Mohammad ha raccontato ad Emanuela del terrore provato dalla gente di Beit Hanoun e della rassegnazione di tanti a qualsiasi destino. In casa è pericoloso ma nonostante le bombe e le cannonate alcune famiglie preferiscono restare nelle proprie abitazioni e non finire nelle scuole dell’Unrwa (Onu) dove vivrebbero ammassate nelle aule. Almeno 10.000 palestinesi sono fuggiti e altri lo faranno nei prossimi giorni seguendo il copione del 2014 quando fiumi di persone si misero in marcia per sottrarsi ai bombardamenti dell’operazione Margine Protettivo. Il premier Netanyahu ripete che la campagna militare andrà avanti per dare una dura lezione ad Hamas. E il portavoce militare riferisce che Israele ha colpito nella notte tra giovedì e venerdì 150 siti di Hamas, con 160 missioni aeree compiute in pochi minuti per distruggere una rete di tunnel sotterranei. Diversi membri di Hamas inoltre sarebbero rimasti stati uccisi in conseguenza di un annuncio diffuso, pare, intenzionalmente dal portavoce militare dell’inizio dell’offensiva di terra all’interno di Gaza che li avrebbe spinti a scendere nei tunnel poi presi di mira dall’aviazione. Israele aggiunge che anche ieri che sono stati eliminati numerosi capi e militanti delle Brigate Al Qassam (Hamas) e di aver inflitto distruzioni e perdite senza precedenti al nemico. Eppure il movimento islamico anche ieri ha lanciato razzi da Gaza verso il territorio meridionale israeliano – 140 dalle 7 alle 19 – provocando danni e feriti in diverse città e superando non poche volte il sistema di difesa Iron Dome. La vita a sud di Tel Aviv e verso il Neghev è rallentata. La popolazione vive tra casa e i rifugi dove si precipita quando l’urlo delle sirene si diffonde nei centri abitati presi di mira. Sono 8 i morti e decine i feriti in Israele.
A Gaza sono i civili a pagare il prezzo di sangue più alto dei bombardamenti. Rappresentano circa la metà dei 125 uccisi fino a ieri sera, tra i quali 31 ragazzi e bambini e 20 donne. I feriti sono oltre 900. I danni materiali appaiono già ingenti. Più di 200 edifici sono stati distrutti negli ultimi cinque giorni. Salma Hijazi, residente a Gaza city, ci diceva ieri che «è peggio del 2014, gli israeliani stanno puntando a terrorizzarci con i loro attacchi aerei notturni». Hijazi lancia l’allarme sulla situazione umanitaria: «le infrastrutture rischiano di crollare, la centrale elettrica non avrà più il gasolio per funzionare e gli ospedali vanno verso il collasso». L’Onu ieri ha chiesto alle autorità israeliane e ai gruppi armati palestinesi di permettere immediatamente la consegna di carburante, cibo e forniture mediche.
Quella di ieri è stata anche la giornata di un bagno di sangue in Cisgiordania, alla vigilia della Nakba in cui i palestinesi commemorano la perdita della terra e l’esodo di centinaia di migliaia di profughi. Dopo le preghiere di mezzogiorno, migliaia di persone, in maggioranza giovani, hanno manifestato in oltre venti località contro l’occupazione, a sostegno degli abitanti di Gaza e Sheikh Jarrah (Gerusalemme) e contro le frequenti scorribande dei coloni israeliani nei villaggi palestinesi. Ai lanci di sassi e bottiglie che partivano da dietro le colonne di fumo nero che si alzavano dai copertoni in fiamme, i militari israeliani hanno risposto sparando: dieci i palestinesi uccisi, decine di feriti. In serata si è aggiunta un’undicesima vittima, colpito, dicono i palestinesi, dal fuoco dei coloni israeliani a Iskaka (Salfit). Un bilancio così alto di vittime in Cisgiordania, in una sola giornata, non si registrava da anni.
Per oggi sono annunciate nuove proteste, sull’onda anche dell’appoggio che i palestinesi ricevono dalla popolazione giordana e dal Libano dove si sono svolte manifestazioni per la Palestina e la Nakba. Ieri un manifestante sul versante libanese del confine è stato ucciso dal fuoco dei soldati di Israele. Si è poi appreso che era un attivista di Hezbollah. Dalla Siria sono stati lanciati tre razzi verso Israele ma non è chiaro che i due fatti siano collegati.
* Fonte: Michele Giorgio, il manifesto