Jeff Bezos vola nello spazio, Amazon nella nuvola

Jeff Bezos vola nello spazio, Amazon nella nuvola

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Poche successioni aziendali come quella che avverrà domani in Amazon sono state costruite con così tanta attenzione. Jeff Bezos, il capitalista più ricco della terra con 199 miliardi di dollari di patrimonio personale, cederà il ruolo di amministratore delegato della multinazionale del commercio elettronico a Andy Jassy. Bezos diventerà presidente esecutivo del consiglio di amministrazione e resterà il più grande azionista della società. Questo significa che se il suo successore deciderà di fare investimenti, dovrà chiedere a lui di aprire la sua cassaforte. Se la Casa Bianca affronterà seriamente il problema del monopolio, e delle tasse, dei Big Tech americani, allora dovrà risolvere il paradosso dell’antitrust. Così la neo-presidente della Federal Trade Commission Lina Kahn ha definito i Leviatani di Internet come Amazon che non fanno concorrenza sul mercato ma sono il mercato. Anche in questo caso Jassy dovrà consultarsi con il Capo. Sempre che però Bezos trovi il tempo da dedicargli tra un viaggio nello spazio e l’altro con la sua nuova azienda di gite interstellari Blue Origin. Il primo viaggio lo farà con il fratello Mark il prossimo 20 luglio. Nel 1982, a 18 anni, Bezos già sognava di costruire hotel spaziali, parchi di divertimento e colonie orbitanti per 2 o 3 milioni di persone, coloro che possono permettersi una vita nello spazio mentre tutti gli altri agonizzano sulla terra. È lo stesso sogno del tycoon Elon Musk che spara i razzi nello spazio e gite su Marte insieme alla Nasa. Questa distopia capitalista è stata immaginata già trentanove anni fa quando Bezos pensava di evacuare gli esseri umani durante la catastrofe e trasformare la Terra in un parco.

OGGI, A 57 ANNI, BEZOS ha destinato 10 miliardi di dollari per rimediare alle conseguenze della crisi climatica. Probabilmente non basteranno a fare cambiare idea al club che detiene i mezzi di produzione e ai governi che li proteggono. Se tutto va male cercherà una via d’uscita spaziale. In alternativa c’è l’opzione del co-fondatore di PayPal Peter Thiel che ha acquistato proprietà in Nuova Zelanda dove, si dice, le conseguenze del riscaldamento climatico sarebbero più clementi. Per i miliardari. Nel dibattito che ha preceduto la successione nell’azienda più potente e stratificata tra i Moloch del capitalismo digitale statunitense, sono stati in pochi a credere che il passaggio di consegne tra Bezos e Jassy dipenda dalla volontà di escapismo del fondatore. Lla scelta di Jassy, uomo-azienda entrato in Amazon agli albori, nel 1997, risponda a una scelta strategica per il suo sviluppo, oltre che a un dato di fatto. Chi è infatti questo super-manager? È il capo della divisione più profittevole della multinazionale: la Amazon Web Services (AWS). Di solito, abituati a concepire il capitalismo sotto la sua forma industriale e manifatturiera, oltre che come consumatori deliziati dalla comodità di ricevere un paio di scarpe o una barretta di cioccolato sull’uscio di casa grazie agli autisti come quello raccontato da Ken Loach nel film Sorry We Missed You, crediamo che Amazon costruisca solo enormi magazzini automatizzati pieni di merci ai confini delle nostre città, quelli che danno lavoro alla maggior parte dei 1,3 milioni di lavoratori occupati in tutto il mondo.

AWS È L’ALTRO VOLTO di questa rivoluzione digitale, quello che permette agli smartphone di funzionare e ai personal computer di «girare» alla massima velocità permettendoci di guardare le serie su Netflix, ascoltare musica su Spotify, scaricare podcast o leggere i siti dei giornali. Nell’Internet contemporaneo chi riesce a rispondere all’enorme aumento della domanda di cloud storage, cioè di aggregazione condivisione e archiviazione dei dati – possiede l’immenso potere di condizionare i poteri pubblici e privati, oltre che le nostre vite interconnesse. È quello che ha fatto Jassy negli ultimi 15 anni. Non è strano dire che oggi la forza più dirompente di Amazon non sta nello shopping, ma nella creazione di software. Nonostante AWS rappresenti il 12% delle entrate totali del primo trimestre del 2021, cioè 13,5 miliardi di dollari, la divisione ha realizzato un aumento del 32% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ha accumulato 4,2 miliardi di dollari di reddito operativo che corrisponde al 46% del profitto totale. Jassy è stato il responsabile di quasi il 60% dei profitti di Amazon prima della tassazione. Questi numeri sembrano destinati a crescere man mano che l’attività in rete di moltiplicherà e si dislocherà. Lo abbiamo visto durante la pandemia. Amazon è stato uno dei vincitori di questa crisi che ha messo in ginocchio milioni di persone. Anni fa Bezos aveva previsto che le entrate di Aws avrebbero superato quelle dell’e-commerce. Non è ancora avvenuto. Il compito di Jassy da amministratore delegato è dare benzina al turbo-capitalismo dei servizi online.

COME OGNI STORIA di successo del capitale anche questa ha il suo lato oscuro. Amazon Web Services è uno dei pilastri della macchina digitale della deportazione dei migranti al confine tra Stati Uniti e Messico e, oltre all’agenzia federale Immigration and Customs Enforcement (Ice), collabora con la Cia. Questo facilita la condivisione di informazioni e dati biometrici con le agenzie locali, statali e altre forze dell’ordine federali, così come gli accordi bilaterali con il Messico. Lo hanno raccontato i rapporti delle associazioni Mijente e Just Futures tra il 2018 e il 2021. I movimenti hanno chiesto a Biden di abolire la sorveglianza digitale dei migranti. Nel 2022 la sua amministrazione prevede di controllare 140 mila persone attraverso una «app» con l’algoritmo poliziotto.

E COME OGNI STORIA, anche questa si arricchisce di altre contraddizioni. Jassy e la sua divisione hanno dimostrato di avere opinioni e pratiche democratiche negli ultimi mesi della presidenza Trump. Jassy si è scagliato contro la decisione di un tribunale di non incriminare i tre poliziotti coinvolti nell’omicidio dell’infermiera Breonna Taylor, uccisa in casa sua mentre dormiva. Era il momento alto delle proteste di Black Lives Matter continuavano in tutto il paese. “Se non ritenete i dipartimenti di polizia responsabili dell’omicidio di persone di colore, non avremo mai giustizia e cambiamento, né saremo mai il paese che aspiriamo (e sosteniamo) di essere” ha scritto Jassy su Twitter. Ma questo per lui non significa unirsi alla campagna per definanziare i dipartimenti di polizia razzisti. “Non è la risposta – sostiene Jassy – Invece, abbiamo bisogno di un cambiamento culturale in molti dipartimenti”. Si potrebbe iniziare dall’interruzione dei programmi che aiutano questi dipartimenti a schedare la popolazione interna ed esterna, per esempio.

QUANDO TRUMP è stato bandito dalle piattaforme che hanno permesso di moltiplicare i suoi messaggi razzisti e di odio, ad esempio Twitter e Facebook, tutto il suo movimento è migrato su Parler, un’altra piattaforma di discussione. E anche qui è stato bandito. Un ruolo fondamentale è stato svolto proprio da AWS. La sua divisione Trust and Safety ha spiegato di averlo fatto a causa degli alla violenza che hanno preparato l’insurrezione e il tentativo di occupare il Campidoglio a Washington il 6 gennaio 2021, lanciata da un comizio di Trump nello stesso giorno. Lo stesso hanno fatto Apple e Google, bandendo Parler dai loro negozi online. Ma è AWS a possedere l’arma da fine del mondo: ha le chiavi del sito. Basta girarle e le trasmissioni si interrompono. Questo è un potere immenso che pone problemi non secondari in una democrazia liberale, a cominciare da quello che riconosce nelle piattaforme, e in chi domina i servizi cloud, il ruolo di custode di ciò che si può dire e non si può dire.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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