Trieste, i portuali rilanciano la protesta: «No all’obbligo per i sanitari»
In piazza, Puzzer riferisce ai colleghi l’incontro con Patuanelli: «Aspettiamo martedì». Il Coordinamento fatica ad accettare l’attesa, ma il leader assicura: «Non molleremo» E poi: «Abbiamo chiesto le scuse del governo per quello che è successo lunedì, a noi, a Trieste e a tutti gli italiani»
TRIESTE. Splende il sole su Piazza Unità e qualche centinaio di persone si riunisce per sentire l’esito dell’incontro tra il Coordinamento 15 ottobre e il ministro Patuanelli. Davanti alla prefettura la mattinata si riempie di slogan «no green pass» mentre tanta gente passeggia nella piazza, chiacchiera, fotografa i palazzi intorno. Tipica giornata triestina limpidissima, sole caldo e borino fresco. La città si è rianimata, tutte le strade intorno al salotto buono sono piene di un tranquillo passeggiare, di tavolini dove si prende un caffè o un bicchiere di vino. Persino qualche turista, austriaci soprattutto, si fa rivedere; le quattro navi bianche che hanno rinunciato a Trieste in questo fine settimana sembrano dimenticate.
IN PIAZZA UNITÀ c’è aria di attesa ma anche di soddisfazione, quasi di festa, probabilmente per quel ritrovarsi assieme dopo un venerdì grigio e piovigginoso con tante aspettative deluse. Ricompaiono un po’ di portuali con i loro gilet gialli e anche alcuni camalli del porto di Genova con le giacche arancioni: gran strette di mano, un poco distanziati, qualche genovese con la mascherina ma sono gli unici in piazza. «Siamo qui per esprimere solidarietà ai nostri colleghi. Puzzer ha parlato anche per noi, ci mancherebbe, ha fatto il suo percorso… non abbiamo nessun incontro, siamo una piccola delegazione spontanea». Cosa chiedono dal canto loro? «No, non abbiamo nessuna richiesta specifica».
STEFANO PUZZER arriva in piazza alle 11 precise come da comunicato stampa. Non esce dalla prefettura perché il confronto con il governo si è tenuto altrove per ragioni di sicurezza. Sale sul basamento di uno dei piloni portabandiera in fondo alla piazza, sullo sfondo un mare blu acceso come sempre quando c’è vento; eccolo al fianco degli autieri della prima guerra mondiale scolpiti nel bronzo, megafono in mano, subito dietro Dario Giacomini che si limita a guardarsi intorno e annuire. Le parole non si sentono benissimo, ma le cose importanti vengono scandite ad alta voce. «Le richieste che abbiamo fatto sono molto semplici: no green pass e no obbligo vaccinale per nessuno, a cominciare dai sanitari, né adesso né mai», applausi scroscianti e grida di consenso. «Abbiamo chiesto che i nostri diritti, la nostra libertà di scelta e la Costituzione vengano rispettati. Se manifesto pacificamente, ho tutto il diritto di farlo, tutti i cittadini devono poter manifestare. Non deve succedere mai più quello che è accaduto lunedì qui a Trieste in nessuna piazza d’Italia». E poi: «Abbiamo chiesto le scuse del governo per quello che è successo lunedì, a noi, a Trieste e a tutto il popolo italiano».
C’È STATA RISPOSTA dal triestino ministro delle politiche agricole alimentari e forestali? Dopo un incontro «cordiale», così l’ha definito il ministro Patuanelli, l’impegno è quello di riferire in consiglio dei ministri martedì. Mugugna la piazza appena sente la risposta interlocutoria: un’altra dilazione, un altro giorno perso ma si alzano molte sopracciglia a significare che era logico aspettarsi una cosa così da un governo sordo e cieco. Tra la folla si muove lento un grande cartello sorretto da due ragazze: «Se esistesse un contagio contagioso, a seguito di tutti questi assembramenti, vedremmo ecatombi e no gente positiva»; è l’unico, dopo tanti giorni di cartelli e scritte e stendardi, in piazza ci sono solo persone.
LA PUNTUALIZZAZIONE di Puzzer al megafono non ha mezzi toni: «Non siamo pronti a trattare. Non siamo a un tavolo in cui si contratta qualcosa, non cerchiamo nessun tipo di accordo o di accomodamento. Finché non verrà tolto il pass e l’obbligo vaccinale, per tutti e per sempre, noi continueremo a lottare. Le nostre sono proposte di tutto i popolo italiano». Grande e sentito applauso. «Dobbiamo manifestare ogni giorno ancora di più. Aspettiamo martedì: se il governo ci snobberà allora ci ritroveremo in questa piazza e sarà il popolo a decidere. Se si sentirà in una dittatura faremo finalmente rispettare la legge». Ovazione, qualche donna grida «Stefano ti amiamo!», ripartono i tamburi e tutti cantano a voce piena quello che è diventato l’inno di questi giorni, «La gente come noi non molla mai».
* Fonte: Marinella Salvi, il manifesto
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