Movimenti in piazza contro un Recovery senza democrazia: «Non è l’alternativa alla crisi»
Condanna dell’esautoramento del parlamento e della discussione pubblica sulle soluzioni contenute nel piano di oltre 330 pagine anche da parte dei deputati in piazza
Davanti alla Camera che ha ricevuto il piano del secolo, quello di «ripresa e resilienza» solo dopo le 14 per votarlo senza conoscere la versione definitiva in serata, ieri si è radunato un puzzle di movimenti, associazioni e sindacati che anima la rete «Per una società della cura». Insieme hanno redatto il «Recovery PlaNet» alternativo a quello che il 30 aprile il governo invierà alla Commissione Europea. Prossimi appuntamenti: a Roma per il Global Health Summit del 21 maggio e il ventennale del G8 di Genova.
«QUESTO MODO di fare politica la dice lunga sulla concezione della democrazia di questo governo – sostiene Marco Bersani di Attac – Il piano insegue i miti della crescita competitività e concorrenza con il presidente del consiglio Mario Draghi che spinge alla sua attuazione senza una discussione pubblica perché sostiene che ogni ritardo provoca perdite di vite umane. Farei presente che le 116 mila vittime sono la conseguenza di un modello di sviluppo che ha provocato la pandemia del Covid e che potrebbe produrne altre se non lo si cambia. Nel Pnrr non c’è un’alternativa a questo modello».
«SI STANNO AFFRONTANDO i problemi del mondo del 2021 come le pandemie e l’emergenza climatica con le politiche economiche degli anni novanta – sostiene Monica Di Sisto di Fair Watch – Pensano che gli investimenti si traducano in punti di Pil da portare a Bruxelles come un trofeo. Ma gran parte di quelli prospettati nel piano rispondono a politiche di stimolo che rischiano di finire in nulla se il mercato interno e il tessuto sociale sono impoveriti come oggi. Gli incentivi non si traducono in lavoro dignitoso e qualità della vita. La storia dell’altra crisi dovrebbe averlo dimostrato. E invece si procede nello stesso modo, più di prima. Abbiamo votato un parlamento perché esami il piano, altrimenti parliamo di ristrutturazione autocratica del paese».
«QUELLA CHE SI VOTA in queste ore è una grande spartizione di risorse che quasi tutti i partiti stanno aspettando da mesi e li ha rapidamente convinti a imbarcarsi in un governo di destra-centro-sinistra, un’“ammucchiata” senza precedenti in Italia e in Europa- ha detto Piero Bernocchi (Cobas) – Senza un reddito di base, beni comuni come scuola e ricerca, trasporti e sanità sottratti al mercato non ci sarà nessuna transizione».
ANCHE SULLA SANITÀ è il piano è stato giudicato insufficiente. «La sofferenza usata per altre esigenze economiche per fare ripartire il modello di sviluppo che è alla base di queste pandemie – ha detto intervenendo online Vittorio Agnoletto di Medicina Democratica e della campagna “Nessun profitto sulla pandemia” – Abbiamo bisogno di cambiare il paradigma della sanità, di assumere medici e infermieri, una medicina territoriale, strutture ospedaliere intermedie, i Lea devono essere garantiti da un servizio pubblico e di un’azienda sanitaria pubblica a livello europeo. Altrimenti alla prossima pandemia rincorreremo le multinazionali per avere altri vaccini».
CRITICHE sono state rivolte da Rossella Muroni (Verdi) al la visione estrattivistica delle politiche energetiche, alla politica di transizione alle energie rinnovabili non democratica e non priva di problemi sull’idrogeno; sulle grandi opere e sui commissariamenti. «C’è un deficit di partecipazione democratica – ha detto in piazza Stefano Fassina (LeU) che ha votato la fiducia al governo -La storia non finisce oggi, le leggi delega passeranno in parlamento e i progetti vanno definiti, è importante continuare la mobilitazione». «Voterò contro questo scandalo – ha detto Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) in piazza- Il governo precedente è caduto perché aveva permesso la partecipazione al piano. Ora il Parlamento lo discute a scatola chiusa».
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto
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