Ora sappiamo perché Whirlpool mercoledì ha mandato le 321 lettere di licenziamento ai lavoratori di Napoli. Perché sapeva già che il tribunale del lavoro aveva rigettato il ricorso dei sindacati e ha dunque anticipato le lettere prima ancora che il dispositivo della sentenza fosse reso pubblico. Le nove pagine di decreto firmate dalla giudice Maria Rosaria Lombardi infatti sono datate «3 novembre» ma il deposito del provvedimento è avvenuto di pomeriggio a cancelleria già chiusa e l’invio alle parti dunque solo nella mattina ieri.
LA MULTINAZIONALE AMERICANA mercoledì evidentemente conosceva l’esito ma non aveva il documento e dunque non l’ha reso pubblico. Ma non ha perso tempo e ha inviato le lettere che chiudono la procedura di licenziamento iniziata il 15 luglio mettendo fine alla storia della fabbrica aperta ad inizio anni settanta dall’Indesit e passata a Whirlpool nel 2015.
LA DECISIONE DI CHIUDERE la produzione di lavatrici di alta gamma e di delocalizzare in Polonia era al centro del ricorso di Fim, Fiom, Uilm per comportamento antisindacale. Sulla scorta della vittoria nella vertenza Gkn, i sindacati metalmeccanici contestavano il mancato rispetto del piano industriale sottoscritto con Whirlpool e governo nell’ottobre 2018 che prevedeva «il trasferimento di una produzione da Comunanza» (Ascoli Piceno) e «17 milioni di investimenti». Invece nel giro di sette mesi la multinazionale a maggio 2019 annunciava la chiusura di Napoli lamentando «un calo della domanda mondiale di lavatrici».
Ma la giudice ha rigettato il ricorso sostenendo che «la modifica del piano industriale» è «lecita in quanto esplicazione della libertà di iniziativa economica» e che l’azienda ha rispettato l’impegno a non licenziare entro il 2020 e ha mantenuto il «confronto» con i sindacati citando i «27 incontri» (inconcludenti) fatti al Mise e financo il rifiuto sindacale nell’agosto 2019 alla «proposta di cessione da parte di Whirlpool» alla Prs, un’azienda che aveva poche migliaia di euro di capitale e opera nel refrigeramento.
«Il decreto lascia totalmente insoddisfatti per le argomentazioni e motivazioni addotte, che recepiscono acriticamente le tesi della società – commenta l’avvocato Lello Ferrara, legale della Fiom -. . L’intero provvedimento si basa sul principio della “libertà di iniziativa economica” che, a detta del giudice, “non può essere vincolato se non per volontà dell’avente diritto”, che è quanto esattamente avvenuto: la società ha vincolato tale sua libertà, impegnandosi alla realizzazione dei piani industriali, tranne poi non effettuare alcun investimento su Napoli. È evidente che tutto ciò, ovvero la cosiddetta “inesigibilità degli accordi”, produce danno alle organizzazioni sindacali, “incapaci” di svolgere il loro ruolo e far rispettare gli accordi».
CON QUESTO PRONUNCIAMENTO dunque finisce la storia di Whirlpool. Ma non la lotta degli operai di Napoli che ieri in assemblea hanno dato l’ennesima prova di unità. Testimoniata dal fatto che in due anni e mezzo sono rimasti in 321 dai 420 iniziali: al netto di pensionamenti e decessi, in pochi hanno accettato la buona uscita da 85 mila euro proposta dalla multinazionale per dimettersi (l’alternativa era trasferirsi a Cassinetta, Varese, a 830 chilometri di distanza senza incentivo alcuno). Il loro obiettivo, assieme alla Fiom, è quello di «tornare tutti a produrre a via Argine». La strada è ora quella del fantomatico «consorzio» messo assieme dalla viceministra Alessandra Todde con Invitalia e aziende top secret perché «quotate in Borsa» che dovrebbe rilevare la fabbrica e far partire a maggio 2022 varie produzioni di «mobilità sostenibile».
LA PRESSIONE È ORA TUTTA sul governo. Che non è riuscito in queste settimane a mantenere la promessa di «continuità occupazionale» tramite un «contenitore» che facesse passare i lavatori da Whirlpool al «consorzio», evitando il licenziamento. I tempi sono ora ancora più decisivi: governo e rappresentante del consorzio hanno confermato la presentazione del piano industriale entro il 15 dicembre. Da quel momento dovrebbero partire acquisizione dell’area, preparazione della produzione e assunzioni.
«In questi anni però abbiamo ascoltato le promesse di tre ministri e di tre presidenti del consiglio, nessuna delle quali è stata mantenuta: noi continueremo la nostra lotta ma ora vogliamo fatti concreti», chiosa Rosario Rappa, segretario della Fiom Napoli.
Ieri intanto la solidarietà degli altri lavoratori di Whirlpool è già arrivata: ultime 2 ore di tutti i turni a Cassinetta, oggi a Melano, Siena e Comunanza e Carinaro.
* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto