by Farian Sabahi * | 20 Giugno 2021 9:11
L’ultraconservatore Ebrahim Raisi ha vinto le elezioni con il 61,9% delle preferenze. È il risultato ufficiale annunciato dal ministero dell’Interno. Molto distanziati gli altri candidati: il conservatore Mohsen Rezai con l’11,7%, il moderato Abdolnasser Hemmati con l’8,3% e l’altro conservatore Hassan Ghazizadeh Hashemi con il 3,4%. Le schede nulle sono il 12,8%. Alle presidenziali di venerdì avrebbe partecipato il 48,8% degli aventi diritto, la percentuale più bassa dalla nascita della Repubblica islamica nel 1979. È l’affluenza più bassa per un’elezione presidenziale dopo quella del 50% con cui Rafsanjani era stato eletto presidente per un secondo mandato nel 1993. La percentuale più bassa in assoluto era stata quella per le elezioni parlamentari del 2020, pari a poco più del 42%. Ma astenersi non è bastato: i giochi (sporchi) sono stati fatti con ampio anticipo e a congratularsi con Raisi sono stati gli sfidanti, a poche ore dalla chiusura dei seggi senza attendere i dati del ministero dell’Interno.
TURBANTE NERO dei discendenti del profeta Maometto, barba sale pepe, il mantello lungo dei religiosi musulmani. Si presenta così il vincitore designato dall’Ayatollah Khamenei e dal Consiglio dei Guardiani che ha escluso dalla corsa elettorale tutti gli altri contendenti. 60 anni, Raisi nasce nella città santa di Mashhad. All’indomani della rivoluzione del ’79, a soli 20 anni, è già procuratore generale a Karaj, non lontano dalla capitale. Trascorre 30 anni in magistratura, scalando le vette. Dal 1989 al 1994 è procuratore generale di Teheran, dopodiché procuratore generale della nazione. Nel 2016 il leader supremo lo nomina a capo della ricca fondazione religiosa Astan-e Qods Razavi che gestisce il mausoleo dell’Imam Reza di Mashhad, nonché un immenso patrimonio industriale e immobiliare. Tre anni dopo sarà nominato a capo della magistratura.
NELLA GERARCHIA del clero sciita, Raisi ricopre il rango di hojatolleslam, sotto l’ayatollah. Alla poltrona di presidente ambisce da tempo: 4 anni fa aveva sfidato Hassan Rohani ma aveva ottenuto solo il 38% dei voti e il presidente moderato era stato eletto per un secondo mandato. A dirla tutta, pare che Raisi ambisca alla massima carica della Repubblica islamica, quella di Leader supremo. Dopotutto, Khamenei (82 anni) era presidente alla morte dell’Imam Khomeini nel giugno 1989. Raisi è allievo di Khamenei, anche se in realtà nessuno dei due vanta alte credenziali teologiche e, infatti, l’attuale Leader era stato promosso d’ufficio ad ayatollah per ricoprire la massima carica dello Stato.
Oltre ai legami con Khamenei, Raisi vanta altre relazioni privilegiate: è sposato a Jamileh Alamolhoda, docente di scienze dell’educazione all’Università Shahid Beheshti di Teheran e suo suocero è l’imam che guida la preghiera e rappresenta il Leader supremo a Mashhad, la seconda città dell’Iran.
UN UOMO AUSTERO, Raisi si pone come il difensore dei mostazafin, i diseredati, le classi sociali più basse. Per Washington (e non solo) è invece un assassino, sotto sanzioni, perché nel 1988 firmò la condanna a morte di circa 5mila oppositori marxisti e di sinistra. A quel tempo ricopriva il ruolo di procuratore aggiunto del tribunale rivoluzionario di Teheran e – si giustifica – non fece che obbedire a una fatwa (decreto religioso) dell’Imam Khomeini. Nel 2009 Raisi fu altrettanto feroce nei confronti del Movimento verde di opposizione che cercava di contrastare la rielezione dell’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad. In campagna elettorale Raisi ha puntato molto sulla lotta alla sedizione: non si farà crucci a reprimere ulteriormente il dissenso, la libertà di stampa, i diritti delle donne. Di certo, con Raisi la società iraniana si chiuderà a bozzolo.
IL SUO SECONDO cavallo di battaglia è rimettere in piedi l’economia con la lotta alla corruzione, ma sono stati in molti a osservare che avrebbe potuto farlo già in questi tre anni a capo della magistratura. Come il resto dei conservatori, anche Raisi è sospettoso verso l’Occidente. Non si esclude un ritorno all’accordo nucleare ma probabilmente lo sguardo si rivolgerà a Oriente, Cina in primis. Vedremo Raisi in azione a inizio agosto, quando si insedierà alla presidenza. Certo in questi 8 anni l’Europa non ha giocato bene le sue carte con il moderato Rohani e ha dunque perso una bella occasione.
* Fonte: Farian Sabahi, il manifesto[1]
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