Donald Trump e i 10 giorni che faranno tremare il mondo
Chi comanda negli Stati uniti? Un presidente golpista e fuori controllo? Ora arrivano, da qui all’insediamento di Biden, 10 giorni che fanno tremare il mondo. L’unica strada: subito le dimissioni di Trump. La valigetta nucleare non può restare in mano a un leader che con grave ritardo ha fatto marcia indietro dai toni bellicosi e il 6 gennaio ha innescato un attacco squadristico al Campidoglio con un’insurrezione sanguinosa e senza precedenti.
È il grido d’allarme che ha lanciato ieri Nancy Pelosi. Da qui al 20 gennaio negli Usa potrebbe restare al potere un fascista all’americana, dall’autocontrollo assai dubbio, che può decidere della pace e della guerra nel mondo. Che potrebbe bombardare o far assassinare chiunque, come è accaduto il 3 gennaio 2020 con il generale iraniano Qassem Soleimani. Che può nascondere le prove per accertare cosa è accaduto durante la sua presidenza, visto che fu comunque sottoposto, senza successo, a procedura di impeachment.
NE CHIEDE le dimissioni immediate persino il Wall Street Journal, rappresentante dell’establishment conservatore repubblicano e di quel mondo degli affari che ha applaudito Trump per le sue decisioni economiche. Prende le distanze anche la “Corporate America”, entrata assai tronfia con i suoi consiglieri nel suo staff e che è stata oltremodo beneficiata dalle politiche fiscali e dal taglio delle tasse ai ricchi.
E se anche i ricchi adesso hanno paura che rimanga alla Casa Bianca tanto più devono temere gli altri. Così i topi fuggono dalla nave di un capitano folle e dai tratti criminali con dimissioni a raffica nell’amministrazione mentre i democratici, ma anche alcuni repubblicani, fanno pressioni sul vice Mike Pence per attuare la sua destituzione attraverso il 25mo emendamento e, in alternativa, avviano una seconda procedura di impeachment, strada assai laboriosa per cacciare l’inquilino della Casa Bianca, sotto indagine anche del dipartimento alla Giustizia per il suo ruolo nell’attacco al Campidoglio.
LA VERITÀ è che se anche Trump da qui al 20 gennaio non attuasse colpi di testa un passaggio pubblico di poteri tra lui e Biden sarebbe una vergogna per l’America e avrebbe riflessi internazionali notevoli. Il già citato Wall Street Journal parla di un attacco alla costituzione senza precedenti: che se ne vada subito, scrive il quotidiano portavoce della finanza, ed è meglio per tutti, anche per l’indice di Borsa.
La permanenza al potere di Trump, oltre che un pericolo, è un’ulteriore smacco per una credibilità internazionale, già fortemente incrinata, che è stata minata dalle fondamenta e nei suoi conclamati princìpi. Questo è il problema di Biden, oltre ai devastanti riflessi interni. Il neo presidente aveva messo in cima alla sua agenda l’idea di ospitare negli Usa «un vertice globale per la democrazia».
CON OGNI probabilità mentre lo annunciava su Foreign Affairs in primavera non pensava minimamente che gli Usa da «modello di democrazia» sarebbero entrati nel novero dei Paesi a rischio. Questo 6 gennaio 2021 americano, scriveva ieri Tommaso Di Francesco sul manifesto, è paragonabile alla caduta del Muro di Berlino ed è peggio dell’11 settembre 2001: nessuno può ancora credere seriamente che questo sia il «faro mondiale della democrazia», come da noi ostinatamente continuano a sostenere giornalisti e politici ammantati di un’indigeribile retorica.
Il paese «esportatore della democrazia» con guerre devastanti come quelle in Afghanistan, Iraq e Libia, ha perso la faccia, e non da oggi. Nel settembre scorso la Brown University ha reso pubblico un rapporto sui dati raccolti dopo l’11 settembre 2001 fino al 2019: dall’inizio della cosiddetta guerra americana al terrore, i conflitti iniziati o partecipati dagli Stati uniti in otto paesi (Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libia, Siria, Yemen, Somalia e Filippine) hanno provocato almeno 37 milioni di rifugiati, un numero quattro volte superiore alla prima guerra mondiale, tre volte la guerra Usa in Vietnam e quasi lo stesso della Seconda guerra mondiale. La stima più reale si aggira sui 59 milioni. Una popolazione pari all’Italia.
I REGIMI autoritari ne approfitteranno. Le scene drammatiche del Campidoglio hanno provocato sarcasmo nei Paesi ai quali Washington rimprovera ossessivamente il mancato rispetto della democrazia. Un’ironia magari rudimentale ma che serve su un piatto d’argento nuovi argomenti di propaganda agli autocrati. La Cina in primo luogo, ma anche l’Iran, la Russia, la Turchia, e gli stessi alleati degli americani come l’Egitto, l’Arabia saudita e Israele tra i maggiori acquirenti di armi americane. Ma con che faccia Biden potrà rimproverare sui diritti umani Al Sisi o il principe saudita bin Salman, l’assassino del giornalista Khashoggi? Per lui ricevere il mandato da Trump sarebbe già una sorta di parodia hollywoodiana.
* Fonte: Alberto Negri, il manifesto
ph by Master Steve Rapport, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
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