Covid. Parte la class action dei parenti delle vittime contro ministero e Regione Lombardia
Ci sono le storie di circa 500 persone che hanno perso i propri cari durante la pandemia racchiuse nell’atto di citazione che da ieri mattina è all’esame del Tribunale civile di Roma a cui si sono rivolti gli avvocati Consuelo Locati, Alessandro Pedone, Piero Pasini, Giovanni Benedetto e Luca Berni. 2.099 pagine con cui i legali delle famiglie della Valseriana hanno chiesto la condanna della Presidenza del Consiglio, del Ministero della Salute e di Regione Lombardia a un risarcimento di circa 100 milioni di euro.
Al centro del contenzioso la gestione della crisi sanitaria da parte delle istituzioni durante i primi mesi della pandemia. In particolare, nella provincia più colpita: quella di Bergamo. C’è anche l’accusa – pesante – di non aver provveduto in tempo ad aggiornare il piano pandemico come da indicazioni del Parlamento europeo, dell’Oms e del Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive (Ecdc). La class action si regge sulle centinaia di denunce e il lavoro del pool di legali, ma per la trasferta romana sono circa in 50. Indignati, delusi, sofferenti. Ancora oggi, dopo un anno. «Dalla magistratura ci aspettiamo le risposte che la politica non ci ha dato – spiega uno dei presenti al sit-in. – Siamo certi che, almeno nella fase iniziale, i medici abbiano dovuto fare delle scelte per salvare i più giovani, sacrificando i più fragili. Ma sono stati messi nelle condizioni di fare queste scelte e qualcuno ci deve dire il perché».
Fuori dal palazzo in viale Giulio Cesare c’è uno striscione con l’hashtag «Sereni», e l’avvocata Locati – che ha perso il papà durante la pandemia – spiega ai giornalisti le aspettative del comitato: «Il processo civile dovrà accertare le responsabilità istituzionali. La competenza della gestione sanitaria tocca a loro, Stato e Regioni». Da ormai un anno, quello che era Noi denunceremo, ora confluito nel comitato dei parenti delle vittime, porta avanti questa battaglia: vogliono spiegazioni sul perché del mancato isolamento del Pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo e della mancata istituzione della zona rossa in tutta la Valseriana. «Da ciò che risulta dalla relazione del generale Lunelli, – aggiunge Locati – se avessimo avuto un piano pandemico adeguato, circa 10 mila vittime si potevano evitare». Parallelamente alla causa civile avviata ieri, procede l’indagine penale della procura di Bergamo. Inchiesta che vede indagati l’ex dg al Welfare lombardo Cajazzo e Ranieri Guerra, dirigente dell’Oms che chiese la cancellazione del rapporto sulla gestione italiana della pandemia. Solidarietà per l’iniziativa dal Pd lombardo: “Le famiglie hanno diritto di chiedere giustizia. Fontana non solo non ha dato alcuna risposta sulla tragedia, ma non ha nemmeno voluto ascoltare chi l’ha vissuta”.
* Fonte: Francesca Del Vecchio, il manifesto
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