579 palestinesi in carcere senza prove né processo, tre uccisi in tre giorni
PALESTINA. Il numero più alto di detenzioni amministrative da quasi 6 anni. E si allunga la striscia di sangue in Cisgiordania: 3 uccisi in 3 giorni
GERUSALEMME. Si allunga la striscia di sangue in Cisgiordania dove ieri, in un campo profughi alle porte di Gerico, poco prima dell’alba, un palestinese di 20 anni, Ahmed Oweidat, è stato ucciso da militari israeliani durante l’ultimo dei raid lanciati dall’esercito nella Cisgiordania occupata dopo gli attentati che tra marzo e aprile hanno fatto 14 morti in Israele. Oweidat, colpito alla testa, è morto all’arrivo all’ospedale. Venerdì un altro giovane palestinese è spirato dopo quattro giorni di coma. Era stato ferito mortalmente durante un’incursione militare a Yamoun (Jenin), sorte toccata qualche giorno prima a una studentessa mentre tornava a casa da scuola.
CRESCE ANCHE IL NUMERO di palestinesi in detenzione amministrativa – il carcere senza processo – che in questi giorni ha raggiunto il massimo da cinque anni e mezzo da questa parte. Secondo i dati forniti dall’Israel Prison Service, al momento 579 palestinesi sono sottoposti a questa sorta di custodia cautelare a tempo indeterminato. I giudici militari, senza avere in mano alcuna prova e solo sulla base di una richiesta dei servizi di intelligence, possono far incarcerare un palestinese per 3-6 mesi e rinnovare il provvedimento più volte alla sua scadenza, per presunte ragioni di sicurezza.
SI TRATTA del numero di prigionieri senza processo più alto da ottobre 2016, quando la cifra era di 610. Tra marzo e aprile di quest’anno il numero dei detenuti amministrativi è aumentato di 109. Nell’ultimo mese sono stati emessi 19 ordini di detenzione amministrativa anche contro cittadini israeliani: 17 arabi e due ebrei.
LE ONG per i diritti umani puntano l’indice contro la doppia giustizia che Israele applica in Cisgiordania: una per i coloni ebrei e un’altra per i palestinesi sotto occupazione militare. Inoltre, un’inchiesta del quotidiano Haaretz denuncia che mentre in Israele c’è differenza tra i reati contro la sicurezza e quelli comuni, nei Territori occupati i reati contestati sono quasi sempre alla sicurezza. Dal 2018 al 2021, oltre il 65% dei casi (escluse le violazioni del codice stradale) nei tribunali militari di Ofer e Salem, erano reati contro la sicurezza. La maggior parte delle indagini in Cisgiordania, aggiunge Haaretz, sono di competenza del servizio di sicurezza Shin Bet e le prove si basano molto spesso su informazioni fornite da collaborazionisti. Grave è la condizione dei minori palestinesi. Le famiglie scelgono quasi sempre il patteggiamento per evitare una lunga detenzione ai figli, anche se negano con forza di aver commesso reati. Nel 2020 le condanne sono state per l’83% il risultato di un patteggiamento.
Le differenze tra i tribunali in Cisgiordania e quelli in Israele sono evidenti, scrive Haaretz. Gli arrestati in Israele vedono un giudice entro 24 ore; un sospetto palestinese invece potrebbe aspettare 48 ore, anche 96 se fa parte delle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale. Un altro esempio riguarda il diritto di un minore di avere un genitore presente durante l’interrogatorio. In Israele è garantito. In Cisgiordania no. In Israele si raggiunge la maggiore età a 18 anni e si viene considerati giovani adulti. In Cisgiordania un ragazzo palestinese tra i 14 e i 16 anni è definito un giovane adulto dalle autorità militari e, al contrario della legge israeliana, quella militare consente pene fino a sei mesi per i ragazzini.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
Foto di hosny salah da Pixabay
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