by Adriana Pollice * | 2 Febbraio 2022 9:03
Quattro sigle sindacali proclamano lo stato di agitazione, senza risposte si arriverà allo sciopero. Filippi (Fp Cgil): «I dottori di famiglia rientrino nel Servizio sanitario nazionale in una filiera equiparata per tutti, a partire dalla formazione fino ai contratti e all’organizzazione»
«Proclamiamo lo stato di agitazione, vogliamo lavorare meglio per la cittadinanza»: è la posizione dei sindacali dei medici di base Fp Cgil, Smi, Simet, Federazione Cipe – Sispe – Sinspe. La comunicazione è stata inviata ieri, senza risposte si arriverà allo sciopero. Lo scenario che delineano le quattro sigle: «Il sistema di tracciamento sul territorio è saltato – si legge nella nota inviata al governo e alle regioni -, gli studi di medicina generale e pediatri di libera scelta sono presi d’assalto con richieste burocratiche legate al Covid. Le piattaforme regionali inefficienti non si interfacciano con il Sistema di tessera sanitaria e stanno rendendo difficoltosa l’attività rivolta ai pazienti affetti da patologie croniche, oncologiche, cardiache con o senza Covid 19».
DA SOLI IN PRIMA LINEA. Siamo entrati in pandemia dopo aver smantellato in molte regioni i servizi di prevenzione territoriale, i servizi di igiene e sanità pubblica (con il conseguente arretramento dell’offerta di salute di prossimità) e le sedi Inail: «Il sovraccarico di funzione ricade sugli studi dei medici». Studi che non possono sostituire servizi così ampi. Il risultato è la moltiplicazione dei carichi di lavoro, rischio di contagio, mancata conciliazione vita/lavoro con il conseguente abbandono di molti professionisti (proprio come sta avvenendo negli ospedali pubblici). E va male pure per i servizi di emergenza urgenza e del 118: «Carenza di personale, turni massacranti, mancato rispetto delle pause e dei riposi, privi delle minime tutele contrattuali, si moltiplicano gli abbandoni».
SIGLATO IL MESE SCORSO solo da alcune sigle (Fimmg, Cisl, Sisac) l’Accordo collettivo nazionale 2016-2018 per la medicina generale: «Non risponde alle criticità evidenziate – prosegue la nota – e anzi, nella proposizione di un modello organizzativo ormai superato che nella pandemia ha mostrato tutte le sue fragilità, diventa penalizzante per i medici da un punto di vista retributivo e professionale». La richiesta è una decisa semplificazione delle procedure con il conseguente sgravio della parte burocratica che ricade sui medici. E la dematerializzazione delle prescrizioni come avviene per i farmaci di fascia A anche per quelli di fascia C (non salvavita).
SUL TAVOLO, soprattutto, c’è il radicale ripensamento del comparto. Spiega Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici: «Rivendichiamo un’organizzazione della medicina generale fondamentalmente diversa, che superi il modello incentrato sugli studi con i medici che lavorano da soli, senza sostegno e senza riferimenti nel Servizio sanitario nazionale. Questo sistema, sbagliato, sta generando una situazione ancora più drammatica poiché i medici di base sono costretti a diventare scribacchini, nonostante non lo vogliano, sovraccaricati di compiti burocratici che nella pandemia sono cresciuti esponenzialmente: procedure di messa in quarantena, di isolamento, di fine isolamento, certificazioni Inps e Inail, il tracciamento nelle scuole. Smantellati i servizi di igiene e sanità, tutto ricade (anche il piano amministrativo) sui medici di base. Il primo avamposto è quello peggio organizzato».
LA FP CGIL chiede assunzioni: «Mancano almeno 20mila professionisti – prosegue Filippi -. Non si trovano i sostituti, ci vogliono più borse di studio per formare i medici di base. Le regioni chiedono di aggiungere al massimale di 1.500 pazienti a medico altri 500, ma come si fa a dare assistenza così? Chiediamo che la medicina generale rientri nel Ssn: vogliamo che tutti i camici bianchi lavorino insieme intorno al cittadino in una filiera coordinata ed equiparata per tutti, a partire dalla formazione fino ai contratti e all’organizzazione».
LA RIFORMA DEL SSN, così come si sta delineando, non convince la Fp Cgil: «Il ministro Speranza parla di distretti e case di comunità da creare con i fondi del Pnrr ma dentro, finora, ci sono solo gli infermieri – conclude Filippi -. La proposta sulle cure primarie che sta preparando lascerà i medici di medicina generale nei loro studi a lavorate ancora in quota capitaria (cioè con un compenso ad assistito ndr). Ma la maggior parte dei medici chiede di essere pagata a orario, di rientrare nel Ssn con un progressivo superamento dell’attuale sistema utilizzando un meccanismo volontario. La riforma del ministero, così come prospettata, non è una vera riforma. Serve solo a intercettare le risorse europee e ad accontentare i sindacati corporativi che vogliono lasciare i medici negli studi».
* Fonte/autore: Adriana Pollice, il manifesto[1]
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