by Chiara Cruciati * | 14 Gennaio 2021 10:24
Il più pesante raid israeliano in Siria degli ultimi anni ha una doppia firma: l’amministrazione americana uscente, a sette giorni dalla pensione, ha rivendicato la propria partecipazione ai bombardamenti che nella notte tra martedì e mercoledì sono piovuti lungo il confine tra Siria e Iraq.
Secondo l’agenzia siriana Sana, «aggressioni aeree» si sono registrate alle 1.10 di notte intorno alla città di Deir Ezzor e alla cittadina di Albu Kamal.
Cinquantanove le vittime, tra cui 14 soldati siriani, 16 combattenti iracheni e 11 afghani, secondo i calcoli dell’Osservatorio siriano per i diritti umani basato a Londra e parte delle opposizioni al governo di Damasco. Tra i target, dice l’Osservatorio, ci sarebbero magazzini e una base militare.
Ormai in Medio Oriente si rincorre «l’ultima» di Trump: ogni giorno il presidente ancora in carica ne fa un’altra (sempre in chiave anti-iraniana). Ieri «l’ultima» mossa è stata – ha detto una fonte della Cia all’Ap – fornire informazioni di intelligence all’aviazione militare israeliana per condurre almeno 18 raid aerei contro presunti magazzini di armi iraniane, dalla città orientale di Deir Ezzor alla frontiera irachena.
Non che questa condivisione avvenga di rado. Raro è dirlo alla stampa: secondo il funzionario dell’intelligence Usa, il segretario di Stato Mike Pompeo (quello che due giorni fa accusava l’Iran sciita di ospitare al-Qaeda) ha discusso dei bombardamenti con Yossi Cohen, capo del Mossad israeliano, in un noto cafè di Washington.
Silenzio di tomba da Israele, politica nota. Di certo Tel Aviv non fa passare invano gli ultimi giorni di Casa bianca trumpiana: nei Territori palestinesi fa colare cemento, in Siria compie il più brutale attacco dal 2018. La penultima incursione risaliva ad appena una settimana fa, un raid a sud di Damasco, tre miliziani uccisi.
Nel solo 2020, faceva sapere a dicembre il capo di stato maggiore Aviv Kochavi, Israele ha colpito in Siria almeno 500 target «su tutti i fronti, in aggiunta a numerose missioni clandestine».
Lo scorso agosto il quotidiano israeliano Haaretz riportava qualche numero: dal 2017 l’aviazione di Tel Aviv ha compiuto circa mille bombardamenti con 4.200 missili in Siria, per lo più diretti contro forze iraniane o del movimento sciita libanese Hezbollah.
* Fonte: Chiara Cruciati, il manifesto[1]
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