Mali: golpe a ripetizione, transizione decapitata
Il presidente ad interim Bah N’Daw e il suo primo ministro, Moctar Ouane, sono stati arrestati dai militari nella serata di lunedì e sono stati portati nella base di Kati, dove lo scorso 18 agosto era iniziato il golpe che ha deposto l’ex-presidente Ibrahim Boubacar Keita.
Nelle scorse settimane Ouane si era dimesso dall’incarico con l’obiettivo di creare un nuovo governo che includesse maggiormente le forze politiche e la società civile maliana. Una scelta legata anche alla volontà di attuare nuove riforme per contrastare la dura crisi sociale che sta colpendo il paese, sfociata in questi giorni nello sciopero generale indetto dal Sindacato Nazionale dei Lavoratori del Mali (Untm), principale forza sindacale del paese, con la richiesta «dell’adeguamento dei salari di tutto il settore pubblico».
Nel pomeriggio di lunedì la squadra del nuovo governo era stata appena annunciata sul canale di stato Ortm quando la situazione a Bamako si è fatta subito tesa con il posizionamento di numerosi militari nei punti chiave della capitale.
Il nuovo esecutivo, composto da 25 membri, pur essendo ancora largamente composto da militari ha visto, però, l’avvicendamento di alcune figure chiave del Consiglio nazionale per la salvezza del popolo (Cnsp) – organo composto dai militari dopo il golpe – come il colonnello Modibo Koné e Sadio Camara rimossi rispettivamente dal ministero della sicurezza e dal ministero della difesa.
Posizioni considerate fondamentali dal vicepresidente e vero uomo forte della transizione in Mali, il colonnello Assimi Goïta, a tal punto da spingere i militari a mettere agli arresti il primo ministro e il presidente ad interim. Ieri, sempre alla tv nazionale, Goïta ha provato a tranquillizzare la popolazione e la comunità internazionale sul «processo democratico in corso nel paese» – che prevede le prossime elezioni nel marzo del 2022 – e ha detto di «essere stato costretto a rimuovere le due principali cariche dello stato» a causa delle loro scelte non condivise in merito a Sicurezza e Difesa, sue esclusive prerogative.
In un altro passaggio il colonnello ha accusato il premier Ouane di «non aver conquistato la fiducia delle parti sociali» e di essere quindi il principale responsabile dello sciopero che sta paralizzando il paese.
Preoccupazione da parte della comunità internazionale per quello che si presenta come un secondo golpe militare in meno di dieci mesi. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, attraverso un messaggio su Twitter, si è detto «profondamente preoccupato per la detenzione dei leader civili della transizione» e ha richiesto a tutti gli attori politici di «mantenere la calma per evitare il peggioramento di una situazione già molto precaria».
Dure, al contrario, le reazione da parte dell’Unione africana (Ua) e della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao) che già lo scorso agosto avevano mediato per una transizione democratica che includesse personalità politiche e non militari. In un comunicato congiunto i membri del comitato di sorveglianza (Ua, Cedeao, Ue e Minusma) «rifiutano in anticipo qualsiasi atto imposto dalla coercizione, con la minaccia di nuove sanzioni economiche».
L’attuale presidente dell’Ua, Félix Tshisekedi, ha chiesto «il rilascio immediato e incondizionato dei leader della transizione arrestati dai militari» ed ha condannato fermamente «ogni azione unilaterale volta a destabilizzare il paese», invitando tutti gli attori della transizione politica maliana alla moderazione e al rispetto della Costituzione.
Il presidente francese Macron, infine, a margine del vertice Ue di Bruxelles ha definito «inaccettabile un colpo di stato nel colpo di stato» e ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza Onu. Parigi mantiene nella regione una forza militare di 5 mila uomini impegnata nella lotta al jihadismo.
In questo difficile contesto è atterrato nella serata di ieri a Bamako il mediatore della Cedeao per il Mali, l’ex presidente nigeriano Jonathan Goodluck, per riavviare una difficile mediazione con il vicepresidente Goita e per verificare le condizioni di Ouane e Bah N’Daw, ancora agli arresti nella base di Kati.
* Fonte: Stefano Mauro, il manifesto
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