by Gianni Beretta * | 9 Novembre 2021 8:58
Guerra dei numeri: 65% di affluenza secondo il governo, 80% di astensionismo secondo le organizzazioni semiclandestine d’opposizione. Esito scontato: quarto mandato per l’attuale capo di stato, con la moglie Rosario Murillo che da vice diventa co-presidente
Ironia della sorte, in queste prime consultazioni in Nicaragua dalla rivolta popolare del 2018 soffocata nel sangue, il 75% dei suffragi che il governo di Daniel Ortega si attribuisce coincide con i sondaggi indipendenti della vigilia della società di consulenza americana Gallup, che lo accreditava di un 19% (comunque la metà rispetto all’orteguismo degli esordi). I conti infatti tornano se, alla rovescia, si considera al contempo il tasso di astensione, con le organizzazioni semiclandestine d’opposizione Urnas Abiertas e Observatorio Ciudadano che (mentre il regime dichiara un 65% di affluenza) assicurano che l’80% degli aventi diritto avrebbe raccolto l’invito a restare a casa.
LE IMMAGINI DI URNE DESERTE e numerosi dati filtrati dai seggi raccontano di una farsa elettorale. Gran parte degli elettori sarebbero stati dipendenti pubblici che in ufficio dovevano mostrare il polpastrello macchiato di tinta indelebile, un’usanza post voto seguita da sempre in Nicaragua per scongiurare che qualcuno possa votare più volte.
Il 10 gennaio prossimo dunque Ortega inaugurerà il suo quarto mandato consecutivo. Ma con un’ennesima bizzarra invenzione: sua moglie Rosario Murillo da vicepresidente e factotum del governo quale è diventa co-presidente. Quindi in caso di morte del 76enne Daniel gli subentrerà automaticamente. Aldilà della figura messianica del leader, è lei figura centrale dell’orteguismo (al cui interno non è peraltro particolarmente amata) da quando nel ‘98 sconfessò la figlia Zoilamerica che accusava il padrastro Ortega di aver abusato in passato di lei.
È STATA MURILLO a promettere la legge contro l’aborto alla vigilia del reinsediamento del marito alla presidenza nel 2007, ingraziandosi i favori dell’ex nemico n.1 della rivoluzione sandinista, il cardinale di Managua Obando y Bravo (che subito dopo li risposò in chiesa) e rinnovando il patto con l’oligarchia locale. Con le sue pratiche esoteriche e i suoi circa 35 anelli alle dita (uno contro ogni specifico malocchio) la poetessa Rosario si è così rifatta dello smacco di non essere stata nominata ministro della Cultura durante la rivoluzione, al posto del grande padre-poeta Ernesto Cardenal.
Con queste elezioni si consolida fatalmente in Nicaragua la dinastia della famiglia Ortega, i cui numerosi figli/e, generi e nuore sono piazzati nei posti chiave dell’amministrazione, dei media e della sicurezza.
* Fonte: Gianni Beretta, il manifesto[1]
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