No War. L’Italia contro la guerra riempie le piazze

by Giansandro Merli * | 26 Febbraio 2022 9:28

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Migliaia a Bologna, fiaccolata a Roma. E oggi giornata nazionale contro le bombe di Putin. 50 appuntamenti. Quello centrale alle 10.30 nella piazza romana di Santi Apostoli

 

La mobilitazione contro la guerra in Ucraina cresce di intensità. Ieri diverse migliaia di persone hanno affollato piazza Maggiore a Bologna in quella che finora si è rivelata la manifestazione più grande. Tante le fiaccole e le bandiere della pace e dell’Ucraina. Presenti il sindaco Matteo Lepore (Pd), l’arcivescovo Matteo Zuppi e il presidente dell’Unione delle comunità islamiche Yassine Lafram. Sul palco anche la direttrice ucraina del teatro comunale, Oksana Lyniv, e il cantautore Gianni Morandi, che ha intonato canzoni contro la guerra. «Questa comunità si è sempre mobilitata contro ogni forma di sopruso e anche oggi diciamo no all’invasione dell’Ucraina», ha detto Lepore, che ha annunciato per lunedì un incontro con il prefetto per discutere dell’accoglienza dei profughi.

SEMPRE IERI una fiaccolata con bandiere arcobaleno e giallo-blu ha sfilato nel pomeriggio dal Campidoglio al Colosseo. La manifestazione è stata indetta dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri (Pd). Molte le presenze istituzionali e delle forze politiche. In piazza il Partito democratico e Sinistra italiana. Tra le adesioni anche quella di Fratelli d’Italia. Oltre ai cartelli «Stop war» e lo striscione «Ban Russia from swift», i simboli di Amnesty international, Sant’Egidio, altre realtà del terzo settore e la comunità ucraina. «È in atto un’aggressione inaccettabile. I confini di uno stato di diritto sono inviolabili, le armi si devono fermare subito senza condizioni per lasciare spazio alla diplomazia», ha dichiarato Gualtieri.

LA GIORNATA di mobilitazione più importante, comunque, è quella odierna. Sono una cinquantina i presidi convocati da sud a nord. All’appello lanciato dalla Rete pace e disarmo hanno risposto sindacati confederali, associazioni antifasciste, organizzazioni studentesche, partiti del centrosinistra e movimenti sociali. Tra i nomi spiccano quelli di Cgil, Cisl, Uil, Anpi, Acli, Emergency, Peacelink, Libera, Un ponte per, Sinistra italiana e Verdi. L’appuntamento centrale sarà a Roma alle 10.30 in piazza Santi Apostoli. Diversi collettivi e spazi sociali della capitale lo raggiungeranno partendo alla stessa ora dal Colosseo. A Milano il concentramento è alle 15 in piazza Cairoli, a Torino alle 11 in piazza Castello, a Bologna alle 18 in piazza Maggiore, a Napoli alle 11 in Largo Berlinguer. Presidi, divisi tra mattina e pomeriggio, sono previsti a Bari, Palermo, Catania, Cagliari, Firenze, Venezia e in molti altri centri minori.

«ANCORA UNA VOLTA si sceglie la follia della guerra, i cui impatti più devastanti ricadranno sui civili e le popolazioni inermi, per colpa di sete di potere, rivendicazioni nazionaliste, interessi particolari soprattutto legati al profitto armato», recita l’appello di convocazione della giornata. Oltre a condannare fermamente l’aggressione militare russa e chiedere lo stop immediato delle ostilità per proteggere la vita delle persone, la Rete pace e disarmo si rivolge alle istituzioni internazionali e in particolare a Italia e Unione Europea. Da un lato perché insistano con Mosca sulla fine dell’intervento, il ritiro delle truppe e la revoca del riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche del Donbass. Dall’altro perché facciano pressioni su Kiev affinché accetti gli accordi di Minsk e sciolga le milizie di matrice neonazista. Rivendicazioni nobili, ma di difficile realizzazione nel pieno dell’escalation militare.

LO SGUARDO della Rete, però, è rivolto anche al futuro prossimo con la consapevolezza che quando termineranno gli scontri sarà ancora più necessaria una spinta verso demilitarizzazione e disarmo. In questo senso vanno le richieste alla Nato affinché «ritiri le armi nucleari di stanza nei paesi membri» e agli Stati coinvolti dall’escalation: Stati Uniti, Russia e Ucraina «devono aderire al Trattato sulla proibizione delle armi atomiche».

* Fonte/autore: Giansandro Merli, il manifesto[1]

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