by Stefano Mauro * | 7 Settembre 2021 10:05
Intervista. Parla Mamadou Sow, rappresentante in Italia dell’opposizione al presidente Condé, deposto ieri dalle forze speciali a Conakry
Mamadou Sow è rifugiato politico e membro in Italia dell’Unione delle forze democratiche di Guinea (Ufdg, principale forza di opposizione guidata da Cellou Dalein Diallo). Ha da poco pubblicato in Francia il libro La route à bout de bras (L’Harmattan), nel quale racconta il «difficile viaggio» (ha perso l’uso delle gambe per la poliomelite all’età di 4 anni), attraverso l’Africa per raggiungere l’Europa, in fuga dagli scontro etnici in atto nel suo Paese, «facendo del suo handicap la sua vera forza, legata alla sua volontà e alle sue braccia».
Qual è attualmente la situazione nel paese e nella capitale?
La situazione è tranquilla. Tutti sono scesi in strada per festeggiare la liberazione da un dittatore che in questi anni ha causato centinaia di morti nel paese.
L’Unione africana e la comunità internazionale hanno condannato il golpe…
Il popolo guineano si chiede dov’erano l’Ua e la comunità internazionale quando Condé impoveriva sempre più il suo paese, imponeva il potere con la violenza e la repressione o uccideva e torturava i suoi oppositori e il suo popolo.
C’è la possibilità di scontri etnici tra Peul e Malinke?
In questo momento tutto il Paese è felice per la caduta di Condé. Nella nostra società siamo consapevoli che non ci devono essere divisioni di potere o violenze su base etnica a prescindere da tutto. Siamo in attesa di vedere cosa faranno i militari per l’apertura di un dialogo nazionale che includa tutti.
Il Fronte nazionale per la difesa della Costituzione (Fndc), coalizione che riunisce le opposizioni, non si è ancora pronunciato sul golpe. Perché?
Il Fndc ha preso atto dell’arresto di Condé e delle dichiarazioni dei militari sulla Costituzione, ma come il resto della società civile aspetta di vedere cosa faranno concretamente i militari riguardo alla creazione del Comitato nazionale di unione e sviluppo (Cnrd) e all’inclusione di tutti i partiti e gli attivisti per una transizione pacifica.
* Fonte: Stefano Mauro, il manifesto[1]
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