Migranti. Trieste, riprendono i flussi sulla rotta balcanica

Migranti. Trieste, riprendono i flussi sulla rotta balcanica

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TRIESTE. La Rotta balcanica percorsa da migliaia di migranti e profughi, sta tornando a far parlare di sé dato l’aumento rilevante dei flussi registrati nei primi mesi dell’anno. Il fenomeno continua ed è caratterizzato da una tendenza crescente che vede in primo piano persone e famiglie intere provenienti per lo più da Afghanistan, Pakistan e Iran, ma anche da Paesi come Tunisia, Algeria, Somalia, Marocco, India, Bangladesh e perfino Nepal.

Uomini, donne, bambini, anche neonati che, sottoposti a viaggi lunghi e sfibranti, attraversano le frontiere di sei o sette Paesi e giunti in Italia, passano la notte nei boschi del Carso triestino per poi proseguire il loro viaggio nel silenzio, lontano dai riflettori mediatici, verso altre destinazioni europee.

L’argomento è stato affrontato negli ultimi giorni alla Commissione Sicurezza della Conferenza delle Regioni con particolare attenzione alla situazione in cui si trova il Friuli Venezia Giulia in termini di pressione migratoria. Si apprende così che, dall’inizio del 2021 fino al 10 maggio scorso si è registrato un flusso che supera del 20% il dato dello stesso periodo del 2020.

Come già precisato, il fenomeno tende a crescere, a maggior ragione con il miglioramento delle condizioni atmosferiche dovuto all’avvicinarsi dell’estate. Per questo motivo si pensa a mesi intensi, da questo punto di vista, e di flussi continui e crescenti almeno fino al prossimo autunno.

D’altra parte, è sempre più frequente, quasi quotidiano, incontrare nelle periferie triestine gruppi di migranti: talvolta anche 40-50 persone che si sono cimentate nel game, come veniva chiamato il superamento fra Bosnia e Croazia e che ora si riferisce anche all’attraversamento dei valichi croato-sloveno e sloveno-italiano.

Hanno passato la notte nei boschi e lasciato lì, tra gli alberi, borse, zaini, indumenti, blister di medicinali, disinfettanti, telefoni cellulari rotti, documenti e fogli della polizia di frontiera fatti a pezzi, e addirittura soldi del loro paese di origine o di quelli attraversati.

Immagini dal film “No Borders” di Mauro Caputo

Il regista Mauro Caputo ha dedicato loro un film dal titolo No borders. Flusso di coscienza, associato in un’edizione digitale all’e-book La porta d’Europa. Il confine italiano della Rotta balcanica, scritto insieme alla giornalista Donatella Ferrario.

Caputo continua a documentare il fenomeno, ad andare nei boschi per catturare testimonianze del loro passaggio ed a volte fotografare e filmare i gruppi di migranti che entrano nei centri abitati e vengono fermati dai militari e trattenuti in modo a volte discutibile.

C’è tensione in zona, questo è vero. Si ha paura che questi segnali siano solo la premessa a un ritorno ai flussi del 2015 e Trieste si prepara ad essere in prima linea come porta dell’Europa.

Se ne parla poco, senz’altro meno di Lampedusa, tra l’altro l’Italia sta sollecitando la messa in moto di meccanismi di ridistribuzione dei migranti che arrivano nel nostro paese via mare, tralasciando i flussi che si determinano lungo la Rotta balcanica ed entrano in Italia solo di passaggio, per raggiungere autonomamente altri paesi europei, soprattutto Francia e Germania.

Migliaia di “invisibili” che nella gran parte non vengono individuati dalle forze dell’ordine e che quindi sfuggono alle statistiche ufficiali. Agenti estoni, lituani, polacchi sono arrivati in Slovenia per aiutare quelli locali a controllare la frontiera con la Croazia. A essi si aggiungeranno poliziotti ungheresi e romeni forse anche tedeschi, austriaci e danesi a coadiuvare le forze in campo.

Sembra però che l’Italia non sia coinvolta in questo programma e le autorità della regione Friuli Venezia Giulia sono allarmate e desiderano capire come Roma abbia intenzione di regolarsi in ambito migratorio.

I controlli dalla parte italiana vengono svolti dai militari esclusivamente lungo le strade che spesso i migranti percorrono solo all’uscita dai boschi, rendendosi così visibili alla popolazione. Un confine quello tra Italia e Slovenia che si estende per circa 232 km, spesso caratterizzati da un territorio aspro e zone boschive.

I segnali, come si precisava, annunciano sviluppi “interessanti” sul profilo degli arrivi e tutto si complica dato il contesto pandemico in cui stiamo vivendo, per cui i controlli alla frontiera e l’accoglienza di queste persone che hanno già affrontato fame, freddo e violenze lungo un duro percorso di migliaia di chilometri, assumono a maggior ragione una valenza sanitaria. Se le cose andranno avanti così sarà un’estate molto calda.

* Fonte: Massimo Congiu e Mauro Caputo,  il manifesto

 



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