La guerra per il gas e la crisi ucraina, il (pericoloso) bluff continua

La guerra per il gas e la crisi ucraina, il (pericoloso) bluff continua

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L’analisi. Grazie alla sprovveduta Ue gli Usa si propongono, con l’«invasione russa» – che non c’è – come i fornitori dell’Europa. Ma è un bluff: per i costi, la logistica surreale e i danni ecologici

 

Sulla crisi Ucraina e del gas ormai il bluff è generalizzato. Lo sa il presidente francese Macron, ieri a Mosca e oggi Kiev, lo sa ancora meglio il timido cancelliere tedesco Scholz, tirato per le orecchie a Washington perché esita a scontrarsi con Putin. Il bluff è accompagnato dal sospetto che a minacciare davvero l’Europa non sia Putin quanto Biden, che sulla questione dei rifornimenti energetici da Mosca non ha purtroppo una posizione diversa da quella di Donald Trump.

La posta in gioco è una simulazione di guerra sì, ma del gas. La verità che è che gli americani vogliono far saltare il gasdotto Russia-Germania, il Nord Stream 2, dove nel consiglio è entrato anche l’ex cancelliere Schroeder. La sua caratteristica principale, quella che non piace agli americani, è di bypassare completamente gli Stati Baltici, quelli di Visegrad, l’Ucraina e la Bielorussia, spazzando via così qualsiasi eventuale pretesa da parte di questi Paesi di fare pressione su Mosca. Questi Paesi, tranne ovviamente la Bielorussia, pedina manovrata da Mosca, sono in gran parte pedine manovrate, attraverso la Nato, dagli Usa.

CON LA DISPONIBILITÀ della sprovveduta Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, gli americani vogliono far credere di potere essere loro, pronti al «soccorso», i fornitori dell’Europa. Questo è un bluff, dati alla mano, ancora più clamoroso dell’annunciata guerra in Ucraina. Senza dimenticare che la Commissione europea inserisce nella sua tassonomia verde addirittura il nucleare, non solo il gas – che, dice il governo rosso giallo verde tedesco che ha rinunciato al nucleare – pur ad ecologica e giusta scadenza ora serve per la transizione ecologica.

L’amico Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia e tra le voci più autorevoli in Italia sul tema, è sempre stato chiaro su questo punto: «I costi di produzione in Russia sono più bassi di almeno un terzo», «È assurdo pensare che si scelga di affidare il sistema energetico europeo a importazioni così lontane, con costi di trasporto elevatissimi, tenendo in considerazione anche il dispendio di energia, le perdite di metano, i danni ecologici».

SIA CHIARO, GLI AMERICANI il gas ce l’hanno eccome, più di quanto prevedessero. Vent’anni fa stavano per diventare importatori di gas poi si sono accorti di aver sbagliato i conti e hanno convertito le strutture sull’Atlantico per esportare. Sono pieni di gas e cercano di venderlo ovunque. Il problema è che è lontano e costa più di quello della Russia che arriva con le pipeline. Il Gnl americano viene estratto e poi liquefatto, quindi deve essere stoccato e poi trasportato sulle navi. Una volta giunto sulla terra ferma finisce nei rigassificatori. Nell’impianto di stoccaggio viene riportato alla forma gassosa ed è pronto al consumo.

Per capire perché il Gnl non un è sostituto del gas che arriva con le pipeline basta guardare i rigassificatori: sono impianti sfruttati poco perché il gas via nave costa molto di più e ci vorrebbero migliaia di metaniere per sostituire quello di Mosca. In poche parole il gas Usa sarebbe scelta demenziale, giustificata solo in un caso: lo stato di guerra. In poche parole la ventilata guerra in Ucraina è una simulazione di una guerra per il gas. Russia e Cina in questa crisi elaborano piani strategici ed energetici per il futuro, noi paghiamo la bolletta.

CHE NON CONVENGA lo dicono le cifre di Nomisma. Il consumo in Europa di gas nel 2020 è stato di 380 miliardi di metri cubi: le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti sono state di 23 miliardi di metri cubi, mentre quelle dalla Russia hanno toccato quota 145 miliardi. E le stesse proporzioni sono stimate per il 2021-22. È evidente che le operazioni sul gas americano hanno un carattere più politico che economico: non è in grado, a breve e medio termine, di competere con la Gazprom russa. Ecco il bluff.

CI SAREBBE POI DA riflettere sui fornitori alternativi. Il Tap dell’Azerbaijan, (tra gli azionista pure la russa Lukoil), può fornire al massimo 20 miliardi di metri cubi, il Nord Stream 2 almeno 55. Il Greenstream dalla Libia ha una portata teorica di 8 miliardi di metri cubi, ma per il caos libico – cominciato con la guerra Nato del 2011 con la Francia alla guida – ci sono continue interruzioni e per questo si è investito poco in un Paese con grandi risorse. Unica nota positiva è l’Algeria che sta pompando gas più del solito e a gennaio ha superato per un mese la Russia come maggiore fornitore.

POI CI SAREBBE L’IRAN, che ha la seconda riserva al mondo dopo Mosca, ma è sotto sanzioni e guarda sempre di più alla Cina. La guerra di Siria negli scorsi anni ha fatto saltare il progetto di portare il suo gas, via Iraq, sulle sponde del Mediterraneo, una pipeline che avrebbe ribaltato i rapporti energetici del Medio Oriente. Ecco uno dei motivi meno citati perché Bashar Assad, alleato storico di Teheran, è diventato a un certo punto il «nemico perfetto». I suoi nemici arabi, turchi e lo stesso Israele, oltre agli Stati uniti, non tolleravano che potesse avere risorse energetiche in proprio e di origine iraniana.

Ora gli Stati uniti – dopo essersi attivati da anni contro il Nord Stream 2 ma non riuscendo mai nell’impresa e alla fine dando con Biden un pur tacito consenso a Merkel perché «iniziativa privata» – , vorrebbero di fatto sanzionare al più presto anche il gas della Russia.
Insomma per gli americani l’Europa non deve avere gas a buon mercato: c’è il loro e costa molto di più. Non vi sembra un affare?

* Fonte/autore: Alberto Negri, il manifesto



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