by ***, il manifesto | 25 Maggio 2022 17:51
Dopo oltre due mesi è chiaro che le armi non hanno ridotto la sofferenza dei civili e non hanno avvicinato una soluzione giusta del conflitto. Quello proposto come aiuto all’Ucraina ha trasformato donne e uomini di quel paese in pedine di una guerra tra NATO e Russia che ogni giorno ci vede più coinvolti
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato in Europa la tragedia della guerra, una tragedia che negli ultimi trent’anni si è consumata nella nostra distrazione in tante parti del mondo. Si può entrare nelle guerre quasi senza accorgersene ma poi è difficile uscirne.
Molte persone in buona fede hanno pensato inizialmente che fornire armi fosse il modo migliore per sostenere la resistenza ed essere vicini al popolo ucraino. Dopo oltre due mesi è chiaro che le armi non hanno ridotto la sofferenza dei civili e non hanno avvicinato una soluzione giusta del conflitto. Quello proposto come aiuto all’Ucraina ha trasformato donne e uomini di quel paese in pedine di una guerra tra NATO e Russia che ogni giorno ci vede più coinvolti.
Anche molti politici europei cominciano a rendersene conto. Anche nelle nostre istituzioni avanzano proposte e valutazioni più ragionevoli che vanno sostenute e valorizzate.
Se gli obiettivi dichiarati sono stati da un lato la denazificazione e la neutralità dell’Ucraina e dall’altro la resistenza all’invasione, oggi si parla di Vittoria e Resa. La retorica bellica ci trascina sempre più verso il baratro, una escalation pericolosissima alimentata irresponsabilmente dall’azzardo di cercare la sconfitta militare di una potenza nucleare. E diventa un’opzione l’incancrenimento del conflitto, come tante volte altrove, in una guerra cronica in Europa.
La guerra uccide le persone e non rappresenta la soluzione. In molte e molti hanno detto: certo le cause del conflitto sono complesse e la guerra è orribile ma ora, che si può fare? L’analisi delle cause e del contesto è condannata come ambiguità. L’unica soluzione proposta è quella militare. Eppure trent’anni di guerre umanitarie, preventive e fuori dall’ONU, cosa hanno prodotto? Hanno fermato le guerre, hanno indebolito le dittature, contrastato i nazionalismi, favorito la libertà delle persone? Afghanistan, Siria, Libia e prima l’Iraq, l’ex Jugoslavia sono lì a dimostrare che la guerra è un’illusione distruttiva e che è la pace l’unica alternativa razionale.
L’alternativa alla guerra era la resa? No l’alternativa era ed è una soluzione diplomatica per la quale sarebbe servita, servirebbero soggetti terzi autorevoli, autonomi e credibili. L’Europa deve acquisire un ruolo autonomo ed essere soggetto promotore di pace e cooperazione. Va rilanciato il ruolo prioritario dell’Assemblea dell’ONU nella prevenzione dei conflitti e nell’affermazione del dialogo per la stabilità democratica e la difesa dei Diritti Umani. La guerra fa arretrare il mondo: torna la logica dei blocchi che schiaccia l’Europa e marginalizza l’ONU. L’Europa viene arruolata nei ranghi della NATO, trasformata in emblema della democrazia anche se comprende la Turchia di Erdogan, definita dallo stesso Draghi una “dittatura” che “ci fa comodo”.
Si fa appello al dovere etico del combattimento ma si liquida il rifiuto della guerra come “petizione etica” che non fa i conti con la realtà. Strateghi da salotto irridono “l’ingenuità dei pacifisti”. Così si liquidava paternalisticamente chi denunciava la vendita di armi a regimi totalitari e a paesi in conflitto come Arabia Saudita, Russia, Turchia o Israele. Salvo poi inorridire se Putin usa quelle armi in Ucraina o chiudere gli occhi se l’Arabia Saudita scarica quelle armi sui civili in Yemen o la Turchia le usa per massacrare i curdi buoni solo quando dovevano combattere per noi l’ISIS.
La storia ci mostra l’ipocrisia e la contraddittorietà del ricorso alla guerra come soluzione.
La guerra dilania i corpi e sfigura le democrazie: avvelena l’informazione, contrae gli spazi di espressione della pluralità, produce sospetto, riporta all’ordine, colpevolizza dubbi e interdice le differenze. Torna la guerra di civiltà tra Occidente e Oriente che rappresenta la cultura e la storia russa come assolutismo e barbarie. La cultura russa è parte integrante della nostra storia, le democrazie europee sono figlie della comune guerra contro il nazismo e di quel compromesso tra capitale e lavoro che fu alla base dello stato sociale europeo.
Tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere. Ci chiedono “con chi stai?” Come se rifiutare di schierarsi significasse non distinguere le responsabilità: ma davvero l’unica scelta è assistere allo scontro ‘tifando’ e non svolgere invece un ruolo attivo per soluzione della pace? Non si tratta di indifferenza ma di ‘essere altro’, di voler rappresentare un’alternativa alla logica di guerra. Rifiutiamo la logica aut-aut e affermiamo una terza via fuori dallo schema amico-nemico. Siamo con le femministe e i cittadini e le cittadine russe che, rischiando repressioni violente e carcere, manifestano contro lo sciovinismo di Putin e le violenze e gli stupri di guerra; siamo con la popolazione civile ucraina che ha perso i propri cari e le proprie case, siamo con chi nei diversi paesi europei ha contrastato la crescita dei nazionalismi. Siamo con chi fugge da questa e da tutte le altre guerre e tragedie e viene respinto ai confini dell’Europa. Ripudiamo la violenza dello scontro militare e siamo con i giovani russi mandati a morire in questa assurda guerra e con gli uomini ucraini obbligati ad armarsi senza poter fuggire dalla guerra con le proprie famiglie.
Negli anni’80 il movimento per la pace era contro tutti i missili e tutti i blocchi, e nel Golfo, in Iraq, nella ex Jugoslavia, in Siria, la pace è sempre stata un’alternativa allo schieramento.
La guerra uccide e affama il mondo: la prosecuzione del conflitto e la speculazione stanno privando di cibo i paesi del Sud preparando nuove sofferenze e conflitti. Un sistema basato sulla distruzione delle risorse e la speculazione finanziaria produce miseria e guerra.
Anche oggi, nonostante il martellamento mediatico e il quasi unanimismo delle forze politiche, i sondaggi continuano a registrare una contrarietà all’invio di armi e alla scelta di contribuire al massacro e all’escalation militare. Il ripudio della guerra, scritto in Costituzione, è ancora saldo nella coscienza di chi vive nel nostro paese.
Diamo voce alle ragioni vere della pace, sosteniamo le iniziative promosse dalle reti e organizzazioni, costruiamo un appuntamento unitario e aperto a Roma contro la guerra.
Le prime adesioni (in ordine alfabetico): Michele Abrusci, Silvia Acquistapace, Barbara Auleta, Paolo Berdini, Gianfranco Bocchinfuso, Enrico Calamai, Massimo Cervellini, Stefano Ciccone, Luca Coccia, Danilo Cosentino; Nicoletta Dentico, Monica Di Sisto, Alessandra Filabozzi, Francesca Fornario, Domenico Gallo, Pietro Masina, Giorgio Mele, Velia Minicozzi, Giusi Gabriele, Nuccio Iovene, Chiara Luti, Sandro Medici, Pasqualina Napoletano, Simone Oggionni, Catia Papa, Silvana Pisa, Giuseppe Reitano, Giulia Rodano, Angelica Romano, Gianni Ruocco, Vittorio Sartogo, Pietro Soldini, Silvia Stilli, Claudio Tognonato, Stefania Tuzi, Vincenzo Vita, Carolina Zincone
Per aderire scrivere a ciccone@uniroma2.it[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2022/05/iniziativa-per-la-pace-fermiamo-la-guerra-prima-che-sia-troppo-tardi/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.