Ucraina. I rischi per le centrali nucleari attive
Mosca-Kiev. Cresce la preoccupazione per quanto potrebbe accadere a quattro centrali atomiche attive. Il pericolo è un disastro nucleare se gli impianti saranno danneggiati da bombardamenti, lasciati senza manutenzione o staccati dalla rete elettrica necessaria per raffreddare i reattori
È stata prestata molta attenzione all’occupazione russa dell’area di Chernobyl ma in queste ore cresce la preoccupazione, non solo all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), per quanto potrebbe accadere a quattro centrali atomiche attive che forniscono all’Ucraina metà dell’elettricità di cui ha bisogno. Situate a breve distanza da centri abitati e città, le centrali contengono 15 reattori di vecchia generazione. Il timore è di un disastro nucleare se gli impianti saranno danneggiati da bombardamenti, lasciati senza manutenzione o staccati dalla rete elettrica necessaria per raffreddare i reattori.
Martedì l’Ispettorato statale per la regolamentazione nucleare dell’Ucraina aveva informato l’Aiea che le centrali restavano sotto il suo controllo. Ieri c’è stata una prima svolta. Mosca ha comunicato al direttore generale dell’Aiea Rafael Mariano Grossi che le sue forze militari ora controllano il territorio intorno alla centrale di Zaporizhzhia, la più grande dell’Ucraina con sei dei 15 reattori. Subito dopo le autorità di Kiev hanno chiesto all’Aiea «di fornire assistenza nel coordinamento delle attività per la sicurezza della centrale di Chernobyl (Chernobyl) e di altri impianti», senza nominare Zaporizhzhia. Grossi da parte sua ripete l’appello «ad evitare qualsiasi azione che possa mettere a repentaglio la sicurezza degli impianti».
Appello condiviso da James Acton, un esperto del Nuclear Policy Program presso il Carnegie Endowment for International Peace. Venerdì, Acton ha scritto di essere più preoccupato per le quattro centrali atomiche attive che per Chernobyl dove avvenne il disastro nucleare del 1986. Acton ha spiegato che i 15 reattori in Ucraina, in caso di un attacco militare o un incidente grave, rilascerebbero radiazioni più forti di quelle generate da Chernobyl. Non solo. Il personale incaricato di far funzionare gli impianti potrebbe non recarsi più al lavoro e se le centrali venissero disconnesse dalla rete elettrica si rischierebbero problemi molto seri. L’elettricità è necessaria per evitare che il combustibile nucleare esaurito, contenuto nelle vasche di stoccaggio, si surriscaldi, altrimenti potrebbe verificarsi una fusione o un incendio. Tutte le unità nucleari ucraine sono state progettate nella ex Unione sovietica. Nessuna di esse soddisfa i moderni standard di sicurezza internazionali.
Ma i rischi più immediati ora sono legati alla guerra. Nel caso della distruzione di una centrale nucleare, spiega Dmytro Gumenyuk, un esperto ucraino, «le conseguenze sarebbero peggiori che a Fukushima e Chernobyl insieme. L’Europa sarà totalmente contaminata». E c’è di più. Una bomba a orologeria radioattiva sta già ticchettando nella miniera di Yunkom, a Donetsk. Si tratta dell’esito di un test nucleare sotterraneo del 1979. L’esplosione creò una capsula vetrificata di radioattività che richiede un pompaggio costante di acqua cessato dopo la secessione di quel territorio. La capsula si è allagata e acque radioattive di basso livello sarebbero già entrate in fonti di acqua potabile e potrebbero arrivare al Mar d’Azov e nel Mar Nero fino al Mediterraneo.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
ph by Ralf1969, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
Related Articles
Etiopia e Eritrea: Meles e Isaias, due amici-nemici sempre più simili
Etiopia-Eritrea, una “guerra permanente” – Foto: biyokulule.com
Un tempo Meles Zenawi (primo ministro dell’Etiopia) e Isaias Afewerki (presidente dell’Eritrea) combattevano insieme. A capo di due movimenti di liberazione nazionale, il fronte di liberazione del Tigray e il Fronte popolare di liberazione dell’Eritrea, i due, che parlano la stessa lingua e provengono da regioni limitrofe, furono compagni di battaglia nella lunga guerra, in particolare tra il 1981 e il 1991, combattuta contro il comune nemico, il regime filosovietico di Mengistu.
Il fallimento della «guerra globale al terrorismo»
Sempre più i conflitti armati impegnano forze speciali e droni-killer. Il pronto-uso non richiede il voto del Congresso. Venuto meno l’«impero del male» sovietico, la strategia Usa si era concentrata sulle «minacce regionali», con le prime due guerre del dopo-guerra fredda: quella del Golfo e quella contro la Jugoslavia
Portogallo: il governo Coelho peggio di Merkel
Portogallo. Nella trattativa dell’Eurogruppo con Atene, Lisbona sul carro dei falchi