G20. A Roma protestano in diecimila: «Voi la malattia, noi la cura»
Sebbene tenuto a debita distanza dalle sedi istituzionali e sorvegliato da decine di agenti e da un elicottero che non la smette di volteggiare, a Roma un corteo partecipato, come non si vedeva da tempo.
Ci sono i giovani di Fridays for Future, i lavoratori dell’Alitalia, gli operai della Gkn di Firenze venuti a Roma in massa, riempiendo solo loro 10 pullman (quelli della Wirpool di Napoli, invece, hanno inviato un messaggio di solidarietà). E poi i movimenti per l’acqua pubblica e quelli contro il nucleare, i No Tav, la resistenza sudanese che sfila tra le file dell’Usb e decine di altre realtà, politiche (da Rifondazione comunista a Potere al Popolo, al Partito comunista dei lavoratori) e non.
Solo una manciata di chilometri separa la Nuvola dell’Eur, dove una ventina di potenti arrivati nella capitale da tutto il mondo decidono il futuro del pianeta, da piazzale Ostiense, dove ieri pomeriggio si incontra chi quel futuro dovrà viverlo e proprio per questo è preoccupato. La distanza tra il centro congressi super sorvegliato da droni e cecchini e la Piramide Cestia sotto la quale col passare delle ore si radunano almeno diecimila persone, non potrebbe però essere più abissale. E certo non per i pochi chilometri di Cristoforo Colombo dove al mattino una cinquantina di militanti del «Climate camp» provano a bloccare il traffico, subito sgomberati dalla polizia. A dividere i due luoghi è la sfiducia che i secondi nutrono da sempre verso i primi. E non a torto. «Il G20 legittimerà nuove scappatoie per le grandi aziende inquinanti attraverso cui potersi certificare green senza realmente limitare le emissioni», prevedono già alla vigilia i ragazzi di Fridays for Future rivendicando «soluzioni climatiche reali».
Sebbene tenuto a debita distanza dalle sedi istituzionali e sorvegliato da decine di agenti e da un elicottero che non la smette di volteggiare, quello che nel pomeriggio comincia a muoversi verso la Bocca della Verità è un corteo come non si vedeva da tempo. E non solo per la pandemia. Pacifico – a smentire qualche fosca previsione dei giorni scorsi – coloratissimo e allegro, e questo anche se in molti sono scesi in piazza con uno stato d’animo non certo dei più leggeri. Come Mario, perugino 23enne e addetto a chiamata in un sito della logistica. «A chiamata, che significa che lavoro quando decidono loro e non posso programmare niente», spiega. «Vogliamo parlare di futuro? Quando va bene faccio tre giorni e mi bastano appena per pagare l’affitto».
Si parla di clima, e infatti ad aprire il corteo c’è lo striscione dei Fridays for Future che recita «Voi il G20, noi il futuro». Ma il nesso tra i cambiamenti climatici e le questioni del lavoro è reso più forte dalla presenza di diverse realtà industriali. Come gli operai della Gkn che hanno dominato il centro del corteo e che, una volta giunti alla Bocca della Verità, chiedono la proclamazione di uno sciopero generale. «Essere con gli operai ci rende più forti» commenta Sergio Marchese, portavoce dei Fridays for Future di Milano.
A parte uno striscione nero che contesta i Green pass – e dal quale in molti prendono le distanze – chi sfila è decisamente a favore dei vaccini e contro la proprietà dei brevetti ma soprattutto chiede che «non si realizzino profitti» sulla pandemia. «Voi la malattia, noi la cura», recita uno degli striscioni alla testa del corteo.
Alla fine tutto fila liscio, tanto che una volta giunti alla Bocca della Verità, destinazione finale della manifestazione, una parte dei presenti fa dietrofront e sempre in corteo torna al punto di partenza, in piazzale Ostiense. «Nessun problema – spiegano in Questura -. A Ostiense c’è la fermata della metropolitana più vicina».
* Fonte: Carlo Lania, il manifesto
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