by Luigi De Biase * | 2 Dicembre 2021 9:33
Ucraina. A pochi giorni dalla clamorosa denuncia di un golpe imminente «il 1 o il 2 dicembre»
Di Aleksander Poklad conosciamo il nomignolo che circola su siti ucraini e russi, «lo strangolatore di Kremenchug», come ha scritto il portale strana.ua, e il ruolo svolto nei ranghi dei servizi segreti su un paio di golpe che lui stesso avrebbe sventato quando il presidente era Petro Poroshenko, e che in fin dei conti sembrerebbero enormi montature per eliminare oppositori, critici e probabilmente rivali.
A Poklad, originario di una cittadina sulla sponda orientale del fiume Dnepr, a lungo in servizio nella polizia di Poltava, il leader ucraino, Volodymyr Zelensky ha assegnato martedì la guida del controspionaggio, una decisione assunta dopo avere liquidato senza spiegazioni il generale Aleksander Rusnak, che era da due anni a capo di quella sezione dell’Sbu. Il cambio ai vertici dell’intelligence arriva a pochi giorni di distanza dal clamoroso incontro con la stampa nel corso del quale Zelensky aveva denunciato l’ipotesi di un colpo di stato imminente, e i colpi di stato, a ben vedere, sono esattamente la specialità di Poklad, coinvolto in alcuni dei casi giudiziari più controversi degli ultimi anni, come le discutibili accuse di tradimento che hanno costretto alla fuga dall’Ucraina l’industriale Mikhail Labutin, e il clamoroso arresto del generale Valery Shaitanov, una spia dei russi, secondo le tesi di Poklad, che avrebbe lavorato a due attentati, uno contro l’ex ministro dell’Interno Arsen Avakov e l’altro contro il combattente ceceno Adam Osmaev, ma la cui colpevolezza rimane tutta da dimostrare.
In Russia ritengono, poi, che Poklad abbia formato a Kiev dopo la «rivoluzione» del 2014 «squadroni della morte» con il compito di rapire indipendentisti nel Donbass. A questi famigerati squadroni, sempre secondo fonti russe, andrebbe imputata l’uccisione di Alexander Zakharchenko, morto nel 2018 nell’esplosione di una autobomba quando era presidente della Repubblica di Donetsk. È in quegli ambienti che Poklad è diventato «lo strangolatore» per i metodi usati con i prigionieri. Le testimonianze in proposito sono vecchie di almeno tre anni.
La presenza di uomo con questa carriera alle spalle in un ufficio centrale per gli equilibri del paese dice molto sulla fase che l’Ucraina affronta. Zelensky aveva detto che il golpe era in programma «il primo o il 2 dicembre», senza fornire alcuna prova a sostegno della tesi: gli è bastato citare registrazioni con gli scambi fra alcuni agenti russi e il miliardario Rinat Akhmetov, che vive a Londra ormai da tempo ed è legato all’Ucraina da un patrimonio vicino agli otto miliardi e mezzo di dollari e dall’influenza che i suoi sterminati interessi gli permettono di mantenere sugli affari di casa.
Ancora non ci sono stati arresti, ma è legittimo aspettarsi qualche sviluppo nelle prossime ore. Sarà Poklad lo strangolatore a riferire su quel che accade. I segnali lanciati da Zelensky in questa fase delicata non sono peraltro finiti con la nomina dei nuovi vertici del controspionaggio. Ieri alla Rada ha premiato con il titolo di Eroe dell’Ucraina un uomo di ventisei anni di nome Dmitro Kotsyubaylo, conosciuto in battaglia come Da Vinci. Kotsyubaylo-Da Vinci comanda dal 2015 la prima compagnia d’assalto di Pravyy Sektor, l’organizzazione di estrema destra considerata in Russia alla stregua di un gruppo terroristico.
L’anno prima aveva preso parte alla rivolta di piazza contro l’ex presidente Viktor Yanukovich, si era arruolato come volontario in Donbass, era stato ferito gravemente nella battaglia di Pisky, e dopo appena tre mesi di convalescenze era tornato al fronte per combattere i separatisti. Zelensky ha voluto riconoscere «il coraggio personale dimostrato nel difendere la sovranità statale e l’integrità territoriale del paese». Anche Kotsyubaylo-Da Vinci, tuttavia, è abbastanza noto a chi frequenta le cose dell’Ucraina. La scorsa primavera un giornalista del New York Times lo ha incontrato nel sobborgo industriale di Adviivka, che un tempo era un quartiere alla prima periferia di Donetsk e oggi si trova lungo la linea di confine con la Repubblica autonoma.
In quella cittadina, nella caserma assegnata a Pravyy Sektor, i paramilitari tengono un lupo in una gabbia. «Lo sfamiamo con le ossa dei bambini che parlano russo», aveva detto, ironicamente, il nuovo eroe dell’Ucraina ai reporter americani.
* Fonte: Luigi De Biase, il manifesto[1]
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