Le carceri in Europa durante la pandemia. Due anni dopo la strage in Italia
A seguito delle rivolte in carcere in Italia dell’8 e 9 marzo 2020, ben 13 detenuti hanno perso la vita. Una strage senza colpevoli, contro la quali associazioni, attivisti, artisti e intellettuali, hanno costituito un Comitato e portato avanti una campagna controinformativa
Il virus in cella. Le carceri in Europa durante la pandemia
I sistemi carcerari in Europa, nel 2020, pur con le differenze che si sono registrate tra i diversi Stati, sono stati messi a dura prova dagli effetti del Covid-19. La pandemia ha infatti finito con il porre in evidenza e con l’accentuare i tanti problemi e i limiti che riguardano le carceri europee; ciò sia dal punto di vista logistico e organizzativo, legato alle loro strutture, molto spesso deficitarie per numero e per spazi disponibili, e sia dal punto di vista delle politiche securitarie e carcerarie, adottate dai singoli paesi e dal rapporto tra la detenzione e il ricorso a misure alternative.
- I numeri
Queste problematiche sono state già puntualmente evidenziate, nel Rapporto denominato SPACE I, redatto dall’università di Losanna per conto del Consiglio d’Europa, che ha analizzato la situazione carceraria nei 47 Paesi europei aderenti a questo organismo internazionale alla data del 31 gennaio 2020, quindi prima del diffondersi della pandemia da Covid-19. Un dato su tutti: a quella data la popolazione carceraria in Europa era di 1.528.343 unità, con un rapporto medio tra detenuti e popolazione pari a 103,2 ogni 100 mila abitanti e con una densità media in carcere di 90,3 persone ogni 100 posti disponibili. In riduzione rispetto ai dati dello stesso periodo del 2019, dove la popolazione carceraria era stata di 1.540.484 unità.
Gli illeciti legati alle droghe hanno continuato a essere il principale motivo di incarcerazione; quasi 260.000 detenuti (il 17,7% del totale) all’inizio del 2020 stavano scontando condanne per quei reati.
Lo studio ha evidenziato come i tassi più alti di popolazione carceraria si trovassero in Turchia (357 ogni 100.000 abitanti), Federazione Russa (356), Georgia (264), Lituania (220) e Azerbaigian (209); mentre i più si sono registrati in Islanda (45), Finlandia (50), Paesi Bassi (59) e Norvegia (59). Nella sola Unione Europea, nello stesso periodo, in Belgio c’erano 117 detenuti ogni 100.000, in Francia e Cipro 116, in Ungheria e Romania 113, in Grecia e Slovenia 109, in Italia 98.
Per quanto riguarda la densità della popolazione carceraria, cioè il rapporto tra il numero dei detenuti e i posti disponibili all’interno degli istituti, è emersa una situazione preoccupante di sovraffollamento per molti paesi. A fine gennaio 2020 era la Turchia il paese con il maggiore sovraffollamento, pari a 127 detenuti per ogni 100 posti disponibili, seguita dall’Italia con 120, Francia e Cipro con 115 e l’Ungheria e Romania con circa 113 (Aebi, Tiago, 2021 a).
È utile qui ricordare come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (European Court of Human Rights, ECHR), con la cosiddetta “Sentenza Torreggiani” del 2013, avesse condannato l’Italia proprio per il problema del sovraffollamento, intimandole di migliorare le condizioni dei detenuti. Cosa puntualmente avvenuta, ma solo in via transitoria (ECHR, 2013).
- I contagi e i decessi
Quanto emerge dal Rapporto del Consiglio Europeo è quindi un contesto carcerario particolarmente fragile e problematico, dovuto alle condizioni di sovraffollamento aggravate dalle precarie condizioni igienico-sanitarie e da una popolazione detenuta anziana, spesso affetta da patologie. Questa situazione ha finito con il determinare, nel corso del 2020, con la prima e soprattutto con la seconda ondata pandemica, una percentuale dei contagi, per la popolazione detenuta e per il personale carcerario, sensibilmente superiore rispetto a quella riscontrata tra la popolazione generale dei rispettivi Paesi, e questo nonostante le misure di prevenzione e di contrasto adottate, contro la diffusione del virus, dai singoli Stati. Non abbiamo ancora un dato sufficiente sugli effetti del Covid-19 all’interno delle carceri europee tra il 2020 e i primi mesi del 2021, poiché le cifre sono parziali e probabilmente sottodimensionate rispetto alla realtà. Non tutti i Paesi consultati, infatti, hanno fornito le informazioni necessarie. Nei primi nove mesi del 2020 si fa riferimento a circa 3.300 detenuti risultati positivi e 5.100 contagiati tra il personale delle carceri (Aebi, Tiago, 2021 b).
C’è un evidente problema di trasparenza e di accesso alle informazioni. Con l’arrivo della seconda ondata pandemica i dati sono sensibilmente peggiorati, sia nel numero dei contagi che in quello dei decessi.
A livello globale, nel maggio 2021 i contagiati erano 548.489 nelle carceri di 122 paesi e 3.968 i detenuti morti per Covid-19 in 47 paesi (Prison Insider & Justice Project Pakistan, 2021). Dati confermati dal Global Prison Trends 2021, secondo cui a livello mondiale vi sono 11 milioni di persone incarcerate, con un sovraffollamento nelle celle che colpisce 118 paesi, in 11 dei quali raggiunge livelli superiori al 250%. Un aspetto addirittura in crescita, poiché «molte popolazioni carcerarie, tra cui 12 in Europa, sono infatti aumentate negli ultimi mesi». Questo problema generalizzato e i tanti altri preesistenti, compresa la carente assistenza sanitaria, sono stati esacerbati dalla pandemia, rendendo in alcuni luoghi la pena detentiva un rischio per la vita. Ne deriva che «affinché i diritti umani siano tutelati nel modo più efficace – soprattutto in caso di emergenza – abbiamo bisogno di meno persone in carcere». Pertanto, concludono gli autori dello studio, «affrontare il sovraffollamento carcerario e promuovere l’uso di alternative in carcere sono priorità fondamentali» (Penal Reform International, 2021).
È negli Stati Uniti la situazione più tragica: a metà febbraio 2021 vi erano più di 612.000 infezioni segnalate nelle carceri e almeno 2.700 decessi tra detenuti e agenti (Amnesty International, 2021).
Tornando all’Europa, dati maggiormente aggiornati sono reperibili a livello di singoli paesi. Come la Francia, dove a maggio 2021 risultavano positivi 109 detenuti e 185 membri del personale (OIP, 2021). In Inghilterra e Galles vi sono stati nelle carceri 121 decessi correlati al Covid-19 tra marzo 2020 e febbraio 2021. Nel solo gennaio 2021 107 dei 126 siti carcerari hanno riportato casi, per un totale di 4.000 nuovi contagiati (Braithwaite, Edge, Lewer, Hard, 2021).
In Italia, a marzo 2021, risultavano positivi al coronavirus 410 reclusi, 562 agenti di polizia penitenziaria e 49 appartenenti al personale amministrativo. Durante la prima ondata i contagi nelle prigioni italiane erano stati relativamente contenuti, con un picco massimo di 160 detenuti positivi e 4 decessi; diversa è stata invece la seconda fase, in cui a dicembre 2020 i detenuti positivi sono arrivati a essere più di 1.000 con ulteriori 12 morti. Da gennaio a marzo 2021 i numeri sono tornati a scendere, anche se con due nuovi decessi, che hanno portato il totale a 18, mentre sono gli 11 agenti di polizia penitenziaria morti (Associazione Antigone, 2021).
Secondo i dati ufficiali, al 14 giugno 2021, sui 52.556 detenuti presenti vi erano 118 positivi al virus, di cui 110 asintomatici; 45.574 i vaccini somministrati. Sui 36.939 agenti di polizia penitenziaria, i positivi erano 151; 23.370 le vaccinazioni effettuate. Dei 4.021 appartenenti al personale dirigenziali e amministrativo i positivi erano 28; 2.547 i vaccinati (Ministero della Giustizia, 2021).
- Le misure per contrastare il Covid-19 nelle carceri
Le misure adottate nei diversi paesi per fronteggiare l’emergenza pandemica nel sistema penitenziario sono state piuttosto disomogenee, nonostante le linee di indirizzo, raccomandazioni, suggerimenti operativi e le indicazioni di buone pratiche che sono state prodotte sia a livello di Organizzazione Mondiale per la Sanità sia dall’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa.
Tutti gli Stati membri hanno adottato, sia pur talvolta in ritardo o con inefficienze, misure sanitarie e preventive per limitare i rischi di contagio e per proteggere detenuti e personale carcerario, tra cui disinfezione regolare dei locali, screening all’ingresso, dispositivi di protezione individuale e zone di quarantena per isolare i detenuti con infezione da Covid-19 confermata o sospetta.
Le scelte più diffuse che, comunque non hanno riguardato nello stesso modo e con la stessa intensità tutti gli Stati, hanno prodotto la chiusura verso l’esterno delle strutture e una momentanea riduzione della popolazione carceraria. Pur nell’intento di preservare il diritto alla salute e limitare il contagio, la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea ha introdotto restrizioni che hanno inciso, spesso pesantemente e a lungo, sugli altri diritti, come quelli ai rapporti familiari e alla socialità, al lavoro e allo studio. Le restrizioni hanno infatti riguardato il divieto di visite, la sospensione dei permessi di uscita e dei regimi aperti, il blocco delle attività di formazione, di ricreazione e risocializzazione. In alcune carceri è stata sospesa anche la possibilità di uscire all’aperto nelle aree dedicate. Molti hanno imposto l’isolamento di 14 giorni a tutti i nuovi ingressi in prigione.
Le restrizioni sono intervenute anche su aspetti giudiziari: alcuni Stati hanno rinviato processi e udienze non urgenti o utilizzato le videoconferenze. Nella maggior parte dei paesi è stata mantenuta la possibilità di contatto con il proprio avvocato, per telefono o di persona, ma in questo caso spesso con divisori in vetro.
Oltre la metà degli Stati membri hanno introdotto misure per ridurre la popolazione carceraria, sospendendo o rinviando le pene detentive o utilizzando alternative alla detenzione come il rilascio anticipato o la libertà vigilata (European Parliamentary Research Service, 2020).
Solo nel caso del Portogallo è stata predisposta una amnistia straordinaria. Tra gli Stati che hanno registrato una drastica riduzione, seppure momentanea, nel corso del 2020 (nei primi mesi del 2021 stanno, infatti, tornando ad aumentare), della popolazione in condizione di detenzione, possiamo ricordare l’Italia (53.364 detenuti al 31 dicembre 2020 rispetto ai 61.230 al 29 febbraio 2020) e la Francia (62.673 detenuti al 1° gennaio 2021 rispetto ai 72.575 al 15 marzo 2020), mentre in Inghilterra e in Galles (79.000 a inizio dicembre 2020 rispetto agli 84.000 di inizio marzo 2020) le misure deflattive sono risultate meno incisive e dovute prevalentemente a fattori esogeni rispetto alle politiche penitenziarie, come la riduzione dei reati, degli arresti e dei rinvii a giudizio. Ungheria e Bulgaria non hanno invece preso misure al riguardo. Complessivamente, nel corso del 2020, la popolazione carceraria si è ridotta quasi ovunque, ma mentre in Italia, Francia, Scozia e Belgio questa riduzione ha superato il 10% delle presenze, in altri Paesi è stata meno significativa.
In alcuni casi, le privazioni sommate all’assenza di informazione e di cautele nell’introdurre le misure di chiusura, hanno provocato proteste e anche reazioni violente. Così, in particolare, è successo in Italia, con i fatti drammatici che si sono registrati a partire dall’8 e 9 marzo 2020, quando con l’entrata in vigore delle misure per le carceri, previste dal Decreto della Presidenza del Consiglio, per il primo lockdown totale, si sono registrate proteste e disordini in 47 istituti penitenziari, dalle conseguenze gravissime: ben 13 detenuti hanno perso la vita a causa, secondo le versioni ufficiali, della smodata assunzione di farmaci sottratti nelle infermerie dei penitenziari. Tale ricostruzione è stata infine ufficializzata per otto dei nove decessi avvenuti nel carcere di Modena dalla decisione del Giudice che ha accolto la richiesta della Procura e archiviato l’inchiesta escludendo ogni responsabilità nella morte di Chouchane Hafedh, Methnani Bilel, Agrebi Slim, Bakili Ali, Ben Mesmia Lofti, Hadidi Ghazi, Iuzu Artur e Rouan Abdellah, attribuita a overdose di farmaci.
Tali versioni sono state oggetto di interrogazioni parlamentari e contestate da alcune associazioni, gruppi di attivisti, artisti e intellettuali, che hanno costituito un Comitato e portato avanti una campagna controinformativa (AA.VV., 2020).
Il 28 giugno 2021 la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha disposto 52 misure di custodia cautelare nei confronti di altrettanti agenti di polizia e funzionari ai più diversi livelli dell’Amministrazione penitenziaria accusati di gravi reati, comprese torture pluriaggravate nei confronti di numerosi detenuti. I fatti risalgono al 6 aprile 2020, allorché centinaia di agenti effettuarono una perquisizione straordinaria nel carcere campano che il giorno precedente e anche il 9 marzo era stato teatro di proteste da parte dei reclusi. Alcune immagini video riprese dalle telecamere, poi diffuse, nonché i messaggi e le conversazioni acquisite dai magistrati dai telefoni dei poliziotti, hanno mostrato che, più che una perquisizione, si era trattato di un pestaggio organizzato e sistematico, definito dal Giudice delle Indagini Preliminari «una orribile mattanza» (Procura della Repubblica – Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 2021).
La forte attenzione mediatica che ne è seguita ha contribuito a sollevare nuovi interrogativi anche sui detenuti morti e sulle rivolte avvenute nelle carceri all’insorgere della pandemia, tanto da spingere il vertice del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a istituire, con colpevole ritardo di 15 mesi, una «Commissione ispettiva per fare luce sull’origine delle rivolte dei detenuti avvenute negli istituti nel marzo 2020, sui comportamenti adottati dagli operatori penitenziari per ristabilire l’ordine e la sicurezza e su eventuali condotte irregolari o illegittime poste in essere» (Ministero della Giustizia, 2021 b).
- Le criticità del sistema e la necessità di radicale riforma
Le criticità di natura sistemica riguardante le politiche carcerarie, che si sono fortemente accentuate durante la pandemia, hanno visto in discussione i diritti delle persone detenute. Nel periodo dell’emergenza Covid-19 sono sensibilmente peggiorate le condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari. L’aumento del numero dei suicidi e tentati suicidi tra le persone recluse, prevalentemente giovani, insieme alla crescita di episodi di autolesionismo, registrati in alcune situazioni, rappresentano dei chiari indicatori della situazione di malessere del sistema penitenziario. Per contrastarla servono dei cambiamenti radicali a livello comunitario e di singoli paesi nelle politiche sulla giustizia, sulla sicurezza e sul sistema penitenziario, a partire dalla riapertura di un serio e puntuale confronto, di carattere culturale e politico, su temi sensibili come il rapporto tra la condanna e il recupero alla vita sociale del detenuto-cittadino, al tema del “perdono responsabile”, al rapporto tra i detenuti e le vittime dei reati, alla utilità sociale del sistema carcerario, allo sviluppo delle pene alternative a quelle della detenzione, sino all’abolizione delle carceri.
Serve una nuova politica che sappia contrastare, con fermezza e con coraggio, una pericolosa deriva populista fascio-nazionalista, che chiede l’introduzione della pena di morte, considera le pene come strumenti risarcitori, così come crede di risolvere tutti i problemi oggi esistenti con l’apertura di nuovi istituti penitenziari. Mai come in questo caso, un altro mondo deve essere possibile, a partire dalla riqualificazione e dal miglioramento degli ambienti carcerari, dalla loro massima apertura nei confronti dei territori circostanti, dalle nuove opportunità di lavoro e di studio per i detenuti che ne facilitino il loro reinserimento sociale, dalla depenalizzazione di alcuni reati e dal potenziamento delle misure alternative che riducono drasticamente le recidive, passando anche attraverso un sensibile miglioramento delle condizioni lavorative, del personale delle carceri, agenti penitenziari e operatori. Con l’obiettivo di garantire i diritti e la piena dignità umana per tutte e tutti.
Riferimenti bibliografici
AA.VV. (2020), Morti nelle carceri. Appello per un Comitato di verità e giustizia, https://www.dirittiglobali.it/coronavirus-morti-carceri-appello/
Aebi Marcelo F., Tiago Mélanie M. (2021 a), SPACE I – 2020 – Council of Europe Annual Penal Statistics: Prison populations, Council of Europe & University of Lausanne, https://wp.unil.ch/space/files/2021/04/210330_FinalReport_SPACE_I_2020.pdf, aggiornato 11 aprile.
Aebi Marcelo F., Tiago Mélanie M. (2021 b), Prisons and Prisoners in Europe in Pandemic Times: An evaluation of the medium-term impact of the COVID-19 on prison populations, 10 novembre.
Amnesty International (2021), Forgotten Behind Bars – Covid-19 and Prisons, https://www.amnesty.org/en/documents/pol40/3818/2021/en/, marzo.
Associazione Antigone (2021), Oltre il virus – XVII rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, https://www.rapportoantigone.it/diciassettesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/
Braithwaite Isobel, Edge Chantal, Lewer Dan, Hard Jake (2021), High COVID-19 death rates in prisons in England and Wales, and the need for early vaccination, “The Lancet”, https://www.thelancet.com/journals/lanres/article/PIIS2213-2600(21)00137-5/fulltext, 16 marzo.
ECHR – European Court of Human Rights (2013), Affaire Torreggiani et autres c. Italie (Requêtes nos 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 et 37818/10), https://hudoc.echr.coe.int/fre#{%22itemid%22:[%22001-115860%22]}, 8 gennaio.
European Parliamentary Research Service (2020), Coronavirus and prisons in the EU – Member-State measures to reduce spread of the virus, a cura di Carmen-Cristina Cîrlig, Katrien Luyten, Micaela del Monte, Sofija Voronova, https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2020/651976/EPRS_BRI(2020)651976_EN.pdf, giugno.
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Ministero della Giustizia (2021 b), Violenze nelle carceri: il DAP istituisce una Commissione ispettiva, sarà presieduta dall’ex magistrato Lari, https://www.gnewsonline.it/violenze-nelle-carceri-il-dap-istituisce-una-commissione-ispettiva-sara-presieduta-dallex-magistrato-lari, 22 luglio.
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Procura della Repubblica – Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (2021), Comunicato stampa, https://www.procurasantamariacapuavetere.it/allegatinews/A_47422.pdf?fbclid=IwAR2jHuG9lFYQu0Ltuc0bUm0zRqNtaXsFdOzT2_uX-KY5iFUCjqTEKkeBfgc, 28 giugno.
* Onorio Rosati è della direzione nazionale di Sinistra Italiana, già Segretario generale Camera del lavoro di Milano
Questo testo è stato pubblicato nel 19° Rapporto sui diritti globali – Stato dell’impunità nel mondo 2021, “Un altro mondo è possibile”, a cura di Associazione Società INformazione, Futura editrice. Si può acquistare l’edizione italiana qui in cartaceo. È disponibile anche in versione ebook qui
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