Food delivery, la sfida dei lavoratori asiatici a FoodPanda

Food delivery, la sfida dei lavoratori asiatici a FoodPanda

Loading

Lavoro. Il gigante del food delivery sotto tiro in Thailandia, Taiwan e Hong Kong: bassi salari e rifiuto totale ad accettare le richieste sindacali

Il 19 luglio, il gigante asiatico del food delivery Foodpanda è finito al centro di una campagna di boicottaggio da parte dei manifestanti pro-democrazia in Thailandia. Per quarantotto ore l’hashtag #BanFoodpanda ha infiammato Twitter ed è stato condiviso più di un milione di volte, dopo le dichiarazioni della società di voler licenziare un rider che aveva preso parte alle nuove manifestazioni nella capitale contro il primo ministro Prayut Chan-o-cha.

Il presunto rider in questione era stato immortalato in un filmato mentre teneva in mano un ritratto in fiamme di un membro della famiglia reale e poi, in un’altra clip, si allontanava su un motorino provvisto di borsa termica con il logo del panda bianco su sfondo rosa. L’azienda ha asserito di voler contrastare ogni forma di terrorismo e di essere disposta “a sostenere pienamente le autorità nel perseguire i criminali”.

Tra gli utenti e i ristoratori che hanno scelto di abbandonare la piattaforma, Nikkei Asia, riporta che alcuni hanno raccontato che l’opzione di cancellazione dell’account non era disponibile per una presunta manutenzione, non si sa bene se per un sovraccarico del sistema o per una misura presa di proposito dalla società. Un guasto che, tuttavia, ha fomentato l’indignazione online.

Foodpanda, fondata nel 2012 a Singapore e poi acquisita dalla tedesca Delivery Hero nel 2016, è la società di food delivery più diffusa in Asia, senza contare la Cina continentale. E non è il primo caso mediatico che la vede protagonista. Se, ad esempio, lo scorso anno era stata già bersaglio del movimento antimonarchico Redem, che aveva identificato la multinazionale come una delle inserzioniste del canale filogovernativo Nation TV, altrove in Asia le critiche si sono indirizzate alle sue pratiche di impiego. Quelle che la società sostiene siano “comuni a tutta l’industria del food delivery”.

A Taipei, a fine aprile, un gruppo di cinquanta fattorini si era riunito fuori dal ministero del Lavoro per chiedere un’azione legislativa contro il nuovo sistema retributivo. Pare che sia Foodpanda che Uber Eats, che assieme controllano due terzi del mercato dell’isola, avessero modificato le proprie regole all’insaputa del personale riducendo la tassa di consegna del 10 o addirittura del 30%.

Il portavoce dei rider Su Po-hao in conferenza stampa aveva anche comunicato la proposta di istituire un sindacato che potesse aumentare il loro potere contrattuale, idea a cui la ministra del lavoro Hsu Ming-chun aveva espresso sin da dubito completo appoggio.

Le autorità competenti, infatti, avevano già preso provvedimenti contro le piattaforme. A ottobre del 2019, in seguito alla morte di due fattorini per incidente stradale, era stata aperta un’indagine che si era conclusa con una sentenza importante: le società sono responsabili della sicurezza dei lavoratori e sono tenute a erogare assicurazioni contro gli infortuni fino a 65.000 TWD. Inoltre, sulla base di una serie di criteri, i fattorini possono essere inquadrati come lavoratori subordinati invece che collaboratori.

Queste regole “hanno portato ad alcuni piccoli miglioramenti nelle condizioni di lavoro” ma lasciano troppe aree grigie a livello legale “che le piattaforme possono facilmente sfruttare”, hanno commentato alcuni rider alla rivista online Rest of World. In ogni caso, sia Foodpanda che UberEats non l’avevano presa troppo bene e avevano risposto intentando una causa amministrativa contro il ministero del Lavoro taiwanese.

Malgrado le prese di posizione delle istituzioni, il potere contrattuale dei numerosi sindacati di categoria attivi a Taiwan è limitato. Anche i rider di Hong Kong hanno denunciato la lunga serie di difficoltà in caso di rimostranze e l’iter di chi prova a fare ricorso è fatto di e-mail che raramente ricevono una rimposta tempestiva e adeguata.

Nell’ex colonia britannica, il gigante asiatico domina il mercato assieme a Deliveroo e UberEats e durante la pandemia ha assorbito un gran numero di lavoratori provenienti dal settore manifatturiero o dal terziario. Malgrado l’incremento dei profitti, tuttavia, i fattorini lamentano le continue riduzioni della tariffa di consegna: ad oggi la paga oraria è molto al di sotto del salario minimo legale, che ha Hong Kong è di 37,50 HKD all’ora (circa 4 euro).

Anche a fronte di questo problema, il 15 luglio una decina di lavoratori ha protestato fuori dalla sede di Foodpanda HK, nell’area di Sheung Wan, dopo che la società aveva più volte rifiutato di ascoltare le loro istanze. Alcuni rappresentanti sono riusciti a intavolare una trattativa con i dirigenti della società e a presentare loro cinque richieste formali: l’aumento della tariffa di consegna, l’istituzione di un meccanismo di reclamo per la questione dei tassi di accettazione degli ordini, la cessazione delle pratiche di licenziamento immotivate e del sistema di pagamento in contanti alla consegna e, in ultimo, una copertura assicurativa più consistente.

Le quattro ore di negoziazioni si sono concluse con il rifiuto totale da parte della dirigenza di accettare qualsiasi richiesta, che si è limitata a dichiarare di aver aumentato il costo di consegna nelle ore di punta. Ma pare si sia infiltrata nei gruppi social dei dipendenti e abbia licenziato i lavoratori più inferociti.

Se in seguito a un altro sciopero a settembre dello scorso anno, Foodpanda aveva accettato di essere più trasparente in merito alle variazioni delle tariffe di consegna, non aveva accennato a eliminare una nuova condizione secondo cui se il tasso di accettazione degli ordini da parte di un rider scende sotto l’85%, la tariffa di consegna si riduce fino a 20 HK per ogni ordine consegnato a piedi e 30 HKD per quelli con mezzi a due ruote.

* Fonte: Vittoria Mazzieri, il manifesto

 

ph by Chainwit., CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons



Related Articles

Derivati, speculazione fallita ora l’Italia paga 3,4 miliardi

Loading

Assegno a Morgan Stanley per chiudere i contratti del ‘94.    Nuovo minimo per lo spread a 275 Lunedì parte il Btp Italia con un tasso reale del 2,25%  

Alla Schneider lo stop degli operai «usa e getta»

Loading

All’indomani della grande manifestazione di Roma per i diritti dei precari, raccontiamo una mobilitazione messa in piedi da dipendenti «garantiti» in favore degli interinali. Accade alla Schneider di Cairo Montenotte, nel savonese, multinazionale dell’elettromeccanica.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment