Covid-19. Terapie domiciliari e cure alternative si inseriscono nei vuoti della sanità
Medici o ciarlatani?. La medicina territoriale è carente e i gruppi per le terapie alternative ne approfittano. I gruppi che le promuovono sono nati a marzo 2020, in piena crisi sanitaria lombarda e rispondevano a un’esigenza reale: la difficoltà per i medici di base di visitare i pazienti. Smontarne la narrazione non è facile. Il 90% circa dei contagiati dal Covid-19 con sintomi lievi guarisce naturalmente, indipendentemente dall’efficacia dei farmaci
Avis batte Senato uno a zero. L’Associazione dei donatori di sangue ha preferito non mettere il proprio nome a fianco di quello di una delle famigerate associazioni per le “terapie domiciliari” contro il Covid-19. Così, dal manifesto di un incontro con Erich Grimaldi, fondatore di uno dei più noti gruppi di “terapeuti”, il simbolo dell’Avis inizialmente incluso tra i patrocinatori è sparito: «Avis Nazionale non ha mai patrocinato tale evento e non ne condivide finalità e contenuti di parziale rilevanza scientifica» fa sapere il presidente Giampietro Briola. «Pertanto prende le distanze dagli organizzatori di tale evento». Il Senato era stato più accogliente: al convegno tenuto a palazzo Madama il 13 settembre, la presidente Alberti Casellati in persona aveva inviato un caloroso e istituzionale saluto. Contribuendo alla confusione sulla reale natura di questi gruppi: medici-coraggio o ciarlatani?
CHI SONO
Di medici che hanno assistito a domicilio i malati di Covid, fortunatamente, ce ne sono centinaia in Italia. Ma i gruppi che si sono costituiti in movimento e hanno elaborato terapie alternative a quelle ufficiali sono principalmente due: il “Comitato Cure Domiciliari Covid” fondato da Grimaldi e il movimento IppocrateOrg creato da Mauro Rango, organizzatore del convegno al Senato.
I due gruppi, in malcelata concorrenza, hanno però diversi elementi in comune. Nati entrambi durante la prima ondata pandemica, sono associazioni di medici che prestano soccorso ai malati di Covid con sintomi lievi che trascorrono la degenza a casa. I loro frontman però non hanno alcun titolo medico. Erich Grimaldi è un avvocato napoletano, Mauro Rango ha una laurea in scienze politiche, sebbene in contesti scientifici si presenti anche come medical writer dell’università di Padova (sul sito dell’ateneo il suo nome però non risulta). Ciò non ha impedito loro di intervenire presso le istituzioni, Rango in Senato e Grimaldi al ministero della Salute, per discutere di protocolli sanitari nella lotta alla pandemia.
FARMACI ALTERNATIVI
In comune, questi gruppi hanno anche le idee “alternative” sui farmaci da usare contro il Covid come idrossiclorochina e ivermectina. «Hanno il grave difetto di costare pochissimo» ironizza Rango. Secondo i fautori delle terapie domiciliari, le linee guida del ministero prevederebbero solo “tachipirina e vigile attesa” per chi non ha bisogno di ricovero. In realtà, i protocolli ufficiali prescrivono anti-infiammatori non steroidei e in casi limitati antibiotici, cortisone e anticorpi monoclonali. Le istituzioni sanitarie non hanno però trascurato le alternative. L’inefficacia dell’idrossiclorochina, ad esempio, è stata accertata da uno studio Oms svolto in 30 paesi e 405 ospedali. Sull’ivermectina, un recente rapporto della Cochrane (prestigioso network di ricercatori dedicato all’analisi delle evidenze a supporto delle terapie) ha evidenziato la mancanza di prove a favore del suo uso. L’Agenzia Europea del Farmaco ha messo in guardia sulla tossicità dell’ivermectina, al dosaggio necessario per neutralizzare il virus.
VOLONTARI
Infine, sia IppocrateOrg che il “Comitato Terapie domiciliari” si presentano come gruppi no-profit basati sul volontariato. Tuttavia, chiedono donazioni – IppocrateOrg su un conto svizzero – e vendono merchandising, come gli immancabili manualetti pubblicato in proprio su Internet. Guarire il Covid-19 a casa di Rango (14,89 euro) attualmente è il volume più venduto nella categoria «Enciclopedie e opere di consultazione» su Amazon.
L’ultima frontiera è rappresentata dalle app. Il gruppo di Grimaldi ha annunciato l’imminente uscita di Tdc Web App, con cui mettersi in contatto con la rete di medici in modo più fluido rispetto al caotico gruppo Facebook da duecentomila utenti fondato dall’avvocato. Ma la dimensione comunitaria, così importante per garantire il passaparola, non andrà perduta perché la app sarà anche «un vero e proprio social», assicura Grimaldi.
Covid Healer è il nome dell’app in via di sviluppo lanciata da Andrea Stramezzi, altro funambolico protagonista delle cure domiciliari anti-Covid. Stramezzi è nel comitato medico scientifico di IppocrateOrg ma ha fatto parte anche del gruppo di Grimaldi. «L’abbiamo messo alla porta 5 mesi fa proprio perché aveva e ha atteggiamenti ambigui» dice oggi l’avvocato. È stato “medico volontario” per il ministero della Salute, che però lo ha spedito a Malpensa a controllare i farmaci scaricati dagli aerei. Nemmeno Stramezzi ha competenze specifiche, essendo un odontoiatra.
Eppure c’era lui a parlare in Senato con Rango e a presentare le terapie domiciliari insieme a Grimaldi al sottosegretario Sileri, unica sponda del movimento. Ora Stramezzi cerca 200 mila euro attraverso una colletta web per sviluppare la sua app e dichiara di averne già trovati 67 mila. Sia Tdc Web App che Covid Healer sono app di «telemedicina»: consentono cioè di curare i pazienti a distanza, prescrivendo farmaci anche senza una visita in presenza. “Ricette bianche” rilasciate senza visita e attribuite a Stramezzi circolano in rete. In Senato, si è persino vantato di seguire contemporaneamente pazienti «a Rio de Janeiro, Dubai, in Grecia e in Belgio». Questo rappresenta uno dei paradossi principali e degli aspetti più discussi riguardo alle terapie domiciliari, che come obiettivo hanno quello di «recuperare il rapporto medico-paziente».
IL RAPPORTO MEDICO PAZIENTE
Infatti, i gruppi che le promuovono sono nati già a marzo 2020, in piena crisi sanitaria lombarda e rispondevano a un’esigenza reale: la mancanza dei dispositivi e dei protocolli impediva ai medici di base di visitare i pazienti se non a rischio della loro stessa vita. Il governo arrivò al punto di vietare le visite domiciliari ai medici, affidando il compito alle Unità sanitarie di continuità assistenziale (Usca). Che però si sono dimostrate ovunque largamente insufficienti. Con una popolazione angosciata dal virus e dal lockdown, la sensazione di abbandono da parte della cittadinanza era giustificata e i gruppi di medici nati su Facebook hanno riempito questo vuoto. La scarsa capacità di risposta alla pandemia e la cronica carenza della medicina territoriale sono due delle lacune a cui dovrà dare risposta il governo nel Pnrr, i cui piani dettagliati sono ancora attesi.
La perdurante scarsità di personale e l’indulgenza con cui è stata accolta la mini-riforma della sanità lombarda uscita malissimo dalla prima ondata non promettono bene.
Ma rispondere a una carenza di medicina di prossimità con campagne per un uso più libero dei farmaci, pazienti curati da continenti diversi e app di telemedicina non è esattamente la risposta di cui ha bisogno il territorio. Abbandonati dallo Stato, i pazienti potrebbero ritrovarsi ancora più vulnerabili ed esposti ai raggiri e a quelle «ambiguità» rilevati dagli stessi gruppi.
INCERTA EFFICACIA
Smontare la narrazione dei gruppi di terapia domiciliare però non è facile. Il 90% circa dei pazienti con sintomi lievi di Covid-19 guarisce naturalmente, indipendentemente dall’efficacia dei farmaci che assume. Perciò, l’affermazione di Rango «abbiamo curato 60 mila pazienti, e i morti sono solo sette» ripetuta in Senato non è significativa, se non si conoscono le caratteristiche della popolazione trattata. Di questa incertezza, in una situazione di emergenza in cui il meglio è nemico del bene, approfittano interessi grandi e piccoli, comprese le Big Pharma che i “domiciliari” dicono di combattere.
È successo con gli anticorpi monoclonali del colosso farmaceutico Eli Lilly, la cui autorizzazione è oggetto di un’altra battaglia condotta del gruppo di Grimaldi. La loro reale efficacia è incerta proprio perché sperimentati in origine su una popolazione già in gran parte destinata a guarire. Ma i pochi dati sono bastati perché il ministero, con Sileri tra i più favorevoli, spendesse oltre quaranta milioni di euro per acquistare ventimila fiale. In sei mesi ne sono state usate solo quattromila. Alla scadenza dei farmaci, che durano 12 mesi, potrebbero avanzarne il doppio o il triplo, con uno spreco di decine di milioni di euro.
TERAPEUTI O NO VAX?
Invece di oscurare il tema delle terapie, la diffusione dei vaccini ne ha rafforzato la saldatura con la politica. Il convegno al Senato rispondeva a un invito della fazione “free vax” della Lega, a cui lo stesso Salvini si può ascrivere. Il motivo è spiegato dallo stesso Stramezzi: «Questa corsa alla vaccinazione obbligatoria per alcune categorie e, addirittura consigliata ai bambini e ai ragazzi, è estremamente imprudente, dato che noi oggi sappiamo come curare la malattia». Le terapie domiciliari rappresentano un alibi per chi non vuole vaccinarsi, merce spendibilissima nel dibattito politico. Trattarne i fautori da semplici ciarlatani potrebbe non essere la strada più efficace per contrastarli, perché riempiono un vuoto reale lasciato dalla sanità. Piuttosto che accanirsi nel debunking, meglio colmare le carenze della sanità territoriale utilizzando presto, e bene, le risorse del Pnrr.
* Fonte: Andrea Capocci, il manifesto
Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay
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