by Emiliano Squillante * | 14 Novembre 2021 19:06
Crisi migratoria . Con un nuovo pacchetto di sanzioni europee in arrivo e l’annuncio della costruzione di un muro al confine da parte di Varsavia, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha infatti minacciato di chiudere il gasdotto Yamal-Europa sul proprio territorio nazionale
«Nessun coinvolgimento» nella crisi al confine tra Polonia e Bielorussia, dove da giorni ci sono circa 4.000 migranti bloccati alla frontiera in condizioni disperate (è di ieri la notizia del ritrovamento del corpo di un siriano nei boschi circostanti). A ribadirlo il presidente russo Vladimir Putin, che in un’intervista rilasciata ieri ha accusato la Polonia di andare «contro gli ideali umanitari dell’Ue», con guardie di frontiera che «picchiano i migranti, sparano sopra le loro teste e accendono sirene e luci vicino gli accampamenti».
TRA LA FRONTIERA polacca sigillata e Minsk che spinge i rifugiati a varcare i confini Ue, Putin «spinge» per una normalizzazione attraverso un dialogo tra le parti interessate. Non solo per creare condizioni adeguate ad accogliere i migranti, ma soprattutto a fronte di possibili tensioni sulle forniture di gas ai paesi europei: tema a cui Mosca guarda con grande attenzione all’indomani del completamento del gasdotto Nord Stream 2. Con un nuovo pacchetto di sanzioni europee in arrivo e l’annuncio della costruzione di un muro al confine da parte di Varsavia, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha infatti minacciato di chiudere il gasdotto Yamal-Europa sul proprio territorio nazionale.
MINACCIA che il premier polacco Mateusz Morawiecki ha additato come sostenuta proprio da Putin: ipotesi tacitamente accettata da Bruxelles ma che appare per certi aspetti inverosimile. Tanto che Putin, oltre ad accusare Varsavia (affermando che le organizzazioni criminali che trafficano i migranti hanno sede proprio in Europa), ha preso le distanze dallo stesso Lukashenko. «Può interrompere le nostre forniture, essendo il capo di Stato di un paese di transito: ma ciò costituirebbe una violazione del nostro contratto, danneggerebbe il comparto energetico europeo e non contribuirebbe allo sviluppo dei nostri rapporti bilaterali», ha detto Putin, che alla stabilità del mercato guarda con attenzione.
Non tanto per possibili carenze nelle forniture dopo l’interruzione del flusso in Bielorussia: a soffrire sarebbero infatti Paesi come Ucraina e Bulgaria, totalmente dipendenti dal gas russo, mentre quelli della «vecchia Europa» possono contare sul gas proveniente da Mare del Nord, Azerbaigian e Algeria. Ma piuttosto perché il mancato rispetto di un contratto di transito potrebbe creare un pericoloso precedente per il futuro, con il Nord Stream 2 pronto ad entrare in funzione a fine anno e già sotto minaccia di sanzioni Usa.
IN OGNI CASO, è probabile che le minacce di Lukashenko rimangano tali: nonostante sia vero che in passato il presidente bielorusso non è sempre stato un alleato affidabile per Putin, come per il mancato consolidamento dell’Unione statale tra i due Paesi, dopo le elezioni presidenziali del 2020 i rapporti bilaterali si sono rafforzati sensibilmente.
E lo dimostra l’invio venerdì scorso di un’unità di paracadutisti russi in Bielorussia, per partecipare ad un’esercitazione tattica congiunta: una risposta, secondo Mosca, alle esercitazioni navali che la Nato sta portando avanti nel Mar Nero, non pianificate, che Putin ha indicato come una «seria sfida» vista la partecipazione di componenti aeree dotate di armi strategiche. Alla Bielorussia, sotto attacco su tutti i fronti, non rimane che aggrapparsi a Mosca che è adesso il suo unico alleato: senza contare che un’interruzione delle forniture di gas russo farebbe perdere al paese i diritti di transito, danneggiando drasticamente il bilancio statale, come ha fatto notare una portavoce della Commissione Ue.
* Fonte:
il manifesto[1]
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