Sánchez verso l’indulto per la questione catalana, ma la destra si scatena

Sánchez verso l’indulto per la questione catalana, ma la destra si scatena

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BARCELLONA. La questione catalana continua a causare grattacapi all’esecutivo spagnolo. Con l’insediamento del nuovo governo catalano, presieduto da Pere Aragonés, si è riaperto il fascicolo “indulto” per i politici catalani incarcerati dopo i fatti del 1 ottobre 2017: il referendum di autodeterminazione che il governo di Rajoy tentò di fermare con tutti i mezzi, comprese le manganellate a anziani che depositavano un voto (senza valore, secondo il tribunale costituzionale).

Le pene che toccarono a diversi politici e attivisti coinvolti furono spropositate: fino a 13 anni di carcere e di interdizione dai pubblici uffici (per esempio al leader di Esquerra Republicana Oriol Junqueras, che oggi occuperebbe il posto di Aragonés). Esaurite tutte le vie legali in Spagna, alcuni condannati si sono già appellati alle istanze europee per chiedere una revoca della condanna. Ma come sapevano anche i muri dei palazzi della politica, nell’agenda dell’esecutivo socialista era scritto da tempo che sarebbe arrivato il momento di sbloccare l’impasse concedendo l’indulto, che cancella, del tutto o in parte, le pene delittive. Unidas podemos lo chiede dalla sentenza del 2019, mentre, formalmente, i partiti indipendentisti catalani chiedevano l’amnistia, cioè la cancellazione del reato (che però richiede una legge). Ma Aragonés, ora che non è sotto pressione elettorale, si è affrettato a far sapere a Madrid che «qualsiasi misura che alleggerisca la situazione dei prigionieri e delle loro famiglie sarà benvenuta».

In Spagna, anche se formalmente è il re a concederli, deve essere il Consiglio dei ministri ad approvare le misure di indulto. Non che sia raro: dal 1996 a oggi ne sono stati approvati più di 10 mila, secondo i dati pazientemente raccolti dai giornalisti di Civio. Ma l’indulto ai politici catalani, come previsto, ha scatenato un finimondo politico: prevedibilmente, nella destra di Pp, Vox e Ciudadanos, che della questione catalana ha sempre fatto carne da macello elettorale. Ma anche all’interno del partito socialista, dove alcuni nomi pesanti (fra cui alcuni presidenti regionali e l’ex presidente Felipe González, che fra i molti altri, concesse l’indulto anche a un vero golpista, il generale Alfonso Armada) hanno alzato la voce contro Sánchez. Tanto che il suo luogotenente, il ministro delle infrastrutture Ábalos, ha dovuto ricordare ai baroni regionali che la decisione è competenza del governo e non loro.

Fra i politici esplicitamente a favore, a parte i socialisti catalani come il ministro Miquel Iceta e il leader socialista catalano ed ex ministro della Salute Salvador Illa, anche l’ex presidente José Luís Rodríguez Zapatero o il presidente valenziano Ximo Puig. Anche la sindaca Ada Colau e il suo partito Barcelona en comú si sono sempre espressi a favore.

Ma la destra ha tutta l’intenzione di montare le barricate: il 13 giugno i tre partiti si rivedranno nella simbolica Plaza de Colón in Madrid per mobilitare le piazze contro l’odiato Sánchez, sulla falsariga di quanto successo nel 2019 quando i tre partiti per la prima volta unirono gli sforzi contro il governo, sdoganando i fascisti. Dopo quella manifestazione, Sánchez convocò le elezioni anticipate che portarono per la prima volta Vox alle Cortes di Madrid.

Gli sforzi di Pedro Sánchez questa settimana sono dedicati a fornire giustificazioni per un passo che è inevitabile se il governo vuole normalizzare la situazione in Catalogna: parla di “concordia” e “comprensione”, di “valori costituzionali” e di necessità di “voltare pagina”, mentre i suoi avversari nel partito sottolineano che non c’è stato “pentimento”, che però non è una condizione necessaria per ottenere misure di grazia. La destra invece si straccia le vesti in difesa della “giustizia”, quando fra i delitti indultati finora ci sono stati criminali di tutti i tipi senza che nessuno alzasse un sopracciglio. Il Pp ha iniziato a raccogliere firme contro gli indulti, proprio come fece contro lo Statuto catalano 10 anni fa (cosa che segnò l’inizio della crisi catalana).

Ma nel movimento indipendentista ci sono voci contrarie all’indulto: da quella di Jordi Cuixart, presidente di Òmnium cultural, in carcere, che ha ribadito che «tornerebbe a praticare disobbedienza civile» e che non chiede misure di grazia; a quella della presidente dell’altra associazione indipendentista, l’Anc, Elisenda Palusie, che avverte che l’indulto «disarma politicamente l’indipendentismo».

* Fonte: Luca Tancredi Barone, il manifesto



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