Eternit. Ricomincia a Novara il processo per i 392 morti di Casale Monferrato
I familiari delle vittime dell’Eternit sono arrivati a Novara con la speranza che questa volta «la legge sia uguale per tutti». Ieri, è iniziato, infatti, il processo Eternit Bis che vede imputato con l’accusa di omicidio volontario, con dolo eventuale, per la morte di 392 persone nel territorio di Casale Monferrato Stephan Schmidheiny, 73 anni, il magnate svizzero ultimo padrone della multinazionale dell’amianto. Si tratta solo di una parte delle 3mila vittime che, in questi anni, sono state colpite nella cittadina piemontese oltre che dal mesotelioma, da asbestosi e tumore al polmone.
L’udienza si è svolta – come stabilito dalla corte d’Assise presieduta dal presidente del Tribunale Gianfranco Pezone – a porte chiuse per garantire le norme anti Covid. Per la massiccia presenza di parti civili, è stata individuata come sede l’aula magna dell’Università del Piemonte Orientale nel campus ex Caserma Perrone. E la prima sessione è stata quasi interamente dedicata alla verifica della costituzione delle parti, tra cui anche la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Una decisione che risale al governo Renzi, poco dopo la batosta della Cassazione che considerò prescritto il reato di disastro ambientale doloso. «Ma proprio quel disastro provoca più morti di allora e il rischio sparso nel territorio, nonostante la bonifica pubblica effettuata a Casale, è tuttora presente. Ci auguriamo che questo nuovo processo sia l’occasione per la giustizia di affermare finalmente sé stessa. Non deve più accadere quel che è successo. La responsabilità dell’imputato è acclarata ed è venuto il momento di riconoscere il reato che ha commesso», rimarca Bruno Pesce, uno dei leader dell’Afeva (Associazione familiari vittime amianto), che con Nicola Pondrano porta avanti la battaglia contro la fibra killer da oltre quarant’anni, prima in fabbrica e poi da quasi trent’anni anche nelle aule di tribunale.
La difesa, con l’avvocato Guido Carlo Alleva, ha subito chiesto l’esclusione della Presidenza del Consiglio dal novero delle parti civili. Ha denunciato un vizio di forma (mancherebbe il nome del premier) e l’insufficienza delle ragioni portate. E ha chiesto l’estromissione di molti altri enti e associazioni. Un déjà vu, ripetutosi anche nell’udienza preliminare di Vercelli, quando il gup respinse, poi, le questioni di legittimità poste dalla difesa.
L’imputato era assente. Le morti a processo per cui è accusato sono divise tra 330 vittime ambientali e 62 ex dipendenti. Un rapporto ribaltato rispetto al maxiprocesso di Torino, dove il numero dei morti tra i lavoratori era assai maggiore. D’altronde, il mesotelioma è un male infingardo che può svegliarsi anche quarant’anni dall’esposizione. E i cittadini ora più colpiti sono quelli che un tempo bambini giocavano tra il polverino, il materiale di scarto regalato agli operai dall’azienda.
«La ferita è aperta», ha detto il pubblico ministero Gianfranco Colace, che insieme a Maria Giovanna Compare sostiene l’accusa. Il magistrato è intervenuto in merito all’ipotesi di continuare a celebrare le udienze a porte chiuse e, al proposito, ha invitato i giudici a decidere di volta in volta in base all’afflusso delle persone tenendo presente la rilevanza pubblica del caso. «Anche se questa corte d’Assise è diversa da quella cui io avevo pensato di rivolgermi questa vicenda va oltre i confini di Casale Monferrato». Il riferimento è alla decisione con cui nel 2016 un giudice del Tribunale di Torino decise di spezzettare l’inchiesta Eternit Bis in quattro filoni.
Il processo di Novara è stato rinviato al 5 luglio. La prossima udienza sarà dedicata alla discussione delle numerose questioni preliminari annunciate dalla difesa. Quelle successive forse il 12 e il 19 luglio.
* Fonte: Mauro Ravarino, il manifesto
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