Migranti. La rotta spagnola, l’umanità si ferma alla frontiera
La Spagna è immersa in una crisi umanitaria senza precedenti. In meno di 48 ore sono entrate, soprattutto a nuoto, circa 8.000 persone attraverso le frontiere di Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole incuneate in Marocco. Di queste, sembra che almeno un quarto siano minorenni.
NON SI ERA MAI VERIFICATA un’entrata così massiccia in così poco tempo attraverso le frontiere spagnole di queste due città considerate alla stregua di regioni della costituzione spagnola. Dopo alcune ore di incertezza lunedì, ieri è diventato chiarissimo che si tratta di una manovra del governo marocchino che non solo non ha impedito come fa da anni l’accesso di queste persone alle frontiere spagnole – come gli altri stati che l’Unione europea paga per esternalizzare il controllo delle proprie frontiere del sud – ma ha attivamente incoraggiato migliaia di persone ad attraversare la frontiera, mettendo a repentaglio la propria vita. E infatti c’è almeno una persona che è morta tentando di raggiungere la spiaggia della località di Ceuta.
DOPO UNA RIUNIONE d’urgenza avvenuta lunedì sera tra il ministro degli interni Fernando Grande Marlaska, dirigenti del ministero e i vertici di polizia e Guardia Civil il governo ha deciso di rafforzare gli effettivi delle forze dell’ordine schierati nelle due città di frontiera. Ieri sera, intanto, lo stesso ministero ha chiarito che almeno la metà delle persone sono state «respinte alla frontiera», cioè rispedite al mittente, in barba ai trattati internazionali (ma appellandosi a un accordo bilaterale col Marocco) e persino a una sentenza del tribunale costituzionale spagnolo di qualche mese fa che seppure permetteva la cosiddetta e controversa «restituzione a caldo» (cioè il respingimento immediato senza valutare l’eventuale status di rifugiato), lo faceva in circostanze molto specifiche e sempre in maniera individuale, e non massiccia come in questi giorni.
NON È CHIARO SE FRA I RESPINTI ci sono anche minori – il che sarebbe in teoria proibito da ogni legge nazionale e internazionale. Ma secondo le immagini che si vedevano ieri, i metodi della polizia per «riaccompagnare» i migranti alla frontiera erano quanto meno spicci.
LA CRISI HA ASSUNTO proporzioni istituzionali ieri mattina quando, subito dopo il consiglio dei ministri (in cui, fra l’altro, è stata approvata una partita di 30 milioni di euro da dare al Marocco proprio per rimborsare le spese affrontate per respingere i migranti, ma che era già prevista in finanziaria, come si è affrettato a chiarire il governo, svincolandola da «qualsiasi altra circostanza concreta», nelle parole di Grande Marlaska). Il presidente del governo Pedro Sánchez ha dato un discorso istituzionale in cui pur cercando di mantenere l’equilibrio dei toni per non irritare il vicino del sud (che, come è risultato chiaro in questi giorni, ha in mano una bomba umanitaria da lanciare a piacere contro la Spagna) ha parlato di «massima fermezza» e di «difendere l’integrità territoriale spagnola», chiedendo «cooperazione» al Marocco.
MA NEL FRATTEMPO la ministra degli esteri Arancha González Laya aveva convocato l’ambasciatrice marocchina in Spagna Karima Benyaich per chiedere spiegazioni, e in serata il governo marocchino ha a sua volta convocato Benyaich per conoscere il contenuto delle conversazioni. Benyaich aveva detto che ci sono atti nelle relazioni fra paesi «che hanno delle conseguenze»: si riferisce all’incidente diplomatico di qualche settimana fa, quando si è venuto a sapere che la Spagna ha permesso al 73enne segretario generale del Fronte Polisario, Brahim Ghali, di essere ricoverato in un ospedale di Logroño per curarsi dal Covid. Ufficialmente la decisione è stata giustificata per «ragioni umanitarie», ma per il governo marocchino è stato un affronto. Ghali è accusato dalla giustizia spagnola di detenzione illegale, torture e lesa umanità, per la denuncia di una attivista saharawi. Se è in salute, il primo giugno dovrebbe dichiarare davanti al giudice. Ma ieri un altro giudice ha confermato che riaprirà una seconda indagine per genocidio, lesioni, detenzioni illegali, torture, assieme ad altri 24 membri del Fronte e tre ufficiali algerini.
IL FRONTE POLISARIO lotta da sempre per l’autonomia del popolo Saharawi, e perché possa essere celebrato un referendum, in teoria garantito fin dai tempi in cui la Spagna con la fine del franchismo abbandonò il Sahara occidentale. Ma che a tutt’oggi è una chimera che la comunità internazionale non ha mai imposto a Rabat (Podemos invece lo ha chiesto da dentro il governo). Invece Rabat spera di convincere la Spagna ad allinearsi alla sua posizione: una autonomia sotto la sovranità del re del Marocco per la ex colonia spagnola. Ghali rappresenta l’ala «dura» del Fronte, che fino al 2016 aveva invece optato per la via diplomatica. L’ex presidente statunitense Trump aveva dato una spallata alle richieste Saharawi, dichiarando la sovranità marocchina sul Sahara occidentale, a cambio del ristabilimento dei rapporti diplomatici della monarchia alawide con Israele.
INTANTO Sánchez ha deciso di viaggiare a Ceuta e Melilla. L’ultimo a farlo fu Rodríguez Zapatero più di dieci anni fa perché la cosa innervosisce il governo marocchino. Il capo dell’esecutivo è anche in contatto coi suoi omologhi europei per cercare una linea comune. In serata il Marocco avrebbe ripreso a controllare e sue frontiere, ma la situazione di migliaia di minori all’interno di Ceuta e Melilla è molto precaria, mentre ovviamente i fascisti di Vox cercano di trarre reddito politico parlando di «invasione».
* Fonte: Luca Tancredi Barone, il manifesto
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