by Emiliano Squillante * | 1 Maggio 2021 10:14
A pochi giorni dall’espulsione di Curzio Pacifici, addetto aggiunto per la difesa all’ambasciata d’Italia a Mosca, il divieto d’ingresso in Russia imposto nei confronti di otto personalità dell’Unione europea – tra cui anche il presidente del Parlamento europeo David Sassoli e la vicepresidente della Commissione Ue, Vera Jourova – ha portato a una nuova battuta d’arresto nei rapporti tra Mosca, Bruxelles e anche Roma.
Il ministero degli Esteri russo ha fatto sapere che il provvedimento – che interessa anche il procuratore capo di Berlino Jorg Raupach – è da intendersi come una risposta alle misure restrittive imposte dal Consiglio dell’Ue nei confronti di sei cittadini russi a marzo scorso.
«Tutte le nostre proposte per risolvere eventuali problemi vengono costantemente ignorate o respinte: non vi è dubbio che il loro obiettivo è frenare lo sviluppo del nostro Paese, imponendo il concetto unilaterale di un ordine mondiale che mina il diritto internazionale», si legge nella nota del dicastero.
Oltre a Sassoli, Jourova e Raupach, le autorità di Mosca hanno vietato l’ingresso nel Paese anche a Ivars Abolins, presidente del Consiglio nazionale lettone per i media elettronici; Jacques Maire, membro della delegazione francese all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa; Maris Baltins, direttrice del Centro linguistico statale lettone; Ilmar Tomusk, responsabile del dipartimento linguistico estone; e Asa Scott, direttore del laboratorio di sicurezza chimica, biologica e nucleare dell’Istituto di ricerca svedese sulla difesa. Una risposta, secondo le autorità russe, alle sanzioni imposte dall’Unione europea a una serie di cittadini russi, in due diverse occasioni.
Un primo round risale al due marzo scorso, con l’annuncio di misure restrittive nei confronti di Alexander Bastrykin, capo del comitato investigativo russo, del procuratore generale Igor Krasnov, del capo della Guardia nazionale Viktor Zolotov, e di Alexander Kalashnikov, alla guida dell’amministrazione penitenziaria, per il coinvolgimento nell’arresto e nella condanna dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj.
Un secondo round è poi avvenuto il 22 marzo, con l’imposizione di sanzioni nei confronti di due dirigenti del ministero dell’Interno russo per le torture e la repressione ai danni di cittadini Lgbt ed oppositori politici in Cecenia.
Il coinvolgimento di David Sassoli, inoltre, rappresenta un nuovo colpo ai rapporti bilaterali tra Russia e Italia, tradizionalmente migliori della relazione tra Mosca e Bruxelles. Dopo le frizioni legate al caso Walter Biot, capitano di fregata della Marina militare italiana arrestato per spionaggio, e all’espulsione di Curzio Pacifici dall’ambasciata d’Italia a Mosca annunciata pochi giorni fa, la notizia ha provocato un’ondata di dure reazioni da parte del mondo politico.
Lo stesso Sassoli ha dichiarato che «nessuna sanzione o intimidazione fermerà il Parlamento europeo o me dalla difesa dei diritti umani, della libertà e della democrazia: le minacce non ci zittiranno». Proteste contro la decisione sono arrivate anche da numerosi esponenti del governo, primi fra tutti il ministro del Lavoro Andrea Orlando e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini che hanno definito «inaccettabile« la situazione.
Messaggi di solidarietà sono arrivati anche dal commissario europeo Paolo Gentiloni, dal presidente della Camera Roberto Fico, dal presidente della commissione Esteri Piero Fassino e anche dall’opposizione, con Giorgia Meloni che ha sottolineato come «nessuna differenza di vedute può giustificare sanzioni di questa portata»
* Fonte: Emiliano Squillante, il manifesto[1]
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