by il manifesto | 5 Febbraio 2021 11:49
La confederazione dei sindacati europei (Ces) e la confederazione dei sindacati del Sudamerica (Ccscs) bocciano insieme il trattato di liberalizzazione commerciale Mercosur tra l’Europa e Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay – i quattro paesi dell’area di libero scambio dell’America latina.
In una totalmente inedita per i sindacati dichiarazione comune la Ces – guidato dall’italiano ex Uil Luca Visentini – e la Ccscs (Coordinadora de centrales sindicales del cono Sur) «rifiutano l’accordo – raggiunto in termini di principio nel luglio 2019 e poi via via perfezionato legalmente – perché non include garanzie forti e vincolanti che assicurino la protezione e il rispetto dei diritti dei lavoratori perché non rispetta gli standard internazionali».
In più «l’accordo non prevede alcun ruolo per i sindacati nel monitorare e garantire il rispetto degli impegni rispetto alle norme internazionali sul lavoro» e «ignora il ruolo democratico delle parti sociali (datori di lavoro e sindacati) come agenti fondamentali dello sviluppo sostenibile» con il «rischio di indebolire le industrie nazionali nei paesi del Mercosur e di ridurre il settore agricolo nell’Ue».
Molto criticato «il capitolo sulla liberalizzazione dei servizi» che «non stabilisce un’esenzione generale per i servizi pubblici» e «prevede concessioni sostanziali nel settore del trasporto marittimo e non garantisce una protezione sufficiente del commercio marittimo intra-Mercosur che è di fondamentale importanza».
Per tutti questi motivi Ces e Ccscs «invitano le parti a rinegoziare l’accordo per tenere debitamente conto delle preoccupazioni dei lavoratori e dei sindacati di entrambe le parti» e «informano le istituzioni dell’Ue e del Mercosur che istituiranno un “Forum del lavoro” con l’obiettivo di fare pressioni per rinegoziare l’accordo e chiedono che le parti riconoscano il Forum e forniscano finanziamenti adeguati per il suo funzionamento».
Lo scorso novembre una lettera di oltre 200 economisti tra cui Pablo Bortz, James Galbraith, Jayati Ghosh, Ann Pettifor and Servaas Storm criticava fortemente l’accordo accusando le parti come «colpevoli di ecocidio»: «Considerato quello che c’è in ballo per lavoratori e agricoltori di entrambe le regioni, per le popolazioni indigene dell’Amazzonia e per il clima e le condizioni di vita di tutti i cittadini, riteniamo urgente che la Commissione europea commissioni una nuova valutazione basata su dati più recenti e su modelli d’analisi più avanzati», si leggeva.
* Fonte: il manifesto[1]
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