World Meteorological Organization: gas serra fuori controllo anche col Covid

by Luca Martinelli * | 26 Ottobre 2021 11:03

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Ambiente. Rapporto dei climatologi dell’Onu sulle emissioni di Co2 nel periodo pandemico. Cop26 a rischio fallimento: Johnson chiama Putin

Nuovo anno, nuovo record: la World Meteorological Organization (Wmo), l’agenzia meteorologica dell’Onu, presenta così la nuova edizione del «Greenhouse Gas Bulletin», il bollettino dei gas serra che diventa un bollettino di guerra in vista della Cop26 al via tra pochi giorni a Glasgow. Anche lo scorso anno, infatti, l’eccesso di gas serra nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo picco, con un tasso di incremento annuo superiore alla media 2011-2020.

LA CONCENTRAZIONE di anidride carbonica (CO2), il più importante gas serra, ha raggiunto le 413,2 parti per milione nel 2020, un livello che è il 149% del livello preindustriale. Il metano (CH4) è al 262% e il protossido di azoto (N2O) è al 123% dei livelli del 1750, quando le attività umane hanno iniziato a disturbare l’equilibrio naturale della Terra. La tendenza continua nel 2021.

NEMMENO IL LOCKDOWN e il freno dell’economia globale imposto del Covid-19, con una riduzione complessiva del 5,6% delle emissioni di CO2, sono serviti e del resto i climatologi lo dicevano già: la riduzione delle emissioni puntuali non ha alcun impatto visibile sui livelli atmosferici dei gas serra. Questo succede perché circa la metà della CO2 emessa dalle attività umane rimane nell’atmosfera, mentre l’altra metà è assorbita dagli oceani e dagli ecosistemi terrestri: il «Greenhouse Gas Bulletin» ha però segnalato la preoccupazione che la capacità degli ecosistemi terrestri e degli oceani di agire come pozzi possa diventare meno efficace in futuro, riducendo così la loro capacità di assorbire l’anidride carbonica e di agire come un tampone contro l’aumento della temperatura.

«IL GREENHOUSE GAS Bulletin contiene un chiaro messaggio scientifico per i negoziatori climatici alla Cop26», avverte il segretario generale della Wmo, Petteri Taalas, «siamo molto fuori strada». Se non si cambia, «entro la fine di questo secolo assisteremo a un aumento della temperatura di gran lunga superiore agli obiettivi dell’Accordo di Parigi che puntava a contenerlo tra +1,5 e +2 gradi al di sopra dei livelli preindustriali» segnala Taalas. La quantità di CO2 nell’atmosfera ha superato la pietra miliare di 400 parti per milione nel 2015 e solo cinque anni dopo ha già superato le 413 ppm. «Questo è più di una formula chimica e di cifre su un grafico. Ha grandi ripercussioni negative per la nostra vita quotidiana e il nostro benessere, per lo stato del nostro pianeta e per il futuro dei nostri figli e nipoti», ha detto il professor Taalas. L’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione paragonabile di CO2 è stato 3-5 milioni di anni fa, quando la temperatura era 2-3°C più calda e il livello del mare era 10-20 metri più alto di adesso. E allora non c’erano 7,8 miliardi di persone.

A POCHI GIORNI dall’appuntamento di Glasgow, quello dell’agenzia meteorologica è il secondo avvertimento delle Nazioni Unite in vista della COP26, dopo che l’altra settimana il «Production Gap Report» dell’agenzia ambientale Onu aveva evidenziato come i Paesi stiano pianificando ricerca ed estrazione di combustibili fossili come se non fossimo immersi in una crisi climatica senza precedenti. Se dal campo scientifico passiamo a quello del bla, bla, bla, ieri la notizia è che il premier britannico Boris Johnson ricevendo alcuni studenti a Downing Street si è detto «molto preoccupato» sulla riuscita della conferenza Onu sul clima che si aprirà domenica proprio sotto la presidenza del Regno Unito.

IL VERTICE, SECONDO IL PRIMO ministro, «potrebbe andare male» in quanto non si potrebbe raggiungere un accordo fra gli Stati sugli obiettivi per ridurre le emissioni di gas serra nei prossimi anni. Questo «potrebbe essere molto difficile», ha sottolineato ancora Johnson, anche a causa delle molte defezioni, tra cui quelle del presidente cinese Xi Jinping e di quello russo Vladimir Putin oltre ad altri leader di grandi economie emergenti. Per salvare la Cop26, ieri Johnson ha chiamato proprio Putin: il leader russo avrebbe assicurato gli impegni di Mosca.

L’UE, INTANTO, ha ribadito il proprio impegno: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aprendo i lavori della Settimana Ue dell’energia sostenibile, ha assicurato che Bruxelles «farà di tutto». La presidente della Commissione ha anche invitato le economie sviluppate a colmare il divario nei finanziamenti per la transizione ecologica ai Paesi poveri, cioè il fondo da 100 miliardi di dollari deciso nel 2010 a Cancun. L’obiettivo era raccogliere la cifra entro il 2020, ma secondo un nuovo report Ocse l’obiettivo non sarà raggiunto fino al 2023, con tre anni di ritardo.

* Fonte: Luca Martinelli, il manifesto[1]

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