Iran. Centrale nucleare attaccata da Israele, sfiorata la catastrofe
«Spero che gli iraniani siano incentivati a sedersi con gli americani a Vienna- dice Barbara Slavin dell’Atlantic Council – ma temo che questo li renda meno flessibili, proprio come vuole Netanyahu»
«Poteva essere una catastrofe ambientale, pare che questa volta sia andata bene». È così che il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran commenta l’attacco israeliano all’impianto nucleare di Natanz, destinato all’arricchimento dell’uranio. A preoccuparsi per le azioni terroristiche di Israele nei confronti dell’Iran dovrebbe essere però la comunità internazionale: siamo in piena pandemia e non possiamo permetterci l’eventualità della dispersione di materiale radioattivo da una centrale nucleare iraniana.
L’ATTACCO ISRAELIANO è avvenuto domenica, ovvero il giorno dopo la giornata della tecnologia nucleare in cui il presidente iraniano Hassan Rouhani ha inaugurato una linea di 164 cosiddette centrifughe IR-6 e un’altra delle 30 IR-5, installate nel complesso nucleare di Natanz in violazione dell’accordo nucleare del 2015 noto come JCPOA. Domenica all’alba, quello stesso impianto nucleare veniva preso di mira. Secondo quanto riferito dall’intelligence statunitense al New York Times, un’esplosione avrebbe distrutto completamente il sistema elettrico interno all’impianto, ovvero quello che forniva energia alle centrifughe, e ci vorranno nove mesi per riparare i danni.
La televisione pubblica israeliana Kan cita imprecisate fonti di intelligence secondo cui Israele sarebbe responsabile dell’incidente. Secondo quelle fonti si sarebbe trattato di un’«operazione informatica israeliana che ha coinvolto il Mossad». Secondo tali fonti, il danno causato sarebbe superiore rispetto a quanto riferito in Iran. Intanto, il Consiglio di difesa del governo israeliano viene convocato per domenica prossima, dopo due mesi di pausa, per esaminare le crescenti tensioni con l’Iran.
Mentre i funzionari statunitensi e iraniani discutono a Vienna grazie alla mediazione europea e russa, Israele cerca di allontanare lo spettro di un ritorno all’accordo nucleare con Teheran e, nel farlo, gioca sempre più pesante.
LO SCORSO 27 NOVEMBRE il Mossad aveva assassinato in pieno giorno Mohsen Fakhrizadeh, sospettato di guidare il programma nucleare iraniano a scopi militari; il 10 marzo, il 25 marzo e il 6 aprile si sono verificate esplosioni e incendi a bordo di diverse navi iraniane nel mar Rosso, nel mare Arabico e nel Mediterraneo; l’aviazione israeliana ha poi colpito le basi missilistiche siriane in cui i consulenti iraniani fornivano assistenza agli Hezbollah libanesi.
Ora, di fronte all’ennesimo attacco israeliano, i pasdaran minacciano vendetta. Secondo l’agenzia di stampa iraniana Nour, affiliata al Consiglio Supremo della Sicurezza Nazionale, il sabotatore sarebbe stato identificato e sarebbe in atto un’operazione per arrestarlo.
L’Iran è sotto attacco israeliano, ormai da tempo. Il governo del presidente moderato Rohani ha svenduto la sovranità nucleare senza ottenere, in cambio, la fine delle sanzioni internazionali. In Iran l’inflazione è a due cifre e i prezzi alle stelle. È assai probabile che gli ultraconservatori si aggiudichino la poltrona di presidente nel voto previsto per il 18 giugno.
QUESTO È L’ENNESIMO CAPITOLO della saga nucleare iraniana. Nel luglio 2015 era stato raggiunto un accordo, ma di fatto il Congresso statunitense non aveva mai ratificato l’intesa tra l’Iran e i 5+1 (i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania). Con il presidente democratico Barack Obama l’accordo stava in piedi, ma era bastato che alla Casa bianca arrivasse Donald Trump e quel castello di carte era crollato. Biden sembra non voler soffiare sul fuoco mediorientale, ma deve comunque piegarsi ai diktat delle lobby israeliane. E resta la mancanza di fiducia da parte della comunità internazionale nei confronti dell’Iran: alcuni paesi temono che l’obiettivo dei pasdaran sia la bomba atomica, un risultato che le autorità di Teheran dicono di non volere.
A COMPLICARE ULTERIORMENTE la situazione è stata la decisione iraniana di riprendere l’arricchimento dell’uranio nel 2019, esattamente un anno dopo che Trump si era ritirato unilateralmente dall’accordo. In tutto questo, «la politica del governo israeliano è volta a tenere a freno il programma nucleare dell’Iran attraverso sabotaggi e assassini e non crede che gli accordi diplomatici possano avere efficacia», commenta Barbara Slavin dell’Atlantic Council. «Spero che gli iraniani siano ulteriormente incentivati a tornare al Jcpoa e siano disposti a sedersi con gli americani a Vienna, ma temo che l’attacco a Natanz li renda meno flessibili, proprio come vuole Netanyahu».
* Fonte: Farian Sabahi, il manifesto
ph by Hamed Saber, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
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