In Grecia il governo abolisce il diritto di sciopero
Lavoro. La nuova legge prevede uno stretto controllo sui sindacati e le loro proteste. Nel caso di organismi pubblici sarà obbligatorio ricorrere al “dialogo” con un ente preposto per la mediazione, in cui non sono rappresentate le sigle di base
ATENE. A fine agosto, con i lavoratori ancora in vacanza, il governo di destra greco ha ritenuto che fosse il momento giusto per dare il colpo definitivo al diritto di sciopero. Con una circolare firmata non dal ministro Kostis Chatzidakis ma dalla segretaria generale del ministero del Lavoro, si comunica che dal primo settembre entrerà in vigore la legge anti-sciopero votata a giugno unicamente dai deputati della maggioranza di governo. Il diritto allo sciopero è garantito dalla Costituzione del paese, quindi il governo di Kyriakos Mitsotakis ha furbescamente scelto la via traversa, rendendo tale diritto nei fatti impraticabile.
LA NUOVA LEGGE prevede infatti l’obbligo di registrazione di tutte le organizzazioni sindacali in un apposito registro, con tanto di comunicazione di tutti i membri, senza alcuna protezione per la loro privacy. Ci sarà stretto controllo delle procedure interne, come le elezioni degli organi dirigenti. Soprattutto però saranno controllate le votazioni interne riguardanti ogni decisione di scendere in sciopero.
Se le procedure non saranno ritenute legittime, allora la protesta sarà proclamata illegittima. In questo caso nessun organo sindacale, neanche la confederazione centrale Gsee, avrà la possibilità di ricorrere all’arma dello sciopero.
Ma anche nell’ipotesi improbabile che un’organizzazione sindacale riesca a superare queste complicazioni burocratiche, nel caso di organismi pubblici sarà obbligatorio ricorrere al “dialogo pubblico” con un ente preposto per la mediazione, in cui non sono rappresentati i sindacati di base. Per tutto il tempo in cui si svolge questo “dialogo” ogni sciopero sarà ritenuto illegittimo.
Ma non è tutto. I sindacalisti di ogni livello, di base o di categoria, saranno chiamati a rispondere civilmente nel caso in cui si cerchi di impedire, anche esercitando «pressioni di tipo psicologico», il fenomeno del crumiraggio. Anche un semplice picchetto all’ingresso dell’impresa potrà condurre i sindacalisti a versare carissime sanzioni ai crumiri che lo chiederanno.
SI TRATTA DI UN NUOVO colpo contro i diritti dei lavoratori dopo il divieto de facto a manifestare in piazza imposto dal governo già l’anno scorso, che ha provocato durissimi interventi della polizia contro interi quartieri della capitale, con decine di arresti, feriti ed anche qualche vittima tra i manifestanti, come nel caso del giovane Vasilis Maggos ucciso dalle manganellate dei poliziotti nella città di Volos. Va aggiunto che la drastica limitazione del diritto di sciopero era stata già chiesta dall’eurozona e dal Fmi all’epoca della crisi ma nessuno dei governi dell’epoca ha avuto la forza di presentare una legge del genere.
PER CAPIRE LA GRAVITÀ della nuova legge bisogna capire che il movimento sindacale greco vive principalmente nelle organizzazioni di base. I sindacati di categoria e le centrali sindacali Gsee (per il settore privato) e Adedy (per il settore pubblico), sono da sempre in mano a burocrati vicini al governo. La loro sostituzione è resa impossibile da una legislazione d’anteguerra. Basta dire che il primo partito di opposizione, Syriza, non ha alcun rappresentante al consiglio direttivo, mentre il Partito Comunista Kke punta a creare una sua centrale sindacale, contestando alle centrali esistenti l’esclusivo diritto di sottoscrivere i contratti nazionali e di categoria.
L’ACCELERAZIONE della messa in atto di tale legge è strettamente legata a una nuova misura dagli effetti disastrosi che la destra al governo prepara per settembre. La legge prevede l’obbligo di legare le pensioni complementari con gli andamenti di Borsa. La Borsa di Atene è stata al centro di un gigantesco scandalo verso la fine degli anni Novanta. Con la piena copertura dell’allora governo, si è creata artificiosamente una bolla che ha trascinato migliaia di piccoli risparmiatori a investire incautamente in Borsa i loro risparmi. Quando la bolla è finalmente scoppiata, circa 300 milioni di dracme (più di 880 milioni di euro) avevano cambiato proprietario. La giustizia, a cui migliaia di vittime avevano fatto ricorso, non ha ritenuto responsabili né l’allora ministro delle Finanze né gli organi di sorveglianza. Si è trattato della maggiore truffa finanziaria del paese. Ora il premier Mitsotakis vuole rivitalizzare una Borsa in cui si trattano azioni per appena 40 milioni, facilmente manipolabile e per nulla controllata dagli organismi preposti.
La finanziarizzazione delle pensioni ha già provocato grandi tensioni, in un paese in cui nel decennio scorso l’eurozona ha già imposto ai pensionati ben dodici tagli. È lunga tradizione che a settembre, all’inaugurazione della Fiera Internazionale di Salonicco, ogni premier annunci la sua politica economica per il nuovo anno. C’è il rischio quindi che Mitsotakis si trovi a parlare di fronte a piazze piene di scioperanti. Un motivo in più per rendere impraticabile l’arma dello sciopero.
* Fonte: Dimitri Deliolanes, il manifesto
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