Sudafrica. Dopo la condanna per oltraggio, l’ex presidente Zuma rifiuta l’arresto
«Mi trattano peggio di quanto abbia fatto il regime dell’apartheid». Nell’inverno sudafricano che sta facendo registrare un’impennata di contagi sul fronte Covid (26mila casi ufficiali nella giornata di sabato, nuovo record), l’ex presidente Jacob Zuma torna al centro dell’attenzione dopo la condanna a 15 mesi per oltraggio alla corte rimediata la scorsa settimana e il rifiuto di consegnarsi alla giustizia, che avrebbe nei suoi confronti un atteggiamento persecutorio, violando i suoi diritti costituzionali.
«Alla mia età e nelle mie condizioni di salute, il carcere in piena pandemia equivarrebbe a una condanna a morte», ha detto Zuma rivolgendosi ai giornalisti e alle centinaia di sostenitori che si sono dati appuntamento di fronte alla sua residenza “rurale” di Nkandla, nella provincia del KwaZulu-Natal, con il preciso intento di impedirne l’eventuale arresto. Molti indossavano la t-shirt con la scritta in zulu «Wenzeni uZuma?» (cosa ha fatto Zuma?) e si sono risentiti i canti che un tempo lo avevano celebrato come un eroe della lotta di liberazione. E in un tripudio di bandiere dell’African National Congress vengono chieste piuttosto le dimissioni dell’attuale presidente Cyril Ramaphosa, che dell’Anc è leader dal 2017. Alti esponenti del partito si sono attivati per evitare uno scontro frontale e allentare la tensione.
Su Zuma pendono ben 18 capi d’accusa per corruzione, evasione fiscale, riciclaggio di denaro e molto altro. Ma la condanna in questione è stata decisa dalla Corte costituzionale dopo il suo rifiuto di presentarsi davanti ai giudici per testimoniare in uno dei processi in cui è coinvolto. Oggi verrà ascoltato in remoto dal tribunale di Pietermaritzburg per argomentare la richiesta di sospensione del mandato di cattura, in attesa che la Corte costituzionale esamini la richiesta di annullamento della condanna inoltrata tramite i suoi legali.
Ma Raymond Zondo, il giudice aggiunto a capo della commissione che indaga sul caso Zuma e che aveva chiesto due anni per oltraggio, obietta che questo tribunale non ha il potere di sospendere la sentenza emessa da una corte superiore. Il 19 luglio tra l’altro Zuma dovrebbe presentarsi in tribunale alla nuova udienza del processo in corso contro di lui per corruzione.
La vicenda giudiziaria dell’ex presidente è strettamente collegata a quella che ha costretto alla fuga i fratelli di origini indiane Atul e Rajesh Gupta, amici e soci in affari di Zuma. Contro i quali ieri è stato diramato dall’Interpol un “avviso rosso” che ne sollecita l’arresto. Si ritiene che siano riparati a Dubai dopo le dimissioni di Zuma, nel 2018. E proprio quest’anno gli Emirati arabi uniti hanno ceduto alle pressioni sudafricane, ratificando un trattato di estradizione che dovrebbe consentire il ritorno dei Gupta, delle loro mogli e di altri loro soci in affari. Tutti imputati in relazione a presunte frodi del valore di 25 milioni di rand (1,76 milioni di dollari) che coinvolgono il dipartimento dell’Agricoltura del Free State. Il processo in questo caso dovrebbe svolgersi a settembre.
* Fonte: Gina Musso, il manifesto
ph by Kremlin.ru, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons
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