Schiacciato dalla fresa che azionava da 20 anni
A conferma che la striscia di sangue delle morti sul lavoro non si è mai fermata e anzi accelera al ritmo di due vittime al giorno nel 2021, in piena attenzione mediatica sull’argomento per l’eco del dramma della 22enne Luana a Prato, ieri mattina è arrivata la notizia dell’ennesima morte assurda in una zona centrale della penisola: Busto Arsizio, in provincia di Varese.
Christian Martinelli, 49 anni, padre di due bimbe di 7 e 8 anni, è stato trascinato e schiacciato da un’alesatrice all’interno della ditta Bandera per cui lavorava come operaio specializzato da oltre 20 anni.
ERANO CIRCA LE 9 E 40 quando Christian è rimasto incastrato nell’ingranaggio della macchina con un braccio, venendo trascinato fino alla schiena. Immediato l’allarme dato dai colleghi che hanno chiamato il 112. Sul posto sono intervenuti i soccorritori del 118, con un’auto medica e l’elisoccorso. Martinelli è però stato colpito da un arresto cardiaco e, appena arrivato all’ospedale di Legnano (Milano) in elicottero, è morto.
Sara, la moglie dell’operaio, è stata avvisata dal capoturno del marito ed è corsa inutilmente in Pronto soccorso convinta che suo marito avesse riportato una profonda lacerazione ad un fianco, ma che se la sarebbe cavata. In tarda mattinata poi, si è presentata accompagnata dalla suocera sul luogo della tragedia, per poter ritirare gli effetti personali del lavoratore. «Si lamentava che fossero in pochi, forse non assumevano», ha raccontato ai giornalisti visibilmente provata, «della sicurezza non si è mai lamentato». Poi ha aggiunto: «i turni erano sì lunghi, ma per lui non era una cosa negativa, gli piaceva il suo lavoro». La donna è stata poi ricevuta all’interno dello stabilimento, ha parlato con i colleghi del marito e anche con i titolari dell’azienda.
Sulla morte il pm Susanna Molteni ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, a ieri contro ignoti, ha disposto l’autopsia sul corpo della vittima e il sequestro del macchinario.
PER DOMANI È GIÀ STATO PREVISTO da Fim, Fiom e Uilm uno sciopero di due ore in tutte le aziende della provincia di Varese «per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che in subordine al protocollo Covid, per quanto importante, la sicurezza sul lavoro mancava ieri, manca oggi e mancherà domani», come spiega da Rino Carlo Pezone, della segreteria Fiom Cgil di Varese. I sindacati, già oggi pomeriggio, hanno avuto un incontro con alcuni colleghi del lavoratore. «Poi incontreremo chi ha lavorato in passato proprio su quella macchina», ha aggiunto Pezone. «Cosa sia accaduto è ancora da capire – ha proseguito – gli standard di sicurezza di questa azienda sono seguiti sia dalle Rsu che dalla stessa dirigenza, ma qualcosa deve essere successo». Ricordando la giovane mamma morta lunedì in un analogo incidente a Prato, Pezone ha concluso: «Si va al lavoro per lavorare e non per morire, Christian non tornerà dalle sue figlie, come la giovanissima Luana, questo è ciò che resta».
«L’ANDAMENTO DEGLI INFORTUNI e delle morti sul lavoro in Lombardia sta peggiorando: 27 morti nei primi 3 mesi del 2021 rispetto ai 21 del 2020», più della media nazionale, denunciano Cgil, Cisl e Uil Lombardia e Varese che a Regione Lombardia chiedono di «restituire operatività ai Servizi di prevenzione negli ambienti di lavoro cui spetta la vigilanza sul rispetto delle norme e la prevenzione, rafforzando il personale dedicato ai controlli nelle aziende».
«LA STRAGE DELLE MORTI sul lavoro non si ferma – commenta amara la segretaria generale della Fiom Francesca Re David – . Usare la parola incidente sta diventando non più sopportabile. Non si può più parlare di incidenti sul lavoro. Le risorse per l’innovazione che vengono date alle aziende anche attraverso il Pnrr devono essere vincolate all’adozione di misure sulla sicurezza attraverso le tecnologie più avanzate e a una corretta organizzazione del lavoro. Inoltre, non vanno messe in discussione le norme del codice degli appalti che con la logica della semplificazione intervengono sul costo del lavoro smantellando regole e diritti; e vanno rafforzati gli organismi di controllo e di ispezione e la medicina del lavoro sul territorio», conclude Re David.
* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto
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