by Claudia Fanti * | 20 Aprile 2021 11:54
Con il pieno sostegno dell’amministrazione Biden, il governo di Iván Duque si appresta a riprendere le fumigazioni aeree con il glifosato per distruggere i raccolti di coca. Il Decreto 380 firmato il 12 aprile dal presidente colombiano dà infatti il via libera alle irrorazioni sui campi di coca, papavero e marijuana, infliggendo il colpo definitivo all’Accordo di pace con le Farc del 2016, con il suo Piano nazionale di sostituzione volontaria delle coltivazioni illecite.
Le irrorazioni con il glifosato, utilizzate in particolare sotto i due governi di Álvaro Uribe (2002-2010) con la benedizione di George W. Bush, erano state sospese nel 2015 dal Consiglio nazionale degli stupefacenti (Cne) in seguito all’allarme dell’Oms sugli effetti potenzialmente cancerogeni del potente erbicida. Finché, due anni più tardi, la Corte Costituzionale aveva vincolato la ripresa delle fumigazioni a una serie di requisiti sociali, ambientali e sanitari a garanzia dei territori e delle comunità.
Ma se è proprio il rispetto di tali requisiti che dovrà essere verificato dal Cne prima che il decreto possa entrare in funzione, è facile prevedere come si pronuncerà: il Consiglio è infatti presieduto dal ministro della Giustizia Wilson Ruiz e, tra le autorità che ne fanno parte, l’unica non nominata direttamente dal governo è la Procuratrice generale della nazione Margarita Cabello, la quale ha ricoperto la carica di ministra della Giustizia di Duque fino all’agosto del 2020.
Non sorprende allora che il ministro della difesa Diego Molano abbia dichiarato che 9 velivoli sono già pronti a svolgere le attività di irrorazione aerea con glifosato, con l’obiettivo di distruggere 26mila ettari di piantagioni di coca, assicurando ovviamente che tutto avverrà con la massima precisione per ridurne le ricadute al di fuori delle aree identificate e proteggere così «i contadini, la salute e l’ambiente».
Ma quanto poco valgano queste e altre rassicurazioni lo dimostra bene la lettera inviata da 15 senatori dell’opposizione, tra cui Iván Cepeda e Gustavo Petro, alla vicepresidente degli Stati uniti Kamala Harris, al presidente pro tempore del Senado Patrick Leahy e alla presidente della Camera Nancy Pelosi per esprimere il proprio rifiuto alle fumigazioni con il glifosato, a causa della loro scarsa efficacia e dei loro enormi costi economici, sociali e ambientali.
Se «quasi 40 anni di applicazione di questa strategia» dovrebbero bastare a comprendere quanto poco sia servita a combattere le colture illecite e il traffico di droga, i senatori sollecitano al contrario il sostegno degli Stati uniti alla sostituzione volontaria delle coltivazioni prevista dall’Accordo di pace, fortemente sottofinanziata benché il suo «tasso di efficacia sia superiore al 90%».
Già a marzo, del resto, più di 180 esperti di università statunitensi, colombiane e di altri paesi avevano scritto a Biden, a fronte del suo sostegno alla ripresa delle fumigazioni in Colombia, ricordando come l’uso del glifosato, già alla base del piano di Trump contro il narcotraffico, risultasse inefficace, costoso e devastante per la salute delle persone, le comunità agricole e gli ecosistemi.
E sul piede di guerra sono naturalmente anche cocaleros e ambientalisti: contro il decreto firmato da Duque il dirigente dell’Asociación de Cocaleros Carlos Chapuel ha già annunciato una mobilitazione di protesta, sottolineando il mancato sostegno dello stato alla richiesta dei contadini di sostituire i raccolti illeciti e la conseguente assenza di garanzie «per commercializzare altri prodotti».
* Fonte: Claudia Fanti,il manifesto[1]
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