by redazione | 23 Dicembre 2020 11:56
Il Covid sui posti di lavoro ha fatto più danni nella seconda ondata rispetto alla prima. Lo certifica l’Inail nel bollettino sui dati di denunce di contagio e di morti sul lavoro dei mesi di ottobre e novembre.
La «seconda ondata» dei contagi da Covid – sottolinea l’istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro – ha avuto un impatto più significativo della prima anche in ambito lavorativo. Tra ottobre e novembre ci sono state 49.000 denunce di infortunio – pari al 47% del totale – rispetto alle circa 46.500 registrate nel bimestre marzo-aprile. Il divario «è destinato ad aumentare nella prossima rilevazione – precisa l’Inail – per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie».
Confermando che se non si è lavorato bene nella sanità per prepararsi alla seconda ondata, anche sui posti di lavoro l’attenzione ai protocolli anti Covid è scemata con gravi conseguenze per i lavoratori.
LE INFEZIONI DA COVID-19 di origine professionale denunciate all’Inail alla data del 30 novembre sono 104.328, pari al 20,9% del complesso delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute dall’inizio dell’anno e al 13% dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Rispetto alle 66.781 denunce rilevate a fine ottobre i casi in più sono 37.547, di cui 27.788 riferiti a novembre e 9.399 a ottobre.
I morti sono 366, pari a circa un terzo del totale dei decessi denunciati all’Inail dall’inizio dell’anno, con un’incidenza dello 0,7% sul totale dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Istituto superiore di sanità alla stessa data. Rispetto ai 332 decessi rilevati dal monitoraggio al 31 ottobre, i casi mortali segnalati all’Inail sono 34 in più, di cui 20 nel solo mese di novembre. La metà dei decessi (50,3%) è avvenuta ad aprile, il 33,1% a marzo, il 6,0% a maggio, il 5,5% a novembre, mentre in estate i numeri sono stati sensibilmente più bassi: l’1,6% a luglio e a ottobre, l’1,4% a giugno e lo 0,3% ad agosto e settembre.
Quasi sette contagiati su 10 sul lavoro sono donne (il 69,4%) mentre l’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi. Il rapporto tra uomini e donne si capovolge se si vanno a guardare i casi mortali. Sulle 366 denunce l’84,2% riguarda gli uomini e solo il 15,8% le donne. L’età media dei deceduti è 59 anni (57 per le donne, 59 per gli uomini). Il dato, come da norma, non tiene conto dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta, dei farmacisti e in generale delle categorie che non sono assicurate all’Inail ma hanno una assicurazione privata.
SE GLI ITALIANI SONO L’85,6% dei contagiati, notevole dunque il numero dei migranti che lavorano in settori a rischio come logistica e agricoltura. Le denunce di contagio ricadono soprattutto nel Nord del paese con il 71,3%: il 50,3% delle denunce arriva dal Nord-Ovest (il 30,5% dalla Lombardia), il 21% dal Nord-Est, il 13,7% dal Centro, l’11,1% dal Sud e il 3,9% dalle Isole. Le province con il maggior numero di contagi sono Milano (11,9%), Torino (7,6%), Roma (4,2%), e Napoli (3,9%). I due terzi dei morti sul lavoro è al Nord (il 39,3% in Lombardia.
I SETTORI ECONOMICI con il numero maggiore di contagi sono quelle della sanità e assistenza sociale – ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – con il 68,7% delle denunce e il 23,7% dei casi mortali. Nella pubblica amministrazione ricadono il 9,2% delle infezioni denunciate e il 10,3% dei decessi. Per la sanità e l’amministrazione pubblica i contagi hanno avuto un’incidenza significativa soprattutto tra marzo e maggio e tra settembre e novembre mentre gli altri settori come la ristorazione e i trasporti hanno visto aumentare l’incidenza dei casi nel periodo in cui sono state riaperte tutte le attività e il virus ha circolato meno come il trimestre giugno-agosto. L’incidenza delle denunce per la sanità e l’amministrazione pubblica è passata dall’80,5% dei casi codificati nel primo periodo al 49,2% del trimestre giugno-agosto, per poi risalire al 76,3% nel trimestre settembre-novembre. La categoria professionale più colpita continua a essere quella dei tecnici della salute, con il 38,6% delle infezioni denunciate, circa l’82% delle quali relative a infermieri, e il 9,3% dei casi mortali, seguita dagli operatori socio-sanitari (18,6%), dai medici (9,5%), dagli operatori socio-assistenziali (7,6%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%).
* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto[1]
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