by Anna Maria Merlo * | 11 Febbraio 2022 9:20
Nel programma del presidente, dal forte risvolto elettorale: 6 nuovi siti dal 2035, altri 8 allo studio e proroga delle centrali in servizio al di là dei 50 anni. Nei piani anche l’aumento del 10% del solare e la costruzione di 50 parchi eolici in mare entro il 2050
PARIGI. Di fronte all’impennata dei prezzi dell’energia, alle minacce di penuria per le tensioni di guerra con la Russia e alla necessità di ridurre le emissioni di Co2 per far fronte al riscaldamento climatico, i paesi europei sono nel panico. La risposta francese è una combinazione tra la ripresa del «filo della grande avventura del nucleare civile», con la costruzione di 6 nuovi reattori Epr2 di nuova generazione dal 2035 (e la messa allo studio di altri 8 addizionali, oltre al prolungamento della vita delle centrali in servizio al di là dei 50 anni) e, allo stesso tempo, una moltiplicazione per 10 del solare e la costruzione di 50 parchi eolici in mare entro il 2050.
QUESTO PROGRAMMA, che ha anche un forte risvolto elettorale, è stato annunciato ieri da Emmanuel Macron a Belfort, all’ombra della fabbrica di turbine Arabelle, che Edf (società elettrica, 84% di capitale pubblico) ha ricomprato, dopo essere stata venduta nel 2015 all’americana General Electric (con decisione approvata dall’allora ministro dell’Economia, lo stesso Macron).
Macron, che nella campagna delle presidenziali del 2017 aveva promesso una riduzione della produzione di elettricità dal nucleare al 50% (oggi è superiore al 70%) e ha chiuso la vecchia centrale di Fessenheim (2 reattori), cambia quindi strada, torna al passato sul nucleare e rimette Edf al centro. Il nucleare viene giudicato indispensabile per raggiungere la neutralità carbone nel 2050 e «fare in 30 anni della Francia il primo grande paese a uscire dalle energie fossili e rafforzare l’indipendenza energetica e industriale nell’esemplarità climatica». Macron vende il nucleare “verde”.
Per il presidente ci sono due «grandi cantieri del secolo»: il primo è ridurre i consumi di energia del 40% nei prossimi 30 anni, la «sobrietà» non la «decrescita» né le «restrizioni», ma «l’innovazione», «la trasformazione industriale», gli investimenti mirati. Il secondo è produrre energia decarbonata, «uscire dalle energie fossili», ma produrre di più (+60%) per far fronte all’aumento della domanda di elettricità. Macron ripropone la narrazione tradizionale dell’indipendenza energetica (e politica) della Francia, iniziata da De Gaulle e rilanciata alla grande dopo la crisi petrolifera del ’73-’74, con la costruzione allora di 13 reattori (a Belfort ieri era accompagnato dall’ex ministro Jean-Pierre Chevènement, della sinistra sovranista, che ai tempi di Mitterrand ha inaugurato una centrale).
MACRON AMMETTE: «Siamo in ritardo» sulle rinnovabili, che in Francia – soprattutto l’eolico – suscitano grande opposizione per ragioni paesaggistiche e di difesa degli habitat animali. Macron ha spiegato che lo sviluppo delle rinnovabili è indispensabile a breve, poi la sicurezza dell’approvvigionamento verrà dal rilancio del nucleare (ci vogliono almeno 15 anni per costruire una centrale). La Francia ha perso know how, la centrale Epr di Flamanville, in costruzione, dovrebbe entrare in attività alla fine di quest’anno, con dieci anni di ritardo. La costruzione di un altro Epr da parte dei francesi, in Finlandia, ha accumulato 12 anni di ritardo e i prezzi esplodono.
Rte, il gestore delle reti di trasporto di elettricità, nell’ottobre scorso aveva presentato 6 scenari, con più o meno nucleare: Macron ha scelto una via intermedia, con l’impegno a costruire 6 nuovi reattori (e metterne allo studio altri 8), a cui ha aggiunto il prolungamento della vita dei 56 oggi in attività oltre i 50 anni. I costi saranno enormi: per la prima batteria di 6 reattori, si parla di 50-60 miliardi di euro (di qui l’importanza di inserire il nucleare nella “tassonomia” europea, per poter attirare investimenti privati). I costi esplodono già oggi, con 8 reattori chiusi e altri 3 in chiusura per manutenzione, con problemi di corrosione.
«ELETTORALISMO», «opportunismo», ha reagito il candidato di Europa Ecologia alle presidenziali, Yannick Jadot: «Macron condanna la Francia a un secolo di nucleare». Jadot promette la chiusura dei reattori più vecchi e lo sviluppo delle rinnovabili, «ma sono responsabile, garantirò la fornitura di elettricità a famiglie e imprese». Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, che in un primo tempo si era impegnato a uscire dal nucleare nel 2030, adesso parla del 2045, «non è questione tecnica, ma politica». Per la socialista Anne Hidalgo, la fine del nucleare non potrà arrivare prima del 2050, con le rinnovabili, ma fino ad allora la Francia «ha bisogno del nucleare». Il candidato del Pcf, Fabien Roussel, è favorevole al nucleare, che «risponde alle necessità» dei 3 milioni di francesi in situazione di «precarietà energetica». Destra e estrema destra sono ultra favorevoli al nucleare.
* Fonte/autore: il manifesto[1]
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