USA. Mentre Twitter lo blocca, i democratici vogliono l’impeachment di Trump
NEW YORK. Twitter ha bloccato l’account del presidente Donald Trump, che ha sempre usato la piattaforma social in modo aggressivo per veicolare «realtà alternative», come le aveva definite la sua ex portavoce Kellyanne Conway. Dopo il blocco il tycoon ha usato il suo account governativo @POTUS che ha una frazione dei follower di quello personale.
«Come dico da tempo – ha scritto Trump – Twitter è andato sempre più in là nel vietare la libertà di parola e stasera i dipendenti di Twitter si sono coordinati con i Democratici e la Sinistra Radicale nel rimuovere il mio account dalla loro piattaforma, per zittire me – e VOI i 75.000.000 grandi patrioti che hanno votato per me».
Il tycoon ha poi affermato che presto si unirà a una nuova piattaforma o ne avvierà una propria. La piattaforma più logica dovrebbe essere il social media di destra Parler, anche se venerdì pomeriggio il sito è stato rimosso dal Google Play Store di Android e anche Apple ha minacciato di sospenderlo.
«Abbiamo negoziato con vari altri siti e avremo presto un grande annuncio, mentre guardiamo anche alle possibilità di costruire la nostra piattaforma nel prossimo futuro», si legge in altri tweet dell’account @POTUS. Gli stessi messaggi sono stati poi twittati dall’account della campagna @Teamtrump, che Twitter ha successivamente sospeso.
La sospensione permanente da Twitter è arrivata dopo quella di Facebook fino almeno al 20 gennaio; anche Snapchat ha sospeso Trump a tempo indeterminato e Shopify si è mosso per demolire i negozi gestiti dall’organizzazione Trump e dalla sua campagna.
Un portavoce di Reddit ha annunciato di aver vietato il forum chiamato v dopo ripetute violazioni riguardanti i post sulla rivolta al Campidoglio.
Se nell’universo social Trump deve rifugiarsi nella nicchia di estrema destra, anche al Campidoglio continua lo sforzo per far sì che The Donald non possa mai più sedersi in alcun ufficio federale: a questo servirebbe un secondo impeachment di cui è già pronta la bozza del primo articolo, «gravi crimini e misfatti, incitamento all’insurrezione».
La bozza redatta dai membri democratici della Camera non ha ancora avuto l’approvazione della speaker democratica Nancy Pelosi, che ha comunque promesso che se Trump non rassegnerà le sue dimissioni, o se non verrà rimosso dall’incarico dal vicepresidente Pence tramite il 25° emendamento, la prossima settimana comincerà una seconda procedura di impeachment.
La notizia viene presa molto seriamente anche dalla parte repubblicana: il leader Gop al Senato, Mitch McConnell ha già cominciato a diffondere dei memo ai senatori repubblicani per delineare come funzionerebbe un secondo processo di impeachment al Senato. Dovrebbe avvenire quasi sicuramente quando Trump lascerà la Casa bianca: il Senato tornerà al lavoro il 19 gennaio, giorno precedente all’insediamento di Biden e quando il Senato tornerà in mano democratica.
Ma anche tra i repubblicani moderati sta crescendo un sentimento favorevole all’idea di in secondo impeachment. La senatrice Lisa Murkowski dell’Alaska è la prima senatrice Gop a invitare Trump a dimettersi, in due interviste rilasciate a due media del suo Stato d’origine, Anchorage Daily News e Alaska Public Media Radio.
Con questa posizione la senatrice si espone agli stessi rischi di violenze da parte dei supporter di Trump che stanno correndo tutti coloro che si oppongono al loro leader.
Dopo Mitt Romney, anche Lindsay Graham è stato affrontato da un paio di dozzine di sostenitori di Trump all’aeroporto di Washington, dopo avete rotto pubblicamente con il presidente. La piccola folla e le urla di «traditore» e «bugiardo» hanno seguito Graham mentre girava per l’aeroporto con le guardie di sicurezza.
«Un giorno non sarai più in grado di camminare tranquillo per strada. Quel giorno è oggi», ha urlato una donna che indossava una maglietta «I love Trump» con la lettera Q sul retro, riferimento alla teoria della cospirazione di QAnon.
Episodi che non vengono presi sottogamba dalle forze dell’ordine: l’Fbi sta investigando sul fatto che per alcuni rivoltosi il fine dell’occupazione di mercoledì non era simbolico, ma era quello di «impiccare Pence, rapire Pelosi, processare e giustiziare Romney»
* Fonte: Marina Catucci, il manifesto
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