Mali. Golpe su golpe, tutto il potere ai militari con il colonnello Goïta
Meno di 48 ore dopo aver destituito il presidente ad interim, Bah N’Daw, e il suo primo ministro, Moctar Ouane, il colonnello Assimi Goïta diventa di fatto il nuovo presidente della transizione.
Nel pomeriggio di ieri Bah N’Daw ha rassegnato le sue dimissioni e quelle del suo primo ministro a colui che fino a quel momento era stato il suo vicepresidente, portando allo scioglimento definitivo del governo di transizione che era stato annunciato nel pomeriggio di lunedì.
Il Mali, dopo appena dieci mesi, torna di fatto sotto il controllo dei militari del Consiglio nazionale per la salvezza del popolo (Cnsp) guidati dal colonnello Assimi Goïta che ha motivato l’arresto delle prime due alte cariche «per non aver rispettato la Carta di Transizione» e per «non essere stato consultato riguardo al nuovo rimpasto di governo» che ha visto l’esclusione di due militari di peso del Cnsp dall’esecutivo, rispettivamente dalle cariche di ministro della Sicurezza e della Difesa.
Detenuti nel campo militare di Kati – dove lo scorso 18 agosto è iniziato il golpe che ha deposto l’ex-presidente Ibrahim Boubacar Keita – i due leader maliani hanno ricevuto ieri mattina la visita di una delegazione della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao) guidata dal mediatore Goodluck Jonathan.
Proprio durante la visita dei mediatori della Cedeao i due leader maliani hanno annunciato «le loro dimissioni» rilasciando il mandato, molto probabilmente sotto costrizione, nelle mani di Goïta.
Secondo la stampa locale non è stato fornito nessun dettaglio riguardo alla carica del primo ministro, anche se nel primo pomeriggio di ieri sono iniziate le consultazioni, con il “Movimento 5 Giugno” M5-Rfn, principale raggruppamento politico del paese.
Riguardo alle reazioni politiche, comunque, le opposizioni si presentano divise. Da una parte la corrente del M5 che vede come leader Choguel Maiga non esclude «la partecipazione del movimento al nuovo esecutivo», rimasto escluso dal governo di Ouane, anche se ha annunciato che riferirà con un comunicato ufficiale quando avrà concluso «il proprio dibattito interno».
Al contrario il coordinamento di movimenti, associazioni e simpatizzanti dell’imam Mahmoud Dicko si dichiara «attento a seguire gli eventi» e chiede « alla sua base di restare mobilitata».
La società civile maliana, attraverso un comunicato dell’Associazione maliana per i diritti umani, ha condannato duramente «il colpo di stato» e ha invitato alla «mobilitazione popolare per salvare la fragile democrazia maliana».
L’Unione Nazionale dei Lavoratori del Mali (Untm) ha sospeso ieri lo sciopero generale, lanciato in questi giorni per richiedere «un aumento dei salari» a causa della dura crisi economica, per «non aggravare la difficile situazione che sta vivendo il paese».
In questo contesto appare impossibile la missione del diplomatico della Cedeao, Goodluck Jonathan, che già lo scorso agosto aveva mediato per una transizione guidata da civili verso elezioni democratiche previste nel marzo 2022.
Durissime le reazioni e le prese di posizione da parte del presidente francese Macron che ha condannato il colpo di stato militare e sospeso le attività della missione militare Barkhane, con le oltre 5mila truppe francesi impegnate nella lotta al fenomeno jihadista, uno dei principali flagelli del Mali.
Anche la Cedeao e l’Ua hanno richiesto «la liberazione incondizionata dei leader civili maliani» e hanno minacciato, come già avvenuto la scorsa estate, «un inasprimento delle misure economiche e nuove sanzioni nei confronti della giunta militare».
* Fonte: Stefano Mauro, il manifesto
ph by Magharebia, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
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