effetti della pandemia.

Nel complesso, dunque, l’eccesso di mortalità fornisce la stima più affidabile del costo complessivo della pandemia in termine di vite umane. «Le differenze nell’andamento della mortalità fornisce ai decisori politici informazioni utili per elaborare strategie mirate a ridurre la mortalità e prevenire crisi future – spiega Samira Asma, a capo della divisione sull’analisi dei dati all’Oms – A causa

degli scarsi investimenti nei sistemi di raccolta dei dati in molti paesi, la reale dimensione dell’eccesso di mortalità spesso rimane nascosta».

Un esame più dettagliato dei numeri pubblicati dall’Oms e liberamente consultabili rivela anche le differenze tra regioni diverse. Il Perù è il Paese che nel biennio ha subito il maggiore eccesso di mortalità in proporzione alla popolazione, con 4,37 morti in più l’anno ogni mille abitanti.

LA CLASSIFICA però è dominata dai paesi dell’area balcanica e caucasica, Russia inclusa. Nel 2020, l’Italia è stato il Paese occidentale con il più alto eccesso di mortalità in rapporto alla popolazione (1,66 morti in più per mille abitanti), superando Spagna (1,52), Belgio (1,46) e Stati Uniti (1,41).

Nel 2021, grazie ai vaccini la situazione dei paesi ad alto reddito è decisamente migliorata. In Italia si è registrato un morto in eccesso per mille abitanti nonostante la pandemia nel 2021. Al contrario in Africa, dove continua a essere vaccinato solo un quinto della popolazione, l’eccesso di mortalità del 2021 è stato oltre il doppio rispetto al 2020.

Ci sono persino Paesi che durante la pandemia hanno visto diminuire il tasso di mortalità. In molti casi si tratta di arcipelaghi sperduti, come le isole Cook o le Marshall nell’Oceano Pacifico. Ma in questa minoranza rientrano anche Paesi di dimensioni maggiori e più integrati nelle rotte internazionali: Australia, Nuova Zelanda, Vietnam, Giappone e la stessa Cina.

QUI I GOVERNI hanno adottato la rigida strategia «zero Covid», che consiste nel far scattare restrizioni molto severe dopo un piccolo numero di casi. La strategia ha funzionato fino all’arrivo della variante Omicron, che ha reso praticamente impossibile controllare i focolai.

* Fonte/autore: Andrea Capocci, il manifesto[1]

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