La Germania abbandona il nucleare e chiude le prime tre centrali

La Germania abbandona il nucleare e chiude le prime tre centrali

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«Nein Danke». Entro Capodanno verranno scollegati i tre siti più obsoleti, il phase out verrà completato nei dodici mesi successivi. Ma l’enorme nodo da sciogliere rimane l’«Endlager»: il deposito finale delle scorie pericolose dovrà essere operativo a partire dal 2031

 

Mancano solo 48 ore, poi i tecnici delle sale di controllo scollegheranno dalla rete elettrica metà delle centrali atomiche del Paese. Fuori servizio per sempre gli impianti «pericolosi e inutili» di Gundremmingen (Baviera), Grohnde (Bassa Sassonia) e Brokdorf (Schleswig-Holstein). Staccate simultaneamente nella notte di Capodanno, proprio come promesso dieci anni fa da Angela Merkel su pressione del movimento antinuclearista ed esattamente come ribadito nel patto di governo dei partiti della coalizione Semaforo.

Senza rischi di black-out neppure nella nuova era della crisi energetica: le rinnovabili permettono alla Germania di generare il surplus equivalente alla produzione di quattro centrali nucleari che vende ad Austria, Norvegia e perfino alla Francia in deficit di Watt nonostante i 56 impianti atomici in funzione.

A BERLINO QUINDI, contrariamente agli orientamenti di Bruxelles, si procede spediti con il phase out dal nucleare deciso all’indomani del disastro di Fukushima che verrà completato entro dodici mesi con la chiusura degli ultimi tre impianti nucleari operativi: Emsland, Neckarwestheim e Isar-2. Seguirà lo smantellamento dei reattori che durerà almeno vent’anni e lo smaltimento che invece sarà praticamente infinito. L’eredità della sola centrale di Gundremmingen corrisponde a 89 mila tonnellate di rifiuti radioattivi prodotti dal 1967, di cui un ottavo non potrà essere riciclato. Si aggiungono alla montagna di 28.000 metri cubi di scorie da seppellire nell’«Endlager», una miniera di sale o granito in grado di contenere ciò che resta del programma nucleare 1962-2022, che il governo non ha ancora trovato.

Comunque a Capodanno in Germania si celebra la storica vittoria del Nein Danke scandito dagli antinuclearisti dagli anni Ottanta. Nel comune di Brokdorf tra i prodotti della centrale che chiude c’è anche la guerriglia tra 40 mila manifestanti e la polizia nel 1986, cinque anni dopo la costruzione. Ricordo inimmaginabile nell’era dei Grünen al potere non solo a livello federale. «La chiusura di Brokdorf dopo 35 anni di servizio rappresenta un nuovo inizio per il nostro Land – sottolinea Jan Philipp Albrecht, ministro dell’energia dei Verdi dello Schleswig-Holstein – l’attuale ritmo di espansione delle rinnovabili fra non molto ci garantirà l’approvvigionamento completo di elettricità da fonti pulite. Impatto climatico zero vuol dire anche posti di lavoro sostenibili». Anche a Brokdorf il distacco dei cavi dalla rete elettrica è solo l’inizio: entro gennaio bisognerà stoccare nella piscina ben 193 barre di combustibile nucleare in attesa dello smaltimento definitivo che – sostiene il ministro – «potrebbe durare fino al 2040».

In ogni caso in Bassa Sassonia il 31 dicembre sarà l’ultimo giorno della lunga vita della centrale di Grohnde, penultimo impianto nucleare del Land e il più longevo della Germania. «Un risultato dovuto principalmente alla costante lotta del movimento antinucleare. Adesso è chiaro perfino al governo: l’energia nucleare è pericolosa, costosa e anche inquinante come dimostrano le emissioni di CO2 prodotte dall’estrazione e dall’arricchimento dell’uranio. La Commissione europea commetterebbe un errore fatale a classificarla come tecnologia sostenibile» sottolinea Anne Kura, leader dei Verdi della Bassa Sassonia, esperta di politica energetica europea.

MENTRE IN BAVIERA si festeggia anche la mancata perdita dei posti di lavoro. Nella centrale di Gundremmingen agli attuali 500 dipendenti a inizio mese sono stati affiancati sette nuovi apprendisti: lo smantellamento del reattore previsto dopo metà 2030 necessita di un vero e proprio esercito di tecnici e operai. Il problema, semmai, è che le imprese addette alla sicurezza degli impianti mantengano gli impegni contrattuali con i vigilantes, come chiedono i sindacati.

IL VERO, ENORME, nodo da sciogliere però rimane l’«Endlager»: il deposito finale delle scorie pericolose dovrà essere operativo a partire dal 2031. Alla fine del 2020 l’Agenzia federale per lo smaltimento dei rifiuti atomici (Bge) ha trasmesso al governo la relazione sulle aree possibili con la lista delle 90 zone adatte a ospitare «un buco sotterraneo profondo almeno 300 metri con spessore non inferiore a 100 metri di roccia» capace della tenuta stagna «per un milione di anni» di 2.000 bidoni tossici impossibili da smaltire diversamente.

La ricerca era iniziata tre anni prima dopo che settanta esperti della Bge avevano escluso l’attuale deposito sotterraneo di Gorleben, in Bassa Sassonia e cominciato a cercare le aree alternative «naturalmente predisposte». Corrispondono a oltre il 54% del territorio nazionale: a beccarsi da qui all’eternità i rifiuti delle centrali nucleari dismesse potrebbero essere la Baviera, la Bassa Sassonia, il Baden-Württemberg, l’Assia o un Land dell’ex Ddr.

* Fonte: Sebastiano Canetta, il manifesto

 

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