by Claudia Fanti * | 22 Maggio 2021 10:29
Lasciata la carica di ministro della salute, il generale Pazuello ha abbracciato una nuova missione: salvare Bolsonaro dalle accuse della Commissione parlamentare di inchiesta sul Covid.
Così, nella sua deposizione dinanzi alla Cpi, l’ex ministro ha dichiarato di non aver «mai» ricevuto ordini dal presidente per raccomandare l’uso della clorochina, il cui massiccio impiego in Brasile, malgrado la sua comprovata inefficacia nel trattamento anti-Covid, è ritenuto una delle cause della fallimentare gestione brasiliana della pandemia. E anzi, ha assicurato, «il presidente non mi ha mai dato ordini diretti su nulla».
Una dichiarazione che ha suscitato l’ironia del presidente della Commissione Omar Aziz: «Se dovessi concludere i lavori oggi, dovrei dire che Bolsonaro non ha fatto nulla di sbagliato. La colpa è tutta di Pazuello. E non sono io a sostenerlo, ma lui stesso». Professione capro espiatorio, direbbe Pennac.
A rivolgere accuse precise a Bolsonaro, dinanzi alla Cpi, è stato invece il primo dei suoi quattro ministri della salute, Luiz Henrique Mandetta, secondo il quale il presidente avrebbe addirittura fatto pressione perché venisse modificato il foglietto illustrativo del farmaco in maniera da inserirvi la raccomandazione del suo uso contro il Covid.
Difficile, del resto, nascondere tutte le prove della criminale condotta del presidente. Una serie di e-mail consegnate dalla Pfizer alla Cpi rivela per esempio come l’impresa farmaceutica avesse tentato più volte, dal 14 agosto al 12 settembre del 2020, di negoziare la vendita di vaccini con il governo, senza mai ottenere una risposta definitiva. Del resto, il presidente era allora convinto che la pandemia stesse «giungendo al termine» e che fosse ingiustificata qualsiasi fretta, tanto più di fronte al rischio di «risposte impreviste del sistema immunologico» (il celebre «se diventi un alligatore è un problema tuo»).
Solo a marzo il governo si sarebbe infine deciso a firmare un accordo con l’azienda, ma senza comunque creare, malgrado la capillarità del Sistema unico di salute, un piano nazionale di vaccinazione e finendo così per abbandonare alla loro sorte stati e municipi. Con il risultato che, dopo quattro mesi, solo il 39% delle persone al di sopra dei 60 anni ha ricevuto due dosi di uno qualunque dei vaccini impiegati nel paese. E come se non bastasse, i nuovi attacchi di Bolsonaro alla Cina hanno pure provocato uno stop all’importazione della materia prima per la produzione brasiliana del Coronovac da parte dell’Instituto Butantan.
Con il governo schierato contro la proposta di India e Sudafrica per una moratoria su tutti i titoli di proprietà intellettuale relativi alla produzione di vaccini, farmaci e test diagnostici, una buona notizia è giunta invece dal Senato federale, che, il primo maggio, mentre il Brasile superava l’agghiacciante soglia dei 400mila morti, ha approvato una proposta di legge sulla sospensione temporanea dei brevetti vaccinali e delle medicine per la cura del Covid, allo scopo di accelerare il processo di immunizzazione. Tuttavia, se l’iter parlamentare è ancora assai lungo, c’è sempre il rischio che tutto finisca con il veto presidenziale.
* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto[1]
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