Un Trattato su imprese e diritti umani per fermare l’impunità delle multinazionali
In questo colloquio, Brid Brennan e Gonzalo Berrón, Corporate Power Team of the Transnational Institute (TNI), parlano della struttura dell’economia globale, progettata per facilitare la creazione di profitto da parte delle Trans National Corporations (TNC), le società transnazionali, a discapito degli interessi e della protezione dei diritti dei popoli e dell’ambiente, ma anche delle sfide del Trattato vincolante dell’ONU su imprese e diritti umani. I due membri del TNI hanno anche discusso la proposta di un Trattato Internazionale dei Popoli avanzata dalla Global Campaign to Reclaim Peoples Sovereignty, Dismantle Corporate Power and Stop Impunity, la Campagna globale in difesa della sovranità dei popoli, contro il potere e l’impunità delle grandi corporazioni.
Partiamo dal Covid-19. È stato segnalato che per molte imprese, e per gli Stati Uniti, la pandemia si è trasformata in un’opportunità per nascondere i “panni sporchi” e intensificare le loro pratiche. Siete d’accordo? Una questione particolarmente importante sembra essere la richiesta di dilazione o di allentamento delle norme per la fiscalità, per la tutela ambientale e del lavoro e di sicurezza. Tutto in nome della pandemia.
Non vediamo proprio come la situazione attuale possa fungere da opportunità per nascondere i “panni sporchi” delle TNC. Quello che vediamo, al contrario, è che la pandemia ha dimostrato quanto il mondo sia diventato dipendente dai privati per affrontare le sfide della cosa pubblica, e come le politiche di privatizzazione e le logiche di profitto abbiano messo in secondo piano la salute delle persone. La pandemia ha messo l’accento sull’estrema necessità di avere un sistema sanitario pubblico. Inoltre, ha dimostrato che l’indirizzo dello Stato è cruciale nelle politiche pubbliche e che avere delle linee guida è essenziale in un momento di crisi così grave come quello attuale. La pandemia ci ha dimostrato, insomma, che abbiamo bisogno di uno Stato saldamente capace di mettere in campo risorse e misure efficienti, svincolate dalla volontà delle imprese e da presunti “diritti degli investitori”. Tutto ciò è stato messo nero su bianco in una ricerca congiunta del Transnational Institute (TNI) e del Corporate Europe Observatory (CEO), pubblicata di recente con il titolo Cashing in on the pandemic (Fare soldi con la pandemia). Un esempio: in conseguenza dell’ondata di investimenti pubblici cui il Covid-19 ha costretto gli Stati, gli avvocati al soldo delle TNC stanno intentando grandi cause basandosi sulle clausole degli accordi tra investitori e attori statali.
È significativo il paragone tra i numeri ingenti delle vittime mietute dalla pandemia in paesi come Stati Uniti, Regno Unito e alcuni membri dell’Unione Europea, dove i sistemi sanitari sono stati spolpati dalle privatizzazioni negli anni, e quelli di paesi con sistemi sanitari fondati sulla comunità, come Thailandia e Vietnam, che sono riusciti a proteggere la popolazione con poche o addirittura nessuna perdita di vite umane.
Parallelamente, sullo sviluppo di un vaccino o di una cura per il Covid-19 diamo “fiducia” ai privati, che operano però con soldi pubblici, attraverso appalti statali assegnati alle Big Pharma oppure con finanziamenti pubblici ai centri di ricerca privati, che nella maggior parte dei casi mantengono i loro “diritti” sulle cure che sviluppano con denaro pubblico.
Allo stesso tempo, per molti governi la prima preoccupazione sembra essere quella di salvare le grandi aziende, più che rispondere ai bisogni delle persone. La priorità è uscire dalla crisi economica, ma non ci sono prove che in questo modo si facciano davvero passi avanti nel miglioramento dei servizi sanitari e il diritto alla salute.
Messi sotto pressione dalle imprese, i governi hanno speso ingenti somme di denaro pubblico e hanno contratto prestiti. Questi soldi andranno direttamente alle aziende ed è probabile che dopo la crisi ci troveremo ancora di fronte un mondo segnato dal contrasto tra una popolazione sempre più povera e un’élite sempre più esigua e più ricca, composta da aziende e di miliardari.
Pensate che la pandemia abbia indebolito la società civile? Vi sembra difficile per i gruppi organizzati continuare o rilanciare vecchie battaglie o iniziarne di nuove?
È proprio quando le persone decidono di rischiare la vita per qualcosa che si rendono conto del potere che hanno di cambiare le cose. Lo abbiamo visto con le mobilitazioni di massa seguite all’omicidio di George Floyd da parte di un poliziotto bianco negli Stati Uniti, ennesimo episodio di quella che sembra una pratica abituale in quel paese. Ma lo stesso è accaduto in Brasile, dove migliaia di giovani neri, per lo più poveri, muoiono ogni anno per mano della polizia o perché vittime degli altissimi livelli di violenza presente nella società. Le mobilitazioni indette dal movimento Black Lives Matter sono sbarcate in molte città d’Europa, mescolandosi in modo significativo con i movimenti per i diritti dei migranti e dei rifugiati, che protestano contro le condizioni di “schiavitù moderna” e chiedono di essere regolarizzati.
La società civile ha dimostrato la sua forza anche nei paesi del sud del mondo, con le caceroladas delle 20,30 a San Paolo e delle 21,00 a Buenos Aires. I movimenti sociali e le reti della società civile si sono organizzati usando la tecnologia disponibile, applicazioni come WhatsApp, Signal, Zoom, Jitsi, oppure social media che si sono rivelati efficaci nell’evitare che le persone si “smobilitassero”. Questa dinamica sociale virtuale ha portato a una vera e propria impennata di condivisione di esperienze: incontri, webinar e conversazioni che hanno contribuito a dare una valutazione collettiva della nuova congiuntura, rappresentando contemporaneamente uno strumento strategico per decidere cosa fare. Tuttavia, non dobbiamo nasconderci che queste realtà sono ancora allo stato embrionale rispetto alla crisi in corso a livello globale. La pandemia di Covid-19 è un vortice in cui vediamo l’intensificarsi e l’aggravarsi delle crisi economiche, politiche e ambientali della nostra epoca. Ma considerando la visibilità data agli effetti della colonizzazione delle nostre società e delle nostre vite da parte delle grandi multinazionali, e l’evidente necessità di un rinnovato impegno pubblico o statale su questo fronte, crediamo esista una forte spinta per creare migliori prospettive di cambiamento nella fase post pandemia.
Dal 23 al 27 ottobre a Ginevra è prevista la sesta sessione del Open Ended Intergovernmental Working Group (OEIGWG), il gruppo di lavoro intergovernativo aperto, che avrà il mandato di sviluppare un Trattato vincolante delle Nazioni Unite per le società transnazionali e altre imprese commerciali con riferimento ai diritti umani. Cosa possiamo aspettarci?
Al momento non è chiaro se la sessione dell’OEIGWG si svolgerà come previsto e quale sarà la sua modalità. Come entità della società civile, non siamo d’accordo sul fatto di svolgere il negoziato in modalità che non sia in presenza. Arrivare a questo appuntamento è stato una sfida enorme per l’intero sistema dell’ONU, e continua a esserlo. In via informale si stanno già svolgendo consultazioni online, e questo, dal nostro punto di vista, è un passaggio estremamente importante, perché è indice di un interesse continuativo da parte degli Stati e della società civile nei confronti del Trattato. La storia dimostra che il lavoro attorno a un Trattato sulle TNC e i diritti umani è tra i negoziati delle Nazioni Unite che hanno suscitato maggiore interesse e impegno a livello cittadino.
Dal 2012 le comunità interessate, i movimenti sociali, i sindacati, le donne, i migranti, le organizzazioni ambientaliste e per i diritti umani e le organizzazioni dei popoli indigeni hanno fatto convergere i loro atti di resistenza alle multinazionali creando una Campagna globale e dando una visibilità nazionale e internazionale alle loro lotte. Dal 2014, quando l’OEIGWG ha ricevuto il mandato dell’United Nations Human Rights Council (UNHRC), le delegazioni della società civile scendono in piazza ogni anno per la Settimana della mobilitazione dei popoli, manifestando fuori e dentro il Palazzo delle Nazioni Unite a Parigi e chiedendo un Trattato che affronti finalmente le lacune del diritto internazionale in relazione alle violazioni dei diritti umani da parte delle TNC. L’alto livello di mobilitazione raggiunto è stato accompagnato da una partecipazione sostenuta e senza precedenti degli Stati: alla sessione del 2019 hanno partecipato in 96.
Negoziare un Trattato è un processo lento, che può richiedere anni. Potrebbero volercene diversi anche nel caso della trattativa sul Trattato su TNC e diritti umani. Rispondere alle violazioni quotidiane dei diritti e dare ascolto alle richieste di giustizia che vengono dalle popolazioni è senz’altro urgente, ma dobbiamo mantenere la calma, nella convinzione che il Trattato che stiamo costruendo diventerà il punto di riferimento del diritto internazionale sulle violazioni dei diritti umani sulle attività delle TNC per i prossimi 30 anni almeno. È una sfida enorme: da un lato, dobbiamo spingere gli Stati a mobilitarsi e a sostenere i negoziati per il Trattato in una congiuntura geopolitica molto difficile; dall’altro, dobbiamo sostenere l’arduo compito di dare una forma concreta ai contenuti del Trattato.
Prima della pandemia uno dei principali argomenti contro il Trattato vincolante era il timore che questo avrebbe sostituito il ruolo primario dello Stato e delle leggi nazionali nell’applicazione diretta di norme sui diritti umani contro le imprese. Ritenete che la dimensione statale e nazionale sia uscita rafforzata dalla pandemia? È vero che il Trattato intende sostituire lo Stato nella protezione dei diritti umani dei suoi cittadini?
La globalizzazione dell’economia ha cambiato la logica in cui operano le TNC. In realtà, possiamo dire che l’economia globale si è piegata alla logica delle multinazionali in tutte le principali aree, così come ha adottato le loro regole, che privilegiano e supportano le catene di valore globale (Global Value Chains). L’architettura globale dell’economia è stata progettata per facilitare in tutti i modi l’estrazione di profitto da parte delle TNC, mettendola al di sopra degli interessi delle persone e della protezione dell’ambiente o dei loro diritti. Proprio l’asimmetria tra il potere delle TNC e degli Stati ha fatto sì che le prime potessero cambiare le leggi esistenti e plasmare nuove leggi e nuove politiche, in particolare attraverso il regime degli investimenti e gli accordi di libero scambio. Il che ha reso le economie nazionali estremamente “aperte” e deregolamentate. Perciò, oltre a ribadire che le leggi statali non sono sufficienti a proteggere le persone dalle operazioni delle TNC, che in molti casi implicano violazioni dei diritti umani, noi pretendiamo anche l’istituzione di un meccanismo internazionale e di una legislazione vincolante che bilanci i rapporti di forza in termini di accesso ai diritti e rispetto delle leggi, per mettere fine all’impunità delle TNC. Il che si traduce in cooperazione tra le istituzioni giuridiche dei vari Stati e, in alcuni casi, la possibilità di imporre obblighi alle TNC anche al di fuori degli Stati in cui si verificano i crimini. Questo non pregiudica la sovranità dello Stato, né diminuisce i suoi obblighi, anzi: in questo modo vengono rafforzati i diritti delle persone e il loro accesso alla giustizia. Il Trattato deve rendere più facile per le vittime accedere ai diritti e alla giustizia, più facile anche nel contesto degli Stati inefficienti o con sistemi giudiziari di parte.
Potreste spiegarci le differenze tra il modo in cui “le violazioni dei diritti umani” sono definite dai Principi guida delle Nazioni Unite su affari e diritti umani (United Nations Guiding Principles on Business and Human Rights, UNGP) e dal Trattato vincolante, e come questo avrà un impatto sul raggiungimento della responsabilità delle imprese?
Il dibattito sul termine “violazioni” ha una dimensione politica e una legale. Secondo l’attuale dottrina dei diritti umani, l’unica entità che può “violare” i diritti umani sono gli Stati, nella misura in cui hanno uno statuto diverso dalle leggi positive. Secondo questa concezione invalsa, le società e gli individui possono commettere crimini o abusi, ma non potrebbero mai “violare” i diritti umani. Insomma, per la dottrina classica le multinazionali non hanno obblighi in materia di diritti umani e non potranno mai averne. Ma ciò viene costantemente messo in discussione dagli effetti negativi della globalizzazione economica e dalla mobilità, e impunità, che quest’ultima garantisce alle imprese. Nel contesto attuale le multinazionali non possono essere chiamate a rispondere degli obblighi in materia di diritti umani: nascondendosi dietro un paravento di contratti e accordi riescono a “sfuggire” ai loro obblighi, a prescindere dal fatto che operino in Stati “deboli” o “forti”.
Ecco perché pensiamo che sia politicamente necessario parlare di “violazioni”, sia per denunciare questa lacuna giuridica che espone chiunque a crimini e violazioni derivanti da azioni delle TNC, sia per parlare la stessa lingua delle persone comuni, che lungi dal comprendere la differenza tecnica tra un “abuso” e una “violazione”, identificano chiaramente quello che subiscono come una violazione dei loro diritti umani da parte delle TNC.
Vogliamo che il sistema e la legge internazionale sui diritti umani affrontino questa sfida e trovino il modo di superare questa dicotomia legale. Le opzioni sono molte (connesse per lo più alla cooperazione internazionale, agli obblighi extraterritoriali e ad altre disposizioni in relazione agli obblighi diretti delle TNC), e vogliamo che i negoziati del Trattato ne tengano conto, per traghettare il diritto costituito verso il futuro.
La Commissione ONU e il Centro sulle TNC sono stati chiusi nel 1993 a causa dell’aperta opposizione degli Stati Uniti e delle stesse multinazionali. Nel corso degli anni Novanta sono stati poi fatti dei passi verso un accordo tra TNC e ONU, che hanno portato alla nascita del Global Compact. Il testo istituiva la Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI). Un passo avanti ulteriore, e sempre volontario, è stato rappresentato dai Principi Guida su Imprese e Diritti Umani dell’ONU, fortemente voluti da John Ruggie, rappresentante del Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan. Tuttavia, in cinque anni di lavoro non si è riusciti a definire uno strumento giuridicamente vincolante che obblighi le TNC ad assumersi la responsabilità delle loro violazioni dei diritti umani. L’accordo stabiliva che il rispetto delle regole fosse su base volontaria, misconoscendo così i decenni di lotta delle comunità per la giustizia e contro le violazioni dei diritti delle persone.
Qual è il livello di coinvolgimento nei negoziati per il Trattato vincolante di società civile, imprese e altri soggetti interessati?
È opportuno specificare che le Sessioni dell’OEIGWG sono uno spazio dove si verifica l’interazione di tre attori principali: i governi, la società civile e le imprese, queste ultime rappresentate dalla International Organisation of Employers (IOE), l’Organizzazione Internazionale dei Datori di Lavoro, e dalla International Chamber of Commerce (ICC), la Camera di Commercio Internazionale, che hanno status di Economic and Social Council (ECOSOC), il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite presso l’UNHRC. Naturalmente, nelle ultime sessioni la partecipazione delle organizzazioni della società civile è stata contestata da alcuni governi, soprattutto dal Brasile, ma non solo. Alcuni governi preferirebbero che le sessioni dell’OEIGWG rimanessero “un affare di Stato”. Tuttavia, dal 2011, le grandi comunità, la società civile e i movimenti sociali hanno dato un contributo attivo al processo, intervenendo anche sul contenuto dello strumento internazionale giuridicamente vincolante sulle TNC e i diritti umani. Pertanto, dal 2014 le organizzazioni della società civile, abilitate attraverso lo status di ECOSOC, hanno partecipato attivamente ai dibattiti che hanno portato alla prima bozza di testo del Trattato e sono riuscite con successo a proteggere il processo di elaborazione dalle mosse delle TNC. La grande partecipazione della società civile (e in particolare delle comunità interessate dal fenomeno) è stata cruciale per portare il processo al punto in cui è ora, cioè in cui si sta negoziando il testo di un Trattato vero e proprio.
Una bozza riveduta del Trattato è stata pubblicata dall’Ecuador nel luglio 2019. Qual è la sua valutazione al riguardo?
La pubblicazione della bozza di testo ha rappresentato una pietra miliare, perché è stata la prima prova di una vera discussione attorno al testo di un Trattato e del fatto che i negoziati erano arrivati a uno stadio maturo, avendo coinvolto attivamente un numero significativo di Stati: erano infatti 96 i paesi che hanno partecipato alla quinta Sessione dell’ottobre 2019. La pubblicazione delle bozze successive è la prova della volontà degli Stati di continuare a promuovere lo sviluppo di questo strumento vincolante, il che è senza dubbio un dato positivo.
L’attuale fase negoziale è caratterizzata da una maggiore complessità tecnica e politica. Come tale, richiederà molta abilità e pazienza da parte della Presidenza per assicurare che i desideri e le richieste degli interessati – che sono stati la ragion d’essere e la forza trainante di tutto questo storico processo – vengano inclusi appieno nel testo di questo strumento.
A questo proposito, le organizzazioni della società civile hanno espresso preoccupazione per la drastica riduzione, durante la quinta Sessione, delle occasioni di incontro e dei canali di dialogo tradizionalmente disponibili tra rappresentanti delle comunità interessate e dirigenti dell’OEIGWG. Ciò ha sminuito lo scambio e marginalizzato le voci che lottano per la giustizia e contro l’impunità.
A ciò si aggiunge una preoccupazione fondamentale della Campagna globale sul piano del contenuto del Trattato. La bozza non includeva numerose osservazioni e proposte che erano state ampiamente sollevate nelle sessioni precedenti non solo dagli Stati, ma soprattutto dai movimenti sociali e dalle comunità interessate, come per esempio la Campagna globale, che hanno compiuto notevoli sforzi per partecipare ai negoziati.
Sul piano dei contenuti, la Campagna Globale ritiene che la prima bozza riveduta del Trattato si discosti dallo spirito e dalle disposizioni della Risoluzione 26/9 per i seguenti aspetti:
- In primo luogo, per il fatto di limitarsi agli obblighi degli Stati: il testo non ritiene le TNC responsabili a livello internazionale e quindi non garantisce una effettiva regolamentazione delle loro attività. Dare la responsabilità del rispetto dei diritti umani solo agli Stati significa mantenere l’attuale status quo, che non è in grado di fermare l’impunità delle TNC. Inoltre, questo si aggiunge al fatto che i meccanismi di attuazione previsti nella bozza sono molto deboli, il che renderà molto difficile evitare le violazioni di diritti e facilitare l’accesso alla giustizia.
- In secondo luogo, siamo preoccupati per l’estensione del campo di applicazione del Trattato a tutte le imprese, perché in questo modo si perde di vista la sua reale necessità, ovvero il fatto che si rivolga alle multinazionali e alla loro capacità di aggirare le giurisdizioni nazionali nella totale impunità. Come sanno tutti quelli che hanno preso parte a questo processo, questa modifica è una concessione alle richieste di attori e di Stati che hanno attivamente osteggiato la costruzione del Trattato, ovverossia il settore privato, la delegazione dell’UE e altri.
- Le richieste delle imprese sembrano essere riuscite a intrufolarsi nel processo, minando le basi e s-normalizzando la natura fondamentale di questo negoziato intergovernativo che, lo ricordiamo, mira a incrementare la protezione dei diritti umani contro le violazioni.
La Campagna Globale continua ad agire per la difesa e il miglioramento delle questioni chiave presenti nella bozza: i diritti delle persone colpite, la prevenzione e la responsabilità legale. A gennaio 2020 abbiamo presentato all’OEIGWG un commento dettagliato della bozza, articolo per articolo.
Danni alla vita: sembra che i crimini contro l’integrità fisica dei leader delle comunità, la repressione e la criminalizzazione delle lotte sociali e della resistenza siano effettivamente aumentati. Un caso esemplare in questo senso è la Colombia, ma non è l’unico. Come si può contrastare il fenomeno? Il Trattato è sufficiente?
Nel sistema internazionale esistono alcuni strumenti specifici per affrontare precisamente questo tipo di omicidi. In alcuni casi non sono necessariamente legati alle attività delle aziende, ma per i casi legati ad attività delle TNC e delle imprese in generale noi riteniamo necessario un Trattato. Certo, il testo potrebbe non contemplare tutti i casi e non metterà fine ai crimini. Non esistono leggi perfette, e certamente non esistono applicazioni perfette della legge. Ma il Trattato rappresenterà uno strumento sia per gli Stati che, soprattutto, per i difensori dei diritti umani e le vittime, perché offrirà appunto nuovi modi di tutelare i diritti e ottenere giustizia. Oltre a specifiche procedure legali, il testo servirà anche a fare pressione sugli Stati, nella misura in cui, nel caso non rispettino le nuove regole, verranno esposti alla censura internazionale per non rappresentare un luogo sicuro per i diritti umani. Il Trattato rappresenterà anche un deterrente per le TNC, come per i loro appaltatori e subappaltatori: obbligherà tutti a stare più attenti a quello che fanno. Insomma, non sarà una soluzione definitiva, ma senz’altro un passo in avanti e uno strumento indispensabile per coloro che subiscono violazioni dei diritti umani e le loro comunità di appartenenza.
La Campagna globale per la sovranità dei popoli, contro il potere e l’impunità delle grandi corporazioni ha proposto la scrittura di un Trattato internazionale dei popoli. Potete dirci brevemente qual è lo scopo di questo testo, come funzionerà e a che punto è la sua realizzazione?
Siamo arrivati a questo negoziato dopo un lungo processo di mobilitazione in cui abbiamo costruito un corpo sistematico di proposte derivate dalle lotte dei popoli, dai loro bisogni, esigenze, idee e richieste. Il Trattato dei Popoli raccoglie tutto questo, ed è diventato e rimane un documento di riferimento per la Campagna Globale. Il testo è stato elaborato tra il 2012 e il 2014, cioè prima della storica votazione dell’UNHRC che ha dato mandato all’OEIGWG di creare uno strumento giuridicamente vincolante per le TNC in relazione ai diritti umani. Tra le richieste fondamentali del Trattato dei Popoli c’era appunto quella di creare una legislazione vincolante in relazione alle violazioni dei diritti umani da parte delle TNC, assegnare alla società civile un ruolo preminente nel monitoraggio e nell’attuazione del Trattato, istituire un Tribunale per giudicare le violazioni e uno strumento per far rispettare la legge. Il Trattato dei Popoli include anche una sezione molto importante sulle alternative rappresentate dalle lotte democratiche di base per rivendicare la sovranità popolare.
Un’ulteriore articolazione del Trattato dei Popoli è stata data nella bozza di Proposta di Trattato vincolante, presentata nel 2017 come Proposta per il Treaty on Transnational Corporations and their Supply Chains with Regard to Human Rights (Trattato sulle società transnazionali e le loro catene di approvvigionamento in relazione ai diritti umani).
In sintesi, le nostre proposte concrete per il Trattato sono le seguenti:
- Ambito di applicazione del Trattato: l’obiettivo di questo processo è colpire il potere e l’impunità delle TNC, in relazione a tutti i diritti umani.
- Primato dei diritti umani: lo strumento internazionale giuridicamente vincolante deve riaffermare la superiorità gerarchica delle norme sui diritti umani rispetto ai trattati di commercio e di investimento e sviluppare specifici obblighi statali a questo riguardo (ovvero il rifiuto delle clausole della Risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, o Investor-State Dispute Settlement, ISDS).
- Obblighi diretti per le imprese transnazionali: il Trattato deve stabilire vincoli legali diretti per le TNC.
- Solidarietà responsabile: al fine di coprire tutte le attività transnazionali, il Trattato deve contemplare tutte le attività che si svolgono lungo la catena di fornitura delle TNC.
- Per essere vincolante, il Trattato deve includere una Corte/Tribunale Internazionale e altre istituzioni che lo facciano rispettare.
- Diritti delle persone e delle comunità interessate: il Trattato riconosce l’autorità morale e legittima delle persone e dei popoli interessati dalle attività delle TNC. I diritti umani, i difensori dei diritti ambientali e gli informatori saranno protetti.
- Protezione dal condizionamento aziendale: il Trattato include misure concrete contro l’influenza delle TNC durante l’intero processo di preparazione, negoziazione e attuazione del futuro strumento internazionale vincolante.
Nel nostro lavoro di costruzione delle proposte per il Trattato lottiamo per un testo pratico, non teorico. Un testo che dia alle persone risposte concrete, che contribuisca materialmente a prevenire più violazioni dei diritti umani possibile e sia in grado di consegnare alla giustizia i responsabili di eventuali crimini.
Potete descrivere l’attività e i progetti della Campagna globale in difesa della sovranità dei popoli, contro il potere e l’impunità delle grandi corporazioni che sono previste per il 2021?
La sfida più grande, in questo momento dove regna ancora la confusione sull’“uscita” dal Covid-19, è rappresentata dalle condizioni di negoziazione della prossima sessione dell’OEIGWG. Non è ancora chiaro se questa sesta sessione, che in teoria doveva essere un dibattito sulla Seconda Bozza del Trattato, sarà condotta come un normale incontro in presenza. La Campagna Globale si oppone al negoziato online, in quanto limita notevolmente la partecipazione della società civile e può anche portare a una mancanza di trasparenza nei rapporti tra i governi, quando non a vere e proprie manovre da parte dei governi contrari al Trattato. Oltre al fatto che in questo modo il processo è ancora più soggetto alle pressioni delle imprese.
Gli elementi chiave della strategia della Campagna Globale per il periodo compreso tra giugno 2020 e ottobre 2021 mireranno a far sì che la pandemia si trasformi in un’opportunità strategica per rafforzare il sostegno pubblico al Trattato e per mobilitare una massa critica di governi in favore di un Trattato il più solido possibile. Le attività previste includono: consultazioni intensificate (anche online), webinar e forum pubblici che affrontano la seconda bozza del Trattato (luglio 2020) a livello nazionale e internazionale, mobilitando i rappresentanti dei governi, dei parlamenti, delle comunità interessate, dei movimenti sociali, della società civile e degli esperti.
Le strategie chiave in questo periodo comprendono le seguenti azioni:
- Preparare un commento dettagliato articolo per articolo e fornire alternative testuali per il testo della seconda bozza del Trattato, facilitando il contributo sostanziale delle comunità interessate.
- Sostenere la solidarietà attiva alle intense lotte di resistenza in corso sul campo e rispondere alla criminalizzazione dei leader e degli attivisti.
- Intraprendere un’attività di advocacy dinamica con i principali governi di ogni regione del mondo, organizzata dai partecipanti alla Campagna Globale con l’obiettivo di mobilitare la loro partecipazione attiva sia nel processo che nelle proposte di contenuto del Trattato.
- Coinvolgere un gruppo di governi per la leadership collettiva del processo all’interno dell’OEIGWG, assicurando maggiore convergenza sulle opzioni di contenuto più solide nel Trattato.
- Lavorare con la Rete interparlamentare globale nel processo ed espandere l’attuale rete di 350 parlamentari a sostegno del Trattato, arrivando a dibattere sia nei parlamenti nazionali e regionali che a Ginevra.
- Avviare lo sviluppo di una rete di governi locali e città a sostegno del Trattato vincolante. Queste autorità locali siano sottoposte a una rinnovata pressione aziendale (comprese le cause ISDS) in relazione agli appalti pubblici e alle misure di difesa dei servizi pubblici e dell’interesse pubblico.
- Rimanete vigili per quanto concerne la minaccia di ingerenza da parte di corporazioni in materia di contenuti e processi.
- Rafforzare ulteriormente la strategia di comunicazione della Campagna Globale e trovare ambasciatori del Trattato tra accademici, opinionisti e giornalisti.
A seconda del contenuto della seconda bozza di Trattato, e della determinazione della Sessione dell’OEIGWG di ottobre 2020, saranno apportati gli opportuni adeguamenti alla strategia.
Infine, collochiamo la strategia per il Trattato vincolante nel contesto del più ampio lavoro intrapreso dalla Campagna Globale nel contrasto dello strapotere delle TNC. Il protagonismo delle comunità interessate è centrale nell’ambito di una strategia complessiva, che si fonda su tre pilastri. A oggi, la costruzione del Trattato è il più visibile dei tre, ma gli altri due pilastri sono costituiti dalla solidarietà sul campo con le comunità colpite e da azioni volte a contrastare la privatizzazione della democrazia e l’infiltrazione delle istituzioni democratiche da parte delle imprese.
In relazione al Trattato vincolante, il nostro obiettivo è arrivare a un esito positivo dei negoziati. Il che significa che puntiamo ad avere un Trattato con disposizioni sostanziali che rispondano alle principali richieste relative agli obblighi diretti delle TNC e la fine dell’impunità, oltre che di meccanismi efficaci di applicazione della legge e di accesso alla giustizia da parte delle comunità vittime di violazioni. Per raggiungere questo obiettivo, stiamo costruendo un’ampia mobilitazione multisettoriale intorno al Trattato, sia in termini di connessione tra violazioni concrete e crimini sul campo, sia “traducendo” queste battaglie in questioni linguistiche da portare in sede di redazione del Trattato.
Riteniamo che sia meglio avere un Trattato coerente domani piuttosto che un testo annacquato oggi, e questa convinzione informa il nostro modello di lavoro. Siamo disposti a sacrificare l’urgenza in nome di risultati efficaci, sapendo che quello che abbiamo di fronte è un processo storico, che non deve terminare con la frustrazione delle richieste avanzate dai popoli com’è già accaduto nel negoziato attorno ai cosiddetti “Principi di Ruggie”, i Principi Guida su Imprese e Diritti delle Nazioni Unite del 2011.
Allo stesso tempo, stiamo organizzando un Centro dei Popoli per monitorare le situazioni a rischio dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, a livello di base, e per denunciare le violazioni in corso, offrendo ai partecipanti alla Campagna Globale e agli altri popoli colpiti una piattaforma per far sì che le loro voci raggiungano direttamente gli organismi internazionali per i diritti umani, oltre che la società civile dei paesi dove hanno sede le TNC. L’obiettivo è esercitare pressioni, fermare le violazioni e promuovere i risarcimenti. Sistematizzando i diversi casi, il Centro dei Popoli produce anche una documentazione unica e autorevole sulle violazioni delle TNC, in tantissimi ambiti della vita quotidiana, ma raccoglie anche i documenti delle diverse strategie di resistenza e di creazione di alternative a un modello economico guidato dalle imprese.
Ora, stante l’importanza del Trattato e del lavoro di sistematizzazione dei casi di violazione dei diritti umani da parte delle grandi aziende multinazionali portato avanti dal Centro dei Popoli nel cammino verso un regolamento vincolante sulle operazioni e sul potere delle TNC, è opportuno anche considerare l’urgenza con cui va affrontata l’influenza politica che hanno le TNC. Questo è il terzo pilastro della Campagna Globale: quella che chiamiamo “privatizzazione della democrazia”. Negli ultimi decenni di globalizzazione neoliberista, i poteri economici delle imprese – TNC ed élite economiche – hanno messo in atto determinati comportamenti in virtù di una legislazione che gli stessi poteri economici usano per minare la sovranità dei popoli nei sistemi democratici contemporanei. Così, Stati “democratici” hanno favorito e favoriscono interessi privati e a scopo di lucro, a scapito dell’interesse pubblico. Noi ci opponiamo a questa “normalizzazione e naturalizzazione”, a tutti i livelli, del comportamento delle multinazionali. Le comunità locali e nazionali di base stanno mettendo in piedi un Laboratorio della Sovranità dei Popoli come piattaforma per condividere esperienze e strategie tra settori e a livello transnazionale e unire le forze con la Rete per la sovranità dei popoli.
A livello internazionale ci stiamo concentrando sul denunciare il cosiddetto “multi-stakeholderism” e la diffusione del “multilateralismo privato”. Le grandi imprese agiscono sempre più in base ai loro interessi privati, partecipano a decisioni politiche cruciali offrendo soluzioni corporative contro la devastazione e le crisi planetarie – generate in primo luogo dalle loro stesse azioni – su temi essenziali come clima, salute, cibo, istruzione, terra, finanza, eccetera, promuovendo soluzioni che favoriscono i loro interessi. Uno degli obiettivi principali di questo lavoro è di spingere le aziende, i loro delegati e le loro fondazioni (tra cui il World Economic Forum) ad assumere il controllo delle Nazioni Unite e dei meccanismi democratici di governance globale.
È sempre più chiaro, soprattutto nella prospettiva del Covid-19, che le imprese e il loro potere economico e politico costituiscono una grande minaccia per il benessere della vita delle persone e del pianeta. Consideriamo il lavoro della Campagna Globale non solo nel contesto della difesa delle risorse del pianeta e delle istituzioni della democrazia, ma come parte integrante delle sfide e delle lotte urgenti condivise tra i movimenti e le comunità per una giusta transizione e una trasformazione che smantelli il potere delle imprese e rafforzi la sovranità dei popoli.
(intervista a cura di Orsola Casagrande)
Riferimenti bibliografici
Corporate Europe Observatory and the Transnational Institute (2020), Cashing in on the pandemic, https://longreads.tni.org/cashing-in-on-the-pandemic, 19 maggio.
Global Campaign (2017), Treaty on Transnational Corporations and Their Supply Chains with Regard to Human Rights, https://www.stopcorporateimpunity.org/wp-content/uploads/2017/10/Treaty_draft-EN1.pdf, ottobre.
Global Campaign (2020), Comments and Amendments to the Un Binding Treaty Revised first Draft, https://www.stopcorporateimpunity.org/global-campaign-comments-and-amendments-to-the-un-binding-treaty-revised-draft-draft-1, gennaio.
UNHCR – United Nations Human Rights Council (2014), Resolution adopted by the Human Rights Council, https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G14/082/52/PDF/G1408252.pdf?OpenElement, 14 luglio.
Siti web
Global Campaign website: https://www.stopcorporateimpunity.org
People’s Sovereignty Lab: https://peoples-sovereignty-lab.org
Transnational Institute: https://www.tni.org/en/corporate-power
State of Power 2020: https://www.tni.org/en/topic/state-of-power
***
* Dal 18° Rapporto sui diritti globali – Stato dell’impunità nel mondo 2020, “Il virus contro i diritti”, a cura di Associazione Società INformazione.
L’edizione italiana, Ediesse-Futura editore, in formato cartaceo può essere acquistata anche online: qui
L’edizione internazionale, in lingua inglese, Milieu edizioni, può essere acquistata qui in cartaceo e qui in ebook
Related Articles
Garantire il diritto alla salute fa bene anche all’economia e all’occupazione
Intervista a Stefano Cecconi a cura di Susanna Ronconi (dal Rapporto sui Diritti Globali 2014)
Politiche europee anticrisi, l’irrazionalità al potere
Le Interviste di Diritti Globali: Felice Roberto Pizzuti
Il valore del cibo. Intervista a Cinzia Scaffidi
Intervista a Cinzia Scaffidi. Dal 16° Rapporto sui diritti globali