Ucraina. Le carceri sono «strategiche nei piani di occupazione russa»
Parla l’avvocato e docente universitario Dmytro Yagunov, per Kiev nel Comitato europeo per la prevenzione della tortura. «Situazione molto difficile» «Il parlamento ha appena varato una legge speciale che permette di rilasciare i detenuti in attesa di giudizio che chiedono di partecipare alla resistenza. In 363 sono stati graziati. Nel sud del Paese sono stati segnalati agenti speciali di Mosca che progettano di ampliare i penitenziari. Forse per contenere dissidenti»
Non si è mosso da Kiev da quando è cominciata la guerra, l’avvocato Dmytro Yagunov, docente alla Vasyl’ Stus Donetsk National University del dipartimento di Scienze politiche e Pubblica amministrazione, rappresentante ucraino del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt). «Le azioni militari russe contro gli ucraini hanno interessato i dintorni di casa mia, le bombe sono arrivate fino a 300 metri da qui, e ho perfino potuto fotografare tali luminosi eventi della mia vita». Risponde via mail o whatsapp, Yagunov, a volte perfino con messaggi effimeri. Ma l’ironia si percepisce anche così. Lo abbiamo intervistato per parlare dei circa 48 mila detenuti nelle 182 carceri ucraine («di cui 39 chiuse per mancanza di detenuti, ma che presumibilmente saranno utilizzate per i prigionieri di guerra russi», spiega). Istituti ancora sotto il controllo governativo o finiti nelle mani della Russia (29 si trovano negli Oblast di Donetsk e Luhansk, e 5 in Crimea). E per parlare del loro coinvolgimento nella guerra. Difficile in questo contesto mantenere distanza e terzietà rispetto alla comunicazione governativa ucraina, ma la biografia dell’avvocato Yagunov lo promette. «Poiché in queste condizioni la comunicazione istituzionale non è funzionante, ho raccolto le informazioni che le sto dando in modo informale, anche parlando con diversi ufficiali regionali della polizia penitenziaria», premette.
Quali precauzioni sono state prese per salvare la vita ai detenuti nelle carceri ucraine?
In questo momento non c’è alcun luogo sicuro in Ucraina, che sia sulla linea del fronte o meno. Anche i territori a ovest sono stati bombardati. Perfino la sede del governo regionale di Mykolaiv è stata distrutta da un missile puntato direttamente sull’edificio. In generale ci sono 33 prigioni nella zona di combattimento; da quando è iniziata l’invasione 5 istituti sono stati presi dai russi nell’est e nel sud dell’Ucraina. Ci sono state vittime sia tra i detenuti che tra gli agenti penitenziari. Morti e feriti sono stati registrati nella regione di Kharkiv già tre volte in un mese, ed è stato colpito anche un carcere nella regione di Mykolaiv, con alcuni feriti. A Vinnytsya una prigione è stata colpita dai bombardamenti e i detenuti sono fuggiti. Questa guerra è arrivata inaspettata per noi e ovviamente il sistema penitenziario non era pronto. La situazione perciò è davvero difficile, a volte totalmente fuori controllo, perciò non abbiamo informazioni certe su quanti detenuti e agenti siano stati uccisi. Né sappiamo esattamente quanti detenuti siano fuggiti. Il nostro ministero di Giustizia e il nostro Dipartimento penitenziario stanno cercando di raccogliere informazioni dalla società ucraina e dai partner internazionali perché sono ovviamente urgenti e necessarie per un’ulteriore analisi sia dei detenuti in regime di “messa alla prova” che per salvaguardare la vita dei reclusi e dei lavoratori penitenziari.
Come si affronta una situazione simile?
L’8 marzo abbiamo ricevuto aiuti umanitari dal servizio carcerario della Polonia. Purtroppo la fotografia generale mostra che nessun istituto penitenziario ucraino è al sicuro. La situazione non è semplice: per esempio il 6 marzo 322 detenuti sono stati evacuati dalla colonia penitenziaria di Orikhiv nell’oblast di Zaporizhzhia che era sotto attacco, alla colonia correttiva di Kropyvnytskyi. Durante l’evacuazione sono scoppiati disordini tra i detenuti e alcune associazioni per la tutela dei diritti hanno denunciato violenze anche sui prigionieri. L’ordine è stato poi ristabilito quando la polizia ha sequestrato più di 80 telefonini e altrettanti coltelli nascosti dai detenuti. Un evento che è arrivato anche all’attenzione dei mass media. In generale dunque la situazione necessita di molta attenzione.
Non c’è stata nessuna forma di amnistia? Una parte dei detenuti non è stata arruolata per la guerra?
Questa aggressione ci ha costretto ad alcune modifiche nella nostra legislazione. La prima riguarda i carcerati in attesa di giudizio. Il 13 marzo il parlamento ha adottato una legge speciale che permette di rilasciare i carcerati in attesa di giudizio che vogliono partecipare alle operazioni contro l’invasione russa. In base a questa legge, il pubblico ministero può rivolgersi ad un giudice locale per chiedere di rilasciare il sospettato o il detenuto in attesa di giudizio definitivo che voglia partecipare alle azioni militari. Questa legge non può essere applicata ad ogni tipo di detenuto e ne sono esclusi certi reati.
Quali?
Una lunga lista: si va dall’omicidio, al rapimento e allo stupro, dai reati di droga a quelli contro gli interessi nazionali, fino ai più gravi quali terrorismo, associazione criminale, tratta di esseri umani, crimini militari e di guerra, ecc. I detenuti in attesa di giudizio definitivo che non siano accusati di questo tipo di reati hanno il diritto di rivolgersi al pubblico ministero per chiedere l’annullamento della custodia cautelare durante la guerra. La legge firmata dal presidente Zelensky il 21 marzo prevede, in caso di imposizione della legge marziale in Ucraina o in sue località separate, misure per garantire la sicurezza e la difesa nazionale e respingere l’aggressione armata della Federazione Russa e/o di altri Stati contro l’Ucraina.
Quanti detenuti sono stati già arruolati?
Difficile dirlo perché sono passati pochi giorni dall’applicazione di questa legge. Il presidente ha poi graziato anche 363 condannati che avevano scontato la maggior parte della pena nei centri correzionali che sono istituzioni aperte, con il più basso livello di isolamento dalla società, dove si scontano condanne brevi. Molti di loro avevano avuto esperienze di combattimento e oggi perciò possono partecipare alla resistenza.
Cosa accade ai detenuti ucraini nelle prigioni che sono state occupate dalle forze militari russe, sia in questa guerra che in quella del 2014?
Le autorità ucraine non hanno molte informazioni di come vengono trattati i detenuti ucraini nelle mani dei russi. Ad est e a sud dell’Ucraina, secondo le informazioni che ci arrivano, lo scenario si presenta sempre allo stesso modo: prima di tutto vengono interrotti i sistemi di videosorveglianza che ci sono in tutte le carceri ucraine. Poi vengono sequestrati i telefoni e interrotte le comunicazioni con l’esterno. Il terzo step è l’incontro diretto con i prigionieri e gli agenti penitenziari per tentare di portarli dalla parte dei russi. In questo modo la Russia tenta di includere il sistema penitenziario ucraino nell’amministrazione dell’occupazione. Nel sud Ucraina per esempio sono stati segnalati alcuni agenti speciali del governo russo che si stavano informando sul sistema penitenziario ucraino per capire come trasformare tali istituti in futuro. Secondo me è ovvio che stiano pianificando prigioni adatte a contenere non solo i criminali ma anche i cittadini che si ribelleranno all’annessione. Perciò la questione penitenziaria è molto importante per la pianificazione dell’occupazione russa. Per quanto riguarda i territori sotto l’occupazione russa dal 2014, le carceri della Crimea sono state direttamente e formalmente integrate nel Servizio carcerario federale russo. Le carceri di Lugansk e Donetsk sono formalmente subordinate ai servizi carcerari istituiti nel 2014 dalle cosiddette Repubbliche popolari come parti strutturali dei ministeri degli Affari interni di quelle repubbliche.
Come ricevete informazioni da quei territori occupati?
Prima dell’attuale aggressione russa, alcune organizzazioni avevano potuto raggiungere le prigioni ucraine e trasmettevano informazioni al ministero di Giustizia. Ma questa connessione è stata interrotta e al momento non si riesce ad avere notizie dalle istituzioni che sono nel territorio occupato o quelle che sono sulla linea del fronte.
Dal 24 febbraio ad oggi ci sono stati scambi di prigionieri tra l’Ucraina e la Russia?
I detenuti condannati dai Tribunali penali non sono stati scambiati. Per quanto riguarda i prigionieri di guerra, il 24 marzo stesso sono stati riconsegnati alle forze russe 10 militari occupanti in cambio di altrettanti nostri connazionali. Inoltre, l’Ucraina ha restituito 11 marinai civili russi salvati da una nave affondata vicino a Odessa. Come risultato di questo scambio, sono tornati a casa 19 marinai civili ucraini della nave di salvataggio Sapphire che è stata catturata dagli occupanti mentre tentava di trasferire le nostre truppe dall’isola dei Serpenti. Il 1 aprile, a seguito di un decreto presidenziale, c’è stato un altro scambio di prigionieri di guerra: 86 militari ucraini sono stati liberati, 15 di loro sono donne.
Lei potrebbe dire che nelle carceri ucraine vengono rispettati i diritti umani?
Se parliamo di prigionieri russi detenuti nelle carceri ucraine, non sono sicuro che si possa fare una differenza con i cittadini ucraini come fossero due gruppi distinti. Ho chiesto ad alcuni agenti penitenziari in pensione e che sono civili al momento, e loro non mi hanno confermato se i detenuti russi condannati prima della guerra siano trattati diversamente da quelli ucraini. Parlando in generale, questo non sembra essere un problema attualmente. Nessuna fonte né formalmente né informalmente al momento denuncia forme di trattamento illegale o inumano nei loro confronti.
Una vita spesa a difendere i diritti umani e civili. E adesso? La guerra se li sta portando via tutti…
Ci tengo a sottolineare una cosa molto importante: generalmente il popolo ucraino continua a supportare i diritti umani perfino in tali circostanze. Le autorità ucraine – le istituzioni ma anche i militari – vogliono dimostrare le buone pratiche adottate nei confronti dei prigionieri di guerra e la nostra convinzione che i diritti umani sono molto importanti soprattutto in tempi come questi. In questo frangente è molto difficile ottenere informazioni su cosa stia accadendo nelle prigioni ucraine ma sappiamo che il ministero di Giustizia sta raccogliendo informazioni e sta documentando fotograficamente l’intero sistema carcerario per poterlo presentare agli attivisti dei diritti umani e ai partner internazionali. Sono convinto che i diritti umani non moriranno in Ucraina. Questa guerra ha mostrato una profonda differenza tra noi e il Cremlino nel modo di intendere e proteggere i diritti fondamentali oggi. I diritti umani in Russia sembrano essere morti, sia per le azioni crudeli e disumane delle forze militari russe in Ucraina ma anche a causa dell’esclusione della Russia dal Consiglio d’Europa. Ma questa è un’altra storia.
* Fonte/autore: Eleonora Martini, il manifesto
ph by Alex Zelenko, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
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