Tunisia. Almeno 50 migranti morti nel naufragio di un barcone

Tunisia. Almeno 50 migranti morti nel naufragio di un barcone

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Due naufragi in ventiquattro ore, una barca con 88 persone che rischia di rovesciarsi al largo di Malta e altri cento migranti soccorsi dalla Guardia costiera tunisina nei pressi dell’isola di Djerba. E’ la cronaca degli ultimi due giorni nel Mediterraneo centrale, con le barche cariche di migranti che tentano la traversata dopo essere partite da Libia e Tunisia. E proprio da quest’ultimo paese arriva la notizia relativa all’ultima tragedia: «Purtroppo un altro naufragio si è verificato al largo di Sfax», scrive su Twitter il portavoce in Italia dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) Flavio Di Giacomo. «Probabilmente almeno 50 migranti sono dispersi. I sopravvissuti sono 33, tutti provenienti dal Bangladesh. Erano partiti domenica sera da Zwara, in Libia».

La notizia del naufragio è stata in seguito confermata dalle autorità tunisine, secondo le quali le vittime sarebbero più di 50. A bordo del barcone ci sarebbero state una novantina di persone, da quanto risulta non solo del Bangladesh. Il portavoce del ministero della Difesa tunisino, Mohamed Zekri, ha confermato il salvataggio di 33 persone da parte dei lavoratori di una piattaforma petrolifera, mentre navi della marina sono state inviate alla ricerca di altri dispersi.

Lunedì le autorità tunisine avevano soccorso 113 migranti provenienti da Bangladesh, Sudan, Eritrea ed Egitto e la cui imbarcazione era in difficoltà al largo dell’isola di Djerba. Sempre lunedì un altro naufragio sarebbe avvenuto al largo della Libia: «I pescatori locali hanno soccorso 62 persone in pericolo, ma decine di persone sono ancora disperse», ha denunciato Alarm Phone. La ong ieri mattina ha lanciato l’allarme anche per una imbarcazione con 88 migranti in difficoltà in acque maltesi senza ricevere aiuto: «L’acqua entra a bordo», hanno detto i migranti ai volontari di Alarm Phone. Che nel pomeriggio hanno rilanciato la richiesta di aiuto: «Le 88 persone stanno ancora lottando in mare e non possono muoversi, la situazione è altamente pericolosa», hanno scritto su Twitter. «Abbiamo allertato le autorità e informato i mercantili nella zona. Serve soccorso immediato prima che sia troppo tardi».

Le notizie delle ultime tragedie hanno inevitabilmente riaperto in Europa la discussione su quanto accade nel Mediterraneo e sulle responsabilità degli Stati che non intervengono in soccorso dei migranti. «Salvare vite umane in mare deve essere una priorità per l’Ue», ha scritto su Twitter il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. «I confini greci, spagnoli, italiani sono confini europei. Abbiamo bisogno di una di una politica europea comune sulla migrazione e di impegni condivisi con i Paesi vicini per gestire insieme la migrazione». Il problema è che in Europa la maggioranza degli Stati preferisce fornire mezzi e finanziamenti ai Paesi di primo approdo piuttosto che accogliere i migranti.

Una posizione che da anni blocca ogni possibilità di ricollocare quanti arrivano sulle nostre coste e solo in parte risolta nel 2019 con l’accordo di Malta che prevede solo l’adesione volontaria degli Stati ai programmi di distribuzione dei migranti. Un meccanismo insufficiente, come sa bene la commissaria Ue per gli Affari interni Ylva Johansson che ieri ha sollecitato l’Europa a fare di più anche in vista di un possibile aumento degli arrivi con l’estate: «I ricollocamenti volontari non saranno sufficienti – ha avvertito – ecco perché nel patto sula migrazione e asilo ho chiesto un meccanismo vincolante di ricollocamento». Un obiettivo che vorrebbe raggiungere anche l’Italia, che conta di riproporlo nel consiglio europeo previsto per la fine del mese, ma sul quale l’Ue rimane ancora fortemente divisa.

* Fonte: Carlo Lania, il manifesto



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